Silvana Galassi è una scienziata, ha lavorato in diversi Istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche, e all'Istituto di Ricerca sulle Acque ha svolto la maggior parte della sua attività fino al passaggio all'Università degli Studi di Milano come Professore di Ecologia. A livello nazionale e internazionale si è distinta per la passione con cui ha condotto ricerche sull'ecotossicologia, tra l'altro definendo i criteri di qualità per la protezione della vita acquatica. La sua attività scientifica ha raggiunto alti livelli di prestazione tanto che ha vinto il premio "Henry Ford conservation award 1999" e nel 2006 le è stato assegnato il premio "Mimosa per l'ambiente" dall'Associazione donne Ambientaliste-Ada di Parma.
Cosa vuole raccontarci di lei?
Che non credevo si potesse essere così attivi, curiosi e sereni da pensionati. Ho deciso di lasciare l’Università anche se avrei potuto rimanere fino a 70 anni. Potevo farlo perché avevo maturato tanti anni di contributi, ma tutti mi sconsigliavano di farlo perché avrei perso una posizione di prestigio. In effetti per un po’ ho annaspato come un pesce fuor d’acqua ma poi ho imparato a essere paziente, a rendermi utile come posso nella società civile e a gustare la libertà dai vincoli d’orario che impone il lavoro.
La sua immagine esteriore come “personaggio” e il suo sentire come “persona”
Non credo di essere un personaggio, ma una persona che ha vissuto momenti importanti della storia dell’ecologia e dell’ambientalismo cercando di dare il proprio contributo coerentemente coi propri principi. Mi ritengo una persona fortunata perché ho avuto l’opportunità di fare un lavoro appassionante e credo che gli altri percepiscano questo mio “fuoco” interiore”...
Si sente di raccontare il suo sogno?
Nei sogni notturni viaggio spesso con tutti i mezzi di trasporto. In quelli ad occhi aperti sogno un futuro felice per mia figlia.
Per lei il piacere è…
Il piacere è nelle piccole sorprese di tutti i giorni. L’importante è mettersi in cammino…
La donna oggi: liberazione o integrazione ?
In molte parti del mondo le donne sono ancora molto svantaggiate. Nella nostra società ci siamo conquistate molti diritti, ma credo che ci sia ancora da lavorare per liberarsi da alcuni condizionamenti e per credere di più in noi stesse. Integrazione è una parola che non mi piace perché questa società va cambiata in meglio sia per le donne sia per gli uomini, non dobbiamo integrarci in quella che ci è stata consegnata.
Donna e/è potere… cosa ne pensa?
Molte donne ambiscono meno degli uomini alle posizioni di potere e quelle che lo fanno accettano le regole imposte dagli uomini o sfruttano il loro “fascino”. Alcune donne che hanno rinunciato al potere pubblico lo esercitano in privato in modo piuttosto subdolo. Torniamo al discorso della società prevalentemente plasmata sul modello maschile: sull’esercizio del potere… c’è ancora molto da fare.
Stereotipo e realtà della donna milanese
Credo che si pensi alle donne milanesi come a “donne in carriera”, ma le rampanti appartengono a entrambi i generi. In realtà in una città come Milano abbiamo maggiori opportunità, ma anche più ragioni di stress.
Il rapporto della donna con l’uomo contemporaneo: confronto o scontro?
L’emancipazione femminile ha dato alle donne più libertà e reso più insicuri molti uomini. In molti casi questa situazione genera conflitti, ma gli uomini che capiscono gli aspetti positivi delle conquiste femminili si confrontano alla pari ed entrambi ne traggono vantaggio. Nei giovani vedo una maggiore capacità di collaborare sia in casa che nella cura della prole, e questa condizione facilita il rapporto.
Sessualità, maternità, lavoro: tre fili che s’intrecciano, confliggono o si elidono?
Molte donne hanno imparato a intrecciare queste esigenze trovando un equilibrio armonioso. In questo caso questi aspetti si integrano a vicenda e ciascuno ci guadagna. In caso contrario, si finisce per sentirsi menomate, rendendo infelici se stesse e chi sta attorno.
Quali sono stati le esperienze, gli incontri, le letture che l’hanno portata ad appassionarsi alla pratica e allo studio dell’ecologia?
All’ecologia sono arrivata per caso perché sono entrata nel mondo del lavoro subito dopo il conseguimento del diploma di perito chimico e ho accettato il primo lavoro retribuito che mi è stato offerto. Grazie alle conquiste del '68 ho potuto lavorare e studiare seguendo i corsi serali all’università. Dalla biologia all’ecologia il passo è stato breve perché negli anni ’70 c’era molto fermento attorno ai problemi ambientali.
