Svetlana Tegin è la fondatrice di Tegin Fashion House e il suo nome è uno dei pochi che rimane stabile e presente nello scenario della moda russa. A partire dalla fine degli anni '90 le riviste come Vogue e Cosmopolitan hanno cominciato a seguire il suo successo, ora il marchio Tegin ha tre linee: Tegin Collection (dal 2001), Tegin Cashmere (dal 2001) e Tegin Kids (dal 2007). A febbraio del 2014 Svetlana ha partecipato alla prestigiosa Settimana Internazionale della Moda Contemporary - WHITE a Milano. Ora le sue collezioni sono esposte in uno dei più grandi show-room multibrand di Milano, Guffanti. Abbiamo oggi il piacere di intervistarla.
Come e quando sei capitata nel mondo della moda?
Il mio arrivo è stato provocato dalla catastrofe di Cernobyl, sono stata letteralmente scagliata via dall’onda nucleare. Sono originaria di Kiev, ma nel 1989 i miei genitori lavoravano in Bulgaria. Dovevamo tornare a casa giusto in quel momento. Vista da fuori la catastrofe sembrava la fine del mondo, invece la gente a Kiev era tranquilla. I miei genitori, presi dal panico, hanno deciso di mandarmi a Mosca per studiare. Così a 15 anni sono giunta a Mosca da sola, e lì ho iniziato i miei studi in una scuola di produzione tessile.
Da allora in poi non sei mai più tornata a Kiev?
Dopo aver concluso gli studi sono tornata per effettuare uno stage presso la Casa di moda di Kiev. E' stata un'esperienza importante, dovevo cucire, progettare i modelli e fare tutto dalla A alla Z. Eseguivo compiti che nessuno aveva voglia di svolgere, come disegnare, realizzare e avviare la produzione di un accappatoio taglia 52. Era un lavoro noiosissimo, ma mi è stato molto utile come formazione professionale.
Quell'accappatoio ti ha annoiato così tanto che sei scappata di nuovo a Mosca?
Esatto, sono tornata a Mosca senza un soldo in tasca, alloggiavo a casa di un'amica. Per sopravvivere ho cominciato a lavorare facendo la sarta. I miei primi 50 dollari li ho spesi per un biglietto per la Settimana della moda e sono rimasta delusissima. Era la fine degli anni '90 quando mi sono resa conto dello stato precario della moda russa e ho deciso di agire.
Qual è stata la tua prima mossa?
Prima di tutto ho partecipato a un concorso della Casa di Moda di Zaitsev, era la più grande e la più importante fra tutte le maison moscovite. Con mia sorpresa sono salita sul podio, ho ottenuto il terzo posto, i primi due erano allievi di Vyacheslav Zaitsev.
In quel periodo la maggior parte delle sfilate erano notturne e la moda era molto alternativa, anzi radicale. I fashion designer utilizzavano materiali assurdi, come la fibra di spugna da sauna. Hai avuto periodi di questo genere anche tu?
Io ero al limite tra la moda alternativa e la realtà, presentavo le mie collezioni di lillipuziani e bambole. Facevo parte del gruppo alternativo e andavo in tournée insieme a loro, ma le mie collezioni non erano così estreme, erano realizzate con tessuti normali e quindi si adattavano facilmente alla vita reale.
Dopo questa esperienza hai cominciato a lavorare in Mongolia, come è accaduto?
Quel paese mi attirava, volevo visitarlo. Abbiamo poco tempo nella vita e per sfruttarlo al meglio ho deciso di far coincidere il piacere con il lavoro. Così è cominciata la mia avventura in Mongolia. La prima volta che mi sono recata lì mi hanno regalato un maglione. Era estremamente caldo, nient'altro poteva scaldarmi meglio durante il lungo e gelido inverno russo. Un giorno mi sono accorta che me l’avevano rubato e io ne avevo disperatamente bisogno, quindi ebbi un’altra ragione per tornare. Così ho cominciato i miei viaggi in Mongolia e la mia linea di cashmere ha avuto successo molto in fretta.
Da dove nascono le idee per le tue collezioni? Provi dei tormenti creativi o dei dubbi nelle scelte?
Le mie idee nascono da ogni cosa: un quadro, un tronco di albero secco o una pietra. Più spesso prendo spunti dalla storia del costume o del balletto. Una volta che mi sembra di aver finito la collezione e ho perfino scelto i tessuti, allora mi assalgono forti dubbi. Mi sembra di non avere talento. Per fortuna non dura tanto, cerco di continuare a lavorare nonostante le mie paure. Se alla fine arriva un successo e vieni premiata, è come una vincita alla lotteria.
Nelle tue collezioni ci sono due colori predominanti: bianco e nero. Puoi spiegare questa scelta?
Mi piace la grafica, la chiarezza di questi due colori. Sono simbolici.
Puoi paragonare il modo di vestirsi in Italia e in Russia. Quanto sono diversi?
In Italia noto una raffinatezza particolare. La gente è capace di abbinare colori difficili, di trovare combinazioni inaspettate. In Russia utilizziamo colori primari, molto estroversi: rosso, blu e turchese. Lo spazio che circonda una persona definisce il suo concetto della bellezza.
Chi indossa i tuoi vestiti?
Sopratutto attrici, galleriste, artiste, ma anche tante altre donne che non conosco. Il mio stile è soprannominato "intellettuale", il che mi fa molto piacere!