Un documentario su Pierluigi Ghianda, il maestro ebanista che con il suo lavoro ha tracciato un fil rouge nella storia del design italiano.
Un artista del legno che si definisce “un vecchio falegname della Brianza”, nonostante la sua produzione sia simbolo dell’eccellenza del design italiano e internazionale. Una vita dedicata alla lavorazione del legno, nel film inedito viene descritta la sua storia e il suo successo, e tracciate le linee guida per il futuro dell’azienda brianzola attraverso le parole dello stesso Pierluigi Ghianda e di chi lo ha conosciuto e ha lavorato con lui.
Nella sua casa-bottega nel cuore della Brianza Pierluigi Ghianda ha progettato e lavorato con i nomi che hanno reso grande il design italiano: da Gio Ponti ai Fratelli Castiglioni passando per importanti collaborazioni come quella con Hermes, sempre con grande passione per il lavoro e per un materiale, il legno, che ha conosciuto, amato, firmato.
È interessante vedere come attraverso la figura di Pierluigi Ghianda il film ripercorre la nascita del brand "Made in Italy", con una panoramica sull’evoluzione del rapporto tra artigianato e design a partire dagli anni 60/70. Un racconto che non può non entrare nel cuore di chi lo ascolta e di ispirazione per il lavoro dei designers di oggi.
“Pierluigi Ghianda è il più grande ebanista che esista in Italia in questo momento" Gae Aulenti.
“Raramente ho incontrato qualcuno che conosca così profondamente e si sia così identificato con la materia con cui lavora. È un conoscitore del legno - non vale nemmeno la pena di definirlo grande, direi piuttosto enorme! Lo sente carnalmente, si identifica con questa materia, che conosce bene e ama profondamente. Sceglie sempre il legno adatto e gli è impossibile lavorarlo male. Impossibile!”. Diceva di lui Rena Dumas, designer di tutti i mobili della maison Hermès, che ha lavorato a suo stretto contatto per vent'anni.
“Quello che fa Ghianda è un gioiello. Lui non è un falegname, è un artista!”, Maddalena De Padova.
Cini Boeri, per la quale ha realizzato gli arredi di alcune delle sue più belle case, racconta: “Il Ghianda è un uomo fuori del comune, ha un grande stile. Ora che non è più giovane viene a trovarci ogni tanto, vestito tutto di bianco. Un uomo affascinante...” “Il tavolo Vidùn di Magistretti per De Padova, i portapillole in bois de rose di Hermès, le scatole di pero svizzero di Pomellato, i portacampionari in cipresso per il cashmere di Loro Piana... ma anche gli arredi di Villar Perosa, la scrivania dei Crespi al Corriere della Sera, la biblioteca del Cardinale Martini in Arcivescovado: li ha fatti tutti lui.
Ghianda è un ebanista che viaggia molto, non solo perché lo cercano da tutto il mondo: ha arredato due piani della Trump Tower a New York, una casa di Wright a Rye NY con Emanuela Frattini Magnusson, ora sta realizzando arredi a Parigi e a San Pietroburgo, conosce il Giappone e la sua tradizione straordinaria di lavorazione del legno. Ma viaggia soprattutto alla ricerca di legni preziosi e rari. Anni fa andò apposta in Inghilterra per acquistare il tronco di un olmo pluricentenario, che doveva essere abbattuto a Buckingham Palace. Ha girato per i boschi svizzeri per comprare le piante secolari di pero selvatico quando il governo elvetico ne liberalizzò il taglio.”
“Lui cera il cipresso senza verniciarlo, per mantenerne intatto nei decenni il profumo e ti spiega che il cocobolo lo devi toccare spesso, perché il grasso della pelle lo rende morbido come seta...” Come dice un importante designer ricordando una visita alla Bottega:
“Una volta ci fece visitare il locale dove faceva stagionare il legno: era zeppo fino al soffitto di ordinate tavole di legni dai colori neri, viola, rosati... Fu lui a farci conoscere la preziosità del pero svizzero, il peso dell’ebano, la venatura dell’olmo, la trama del wengé, il profumo del cipresso...”
Pierluigi Ghianda è sempre stato un eclettico … purché ci fosse di mezzo il legno. Ha generato capolavori di maestria negli oggetti, nei mobili, nei prototipi, negli arredamenti, e questo perché tutti ambivano a lavorare con “il miglior ebanista” e si affidavano alla sua genialità. Questo a sua volta ha fatto sì che il rapporto fra i progettisti e il maestro ebanista si sviluppasse con grande profondità e – quasi – intimità, proprio per creare oggetti che per essere unici devono essere realizzati “a quattro mani”. Per questo abbiamo creato una sezione “dicono di lui” con una parte dei protagonisti di questa avventura, molto più illuminante di qualsiasi autodescrizione.
Il documentario è stato autoprodotto da Studiolabo e Patrizio Saccò. La copia integrale è disponibile in dvd su richiesta contattando Studiolabo ai seguenti recapiti: media@studiolabo.it