Si sente sempre più parlare di “sviluppo sostenibile”, definizione che sembra contenere tutto e il contrario di tutto. Quale può essere un’interpretazione attendibile?
Si deve affermare l’idea che sviluppo non è sinonimo di crescita dei consumi, ma dei valori culturali e sociali e gettare definitivamente nella spazzatura l’idea della crescita del PIL come misuratore di sviluppo. Abbiamo una sola Terra a disposizione e stiamo utilizzando le sue risorse a una velocità molto superiore a quella con cui si rigenerano. Nel 2015 l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui abbiamo esaurito il nostro capitale ecologico annuale, è stato celebrato il 20 agosto. Ora stiamo accumulando debiti ambientali.
Lei è una profonda studiosa e protettrice dell’acqua, di cui ha riscoperto anche i miti: quale mito antico o moderno, o da lei creato, proporrebbe per narrare l’essenza dell’acqua?
I nostri antenati attribuivano un valore sacro all’acqua: anche ora per gli induisti il Gange, uno dei quattro fiumi che secondo la Genesi avevano la propria sorgente nell’Eden, è la dea Ganga che scende dalla capigliatura di Shiva. La scienza ha cancellato i miti, ma non deve cancellarne il valore simbolico.
Lei ha una ricca e affermata esperienza di didatta, tra l’altro come docente di ecologia all’Università degli Studi di Milano, come dovrebbe impegnarsi la scuola per educare all’ecologia?
Dovrebbe impegnarsi nell’educazione permanente. Sono i nostri politici e gestori pubblici che ignorano i principi fondamentali dell’ecologia perché la confondono con l’ecologismo. Una conversione del sistema produttivo nella direzione della sostenibilità ambientale potrebbe creare ottime opportunità per i giovani e promuovere l’insegnamento dell’ecologia nelle scuole di ogni ordine e grado.
Lei ha ricoperto prestigiosi incarichi in organismi internazionali: i vari protocolli ecologici internazionali hanno o potranno avere un’incidenza reale nella difesa del pianeta?
Sicuramente in questa parte più ricca del mondo sono stati fatti enormi progressi dal punto di vista normativo grazie all’incessante lavoro dei ricercatori e degli attivisti, ma c’è una parte del mondo che non ha avuto sinora accesso all’acqua e al cibo e che è tormentata dalle guerre, e questo è il vero problema del futuro.
Giudica l’uomo, in sé, una razza intrinsecamente predatrice della natura, o condizionata, nella sua corsa all’autodistruzione, soprattutto da fattori storici, religiosi, politici e sociali?
L’uomo è una specie, non esistono le razze. Nell’enorme variabilità della specie umana, esistono individui di buona volontà e altri avidi o stupidi. Spero prevalgano i primi.
Si è interessata e ha svolto attività di formazione e divulgazione sull’alimentazione, in particolare per un’alimentazione sana e sostenibile per l’ambiente, che consigli darebbe in merito?
Di bere acqua del rubinetto, se proviene da falde profonde, come a Milano, e di consumare poca carne rossa e altri alimenti che hanno una grande impronta ecologica e non giovano alla salute.
Qual è lo stato di salute ecologica di Milano e quali provvedimenti suggerirebbe al riguardo?
Da quando ero giovane la qualità dell’aria e dell’acqua potabile è migliorata, ma c’è ancora molto da fare per le acque di superficie e per la bonifica dei suoli contaminati. Va valorizzata l’agricoltura periurbana, come quella del Parco sud perché può dare ai cittadini alimenti a chilometro zero e di buona qualità se si punta sulle produzioni biologiche. Infine, va fermata la cementificazione.
Potrebbe sintetizzare il rapporto di Milano con l’acqua nel passato e nel presente?
Milano è una città d’acqua, ma non ce ne rendiamo conto perché la maggior parte sta sotto i nostri piedi. L’acqua di falda è una risorsa importantissima e va salvaguardata.
Che itinerari ambrosiani consiglierebbe per godere, oggi, dell’acqua come elemento protagonista o integrativo di architetture, monumenti e giardini?
Prima di tutto una visita alla Darsena, che è stata sistemata e poi una biciclettata o una camminata lungo i corsi d’acqua, dal Parco Lambro fino alla Martesana, sperando che vengano realizzati i raccordi necessari per rendere fruibile tutto il percorso fino a Monza. Il percorso sarebbe magnifico se il Lambro venisse restituito alla città come un vero fiume e non una fogna a cielo aperto.