"Una compagna di liceo si è gettata dalla finestra mentre stava litigando con i suoi genitori, era una bella ragazza, era stata promossa con buoni voti e aveva un fidanzato. Era felice e serena, a detta di tutti ... però si è uccisa. Sono sconvolta da questo fatto, non la conoscevo, ma mi sono profondamente identificata con lei e ho capito benissimo quello che ha provato. Anch'io sono stata sfiorata più volte dal pensiero di sparire quando il dolore del vivere era troppo forte da sopportare … ho provato paura quando l'ho saputo, paura che possa succedere anche a me …".
Federica, 18 anni appena compiuti, racconta sconvolta del suicidio della sua coetanea in una delle ultime sedute di psicoterapia, prima dell'interruzione per le vacanze estive. Fede, come la chiamano in famiglia, è una ragazza molto intelligente e sensibilissima, ed è entrata in terapia perché fa particolarmente fatica a vivere la sua età di passaggio: ha notevoli problemi di relazione coi genitori da cui non si sente capita e con cui ingaggia delle liti furenti; inoltre appare esteticamente incolore in un corpo goffo e ingessato che le impedisce di rapportarsi ai coetanei in maniera libera e spontanea, il risultato è che si sente imprigionata dalle sue paure e con un vissuto di estrema solitudine.
Dopo circa due anni di terapia, però, si è davvero trasformata: l'aria da intellettuale giudicante ha lasciato il posto a una modalità di approccio un po' più leggera e tenera, lo sguardo severo e diffidente si è addolcito; il corpo informe, grazie a una dieta adeguata e a costanti esercizi in palestra, si è delineato in una silhouette di apprezzabile flessuosità, l'abbigliamento di foggia “neutra” è stato sostituito da mises deliziose e di gusto raffinato. La femminilità adombrata in un aspetto asessuato, è riuscita finalmente a emergere e Federica ha potuto anche innamorarsi, purtroppo, per il momento, senza essere corrisposta. Grande è lo sconforto del dover soffocare una grande passionalità che ancora non può essere vissuta in una relazione d'amore “se Mario solo sapesse; se solo me lo permettesse, lo amerei in una maniera davvero incredibile, in un modo così totale e incondizionato ...”. E allora i sentimenti di disperazione per questo amore mancato, ma anche per non essere capita fino in fondo dalle amiche e dai genitori, la conducono a momenti di crisi esistenziale in cui si sente precipitare nel vuoto, sprofondata negli abissi delle fantasie più nere.
Ecco alcuni dei pensieri che affiderà al suo diario dopo il suicidio della compagna e che mi leggerà con trepidazione in un incontro successivo: “dove lo trovi il coraggio per andare avanti, per affrontare le situazioni e le persone, per essere sicuri di sé? Dove, quando tutto attorno a te sembra guardarti con un ghigno maligno? ... Non ho un buon carattere, sono un tipo difficile … forse la cosa di cui ho più bisogno è trovare qualcuno che mi capisca sul serio … e poi questa solitudine, questo silenzio ... Mi guardo attorno e vedo questo deserto, un vuoto, il vuoto. Cosa posso fare? Quanto sono spaventata!!! … so che tutto questo è nella mia testa ed è questa la cosa terrorizzante. Mi sono letteralmente smarrita nel labirinto della mia testa e non so come uscirne ...”.
Mi colpisce l'immagine del labirinto e le chiedo cosa le faccia venire in mente: “beh, naturalmente mi ricorda il mito di Teseo e Arianna. Il labirinto era stato costruito dal re Minosse per il figlio Minotauro, creatura col corpo umano e con la testa di toro, a cui periodicamente dava in pasto fanciulli e fanciulle. Teseo si era voluto ribellare a questa carneficina ed era penetrato nel labirinto per uccidere il mostro. Arianna, figlia di Minosse, innamorata del giovane, gli aveva consegnato un gomitolo perché svolgendo il filo potesse ritrovare la via per uscire dal labirinto e salvarsi. … Così è stato, ma alla fine lui l'ha abbandonata … c'è sempre da soffrire per amore ...”.
