Non vi è terra che non abbia memoria.
Non vi è acqua caduta dal cielo a bagnare il suolo che non porti con sé il ricordo della sua evoluzione, del suo girovagare secondo logiche precise nelle sue tre forme della materia.
Non vi è vite che non abbia intrapreso un viaggio per mano dell'uomo, sconfinando oltre le battaglie, scollinando su territori ancora da conoscere.
Monaci e uomini di buona volontà si alternarono per secoli nel permettere alla vite un percorso lungo come la memoria della storia.
Passaggi di vita che si accavallano, storie incominciate all'alba di giornate uggiose e mai terminate. Parole su parole narrate per mezzo di bocche predicanti il bene e il male del cielo e della terra.
L'uomo e il vino hanno da sempre avuto un'evoluzione indissociabile.
I vitigni rappresentano l'espressione di un territorio, l'immagine di un popolo, il riflesso di una cultura.
I francesi lo chiamano “terroir”, parola che ormai è entrata a far parte del lessico mondiale per definire tutte le sfumature e i concetti legati non solo al territorio ma anche alle interazioni che la vite ha con questo per mezzo dell'uomo, della cultura e delle tecniche utilizzate per più valorizzare il prodotto.
Ogni vino ha in sé il grande compito di comunicare la sua storia.
Alcuni riescono a farlo in maniera migliore di altri.
Ogni essere umano ha il compito di non dimenticare d'esser figlio della terra.
Molti si dimenticano questo dovere, oppure preferiscono non essere coscienti di tale responsabilità.
Non esiste al mondo un essere umano uguale all'altro come non esiste un vino uguale ad un altro, non vi è figlio uguale al padre, come non vi è vigneto che posto in condizioni differenti produca vini identici.
Storie differenti per combinazioni genetiche simili.
Diversità, patrimonio dell'intera umanità che spesso viene compromessa nel tempo a causa dell'omologazione più sfrenata: modelli che divengono standard, produzioni che ricercano il piacere del pubblico acquirente ancor prima di esprimersi per ciò che veramente sono. Spesso le richieste del mercato male si accordano con il principio di unicità e tendono a scivolare verso la massificazione. Fenomeni, di un passato non troppo lontano, che portano alla mente la barrique e di quanto l'uso e abuso di questa abbia potuto giocare un ruolo fondamentale nell'elaborazione dei vini per il mercato Americano.
Come dimenticare la tanto profumata moda che sul finire degli anni ottanta inebriava il calice di profumi vanigliati, tanto persistenti da divenire fastidiosi, oppure la diffusione di chips anziché intere travi di legno annegate nei contenitori d'acciaio per simulare quella sensazione tanto “chic”. Una vera e propria esperienza gustativa e olfattiva, un'esaltazione di caratteristiche organolettiche non proprie del vino ma bensì del legno usato come concia.
Il vino, magica miscela che ha cambiato gusto nei secoli, è da sempre soggetto a continue modifiche, elaborazioni dettate dallo sviluppo delle tecnologie e dall'evoluzione dell'essere umano.
Oggetto di comunitaria identità e sacra immagine nella nostra cultura, liquido diluito nei Simposi tra discussioni filosofiche e scambi di effusioni, discriminante per la qualità a definire i ranghi sociali sin dal passato, musa ispiratrice di amori, colore per carte piene d'inchiostro ad opera di uomini del passato dal pensiero volto al futuro.
Il vino ancora una volta protagonista indissolubile del percorso umano.
Il vino come anime in bottiglie.
Memoria dell'uomo che echeggia nei futuri ricordi della terra.