Si riparte dal fango. La guerra è fango. Unica spettacolarizzazione, concediamoglielo, sono i proiettili traccianti e il fosforo bianco (roba da guerra del golfo, non da II° WW). Il carro armato come una casa, un guscio, una testuggine a cui ci si affeziona. Come tutte le opere di spessore ci spiazza un’inversione di base: i vincitori americani (aprile 1945 in Germania) sembrano sconfitti: sudici, logorati e stanchi di fronte a nazisti che sembrano macchine telecomandate. Alla faccia della Convenzione di Ginevra abbiamo l’eroe-capo che spara nella schiena a un tedesco che si è arreso e alla fine una giovane SS che salva la vita la vita all’eroe giovane. Anche il cerchio funziona sempre nell’Epos, è Epos. Americani un po’ gangster e nazisti tipo scarafaggi da schiacciare, ma pure rispettati nella loro eroica resistenza (eroica in quanto senza speranza).
Una tragicommedia aristotelica, dove domina l’intreccio stretto dell’hic et nunc, e non viene lasciato spazio, per fortuna, al barocchismo (deja vu) di Bastardi senza gloria. L’eroismo dei “nostri” è invece l’abituale poetica del “professionismo”, qui condensata e sublimata nella secca alternativa filosofica: o noi o loro. Ma dietro pompa sempre il buon vecchio Aristotele: il passaggio dalla potenza all’atto è il senso in azione della tensione vitale. Che è comunque guerra. Furia lucida e laconica contro furia megalomane e nichilista. “Gli ideali sono pacifici. E’ la storia che è violenta”, ricorda il saggio capo-eroe. Machiavelli sottoscriverebbe.
E’ forse anche un film dove gli Usa strizzano l’occhio alla Merkel, riassorbendo la retorica antinazista nell’epica greca della “guerra mondiale” quale Fato? Terzo segreto della bellezza di questo film: il “non detto”. L’eroe-capo non parla molto, cela se stesso, sfugge, reitera la sua aura, cerca di autonomarsi per salvare il suo gruppo, ma alla fine la Rivelazione: conosce Isaia, e allora il misticismo del guerriero santifica anche il fango. La Potenza è ora del tutto Atto, cioè senso solidificato. La missione militare diventa missione divina in un semplice ma denso, impenetrabile, amor fati.
Quando asciughi il romanticismo, l’umido facile, sorge il vero Epos, che è fatto che diventa Atto, nel superamento di ogni iato nella copula dell’esserci. E’ questa la fonte del senso della bellezza dell’antica Roma: il determinato domina sull’indeterminato, il ri-soluto sull’irrisolto, che va eliso, scartato, escreto. La bellezza del nume Termine. Vedete quanta filosofia in questo Brad Pitt? Evola e Carmelo Bene sottoscriverebbero.