La invito a lavorare su questa fantasia del labirinto, immaginando che la sua mente sia abitata dai personaggi del mito; Federica ci sta a entrare in questo sogno e: “Il labirinto rappresenta ciò da cui non si può uscire, è l'impossibilità di districare i propri pensieri e di trovare una via di fuga al dolore. Nel labirinto ci perdiamo, immagino alte mura, minacciose e solitarie che angosciano. Arianna potrebbe essere la persona che aspetto, spero di incontrare qualcuno che mi ascolti e mi capisca, può essere un amore, un'amica, comunque qualcuno che mi possa capire e aiutare. Arianna è la speranza di un aiuto, dà il filo a Teseo perché non si disorienti, è una persona fondamentale per la sua vita. Teseo credo che mi rappresenti, è l'eroe della storia, si mette in gioco, si ribella a Minosse e alle prevaricazioni, è animato da un ideale di libertà, credo di essere Teseo che va ad ammazzare il mostro. E anche il mostro sono io, con le mie paure, le mie ansie, il non essere capace di comunicare con gli altri ed essere imprigionata nel labirinto della solitudine. Il Minotauro è la paura. E come le paure più profonde, possiede qualcosa di irrazionale che fa agire per istinto e però è talmente radicato nella coscienza che si scorgono in lui tratti così familiarmente e terribilmente umani … è per quello che lo sento così vicino, rappresenta il lato selvatico di me”.
Sollecitata dalle libere associazioni di Federica, mi vengono in mente altri pensieri sul mito e glieli comunico, le dico che la storia del labirinto mi sembra essere la metafora dell'adolescenza: Teseo mi pare, infatti, l'adolescente ribelle, idealista, che parte in quarta per porre rimedio alle ingiustizie della società e non teme di sfidare il re/genitori, pur di far vivere i suoi ideali/valori. Però è anche confuso, disorientato da un'altra parte di sé che è rappresentata dal labirinto e in lotta contro il Minotauro, che con la sua testa di toro è simbolo degli istinti irrefrenabili. Quest'ultima è una parte relativamente nuova, senz'altro mai sentita così prorompente e incontenibile; è la parte relativa al corpo che in adolescenza cambia, all'aggressività e alla sessualità che hanno una diversa valenza rispetto a quando si è bambini, ed è forse percepita un po' bestiale e difficile da gestire.
È una parte che può spaventare, allora forte è il bisogno di un sostegno, di un personaggio amico che aiuti ad attraversare il labirinto della confusione, e il traghettatore, nel “nostro” mito, è Arianna che con una vicinanza affettuosa e costante, riuscirà a dare al principe il supporto necessario per riuscire nella sua impresa. Si capisce anche perché ci sia una separazione alla fine del mito, Teseo adesso è in grado di proseguire da solo, di percorrere in autonomia la strada della vita senza il filo di Arianna. Il labirinto è il luogo dove ci si perde e ci si ritrova: ci si perde come bambini e ci si ritrova come adulti. Aggiungo che questo mito sembra adombrare anche la storia del nostro lavoro terapeutico, anche noi a fine terapia ci separeremo, con un po' di dispiacere sì, ma anche con la consapevolezza di aver maturato la capacità di affrontare la vita con maggior fiducia e sicurezza.
Federica è colpita da come stanno andando i nostri discorsi e non può fare a meno di commentare: “avevo sempre snobbato questo mito, mi sembrava una storiella di poco spessore, adesso, però, ripensato assieme, capisco che non lo avevo considerato bene, in realtà è pieno di spunti di riflessione, e di speranza rispetto al futuro ....”. Ecco: un altro passo significativo è stato fatto nel nostro percorso, nuovi pensieri sono germinati all'interno della nostra relazione, tutte e due ne sentiamo con emozione l'importanza e, a fine seduta, ci salutiamo con l'intensa e rassicurante sensazione di aver consolidato il nostro legame in maniera più profonda, in una complicità emotiva che tocca e trasforma.