I luoghi longobardi italiani sono molti rispetto ad un popolo di cui si diceva che non fosse rimasto molto. Era opinione diffusa, infatti, soprattutto tra le persone comuni se non tra gli studiosi, che tutto quanto era stato longobardo fosse andato disperso o distrutto, oppure fosse stato ingentilito dall’incontro con il mondo latino ad opera di altri e fosse cambiato “in meglio”, con soppressione dei riferimenti pagani, degli altari dedicati agli dei e delle case in cui orribilmente, per il mondo romano, vivevano.
In realtà, i siti longobardi in Italia sono molti e molto belli; comprendono l’area della Gastaldaga con il Tempietto longobardo e il Complesso Episcopale di Cividale del Friuli, capaci di sottolineare il raffinato e compiuto livello di produzione artistica del popolo che aveva invaso l’Italia. A Cividale vediamo un ricco apparato decorativo, con raffinati affreschi, stucchi figurativi e ornamentali, una commissione dell’VIII secolo splendida. Accanto poi al complesso episcopale dal quale derivano il Tegurio di Callisto, un’edicola ottagonale che copriva il fonte battesimale e l’altare di Ratchis, unico manufatto di età longobarda in cui è raffigurato un tema narrativo di carattere biblico. Due importanti opere scultoree che sono state portate al Museo Cristiano e Tesoro del Duomo, data l’importanza che queste opere hanno nella produzione longobarda.
Abbiamo poi il castrum con la Torre di Torba e la chiesa di Santa Maria “foris portas” di Castelseprio Torba, un “Castrum Seprium” inserito nel sistema fortificato di altura di età tardo romana, riutilizzato dai Longobardi e distrutto poi dai Visconti nel tardo Duecento. Il circuito murario conservato è imponente, accanto al tessuto abitativo e al principale complesso culturale di San Giovanni Evangelista, con basilica e battistero ottagonale, completamente ristrutturato dai Longobardi nel VII secolo, nonché utilizzato per le sepolture dei personaggi importanti del luogo. Il Torrione di Torba è particolarmente significativo per la storia architettonica militare, utilizzato poi come monastero femminile. La chiesa di Santa Maria, dal nome “foris portas” perché costruita fuori dalla cinta muraria, era stata eretta come edificio aristocratico privato, con area cimiteriale annessa, e conserva uno dei più importanti testi pittorici di tutto l’Alto Medioevo. Le scene narrano l’infanzia di Gesù e si trovano sull’abside centrale della piccola struttura.
A Spoleto, invece, abbiamo la Basilica di San Salvatore, edifico molto significativo per il linguaggio romano classico. La probabile origine del monumento era funeraria, ha un impianto a tre navate e una decorazione pittorica e a stucco interna notevole. Di quella esterna della facciata, rimangono le cornici delle finestre e i tre portali. A Benevento è longobardo il complesso di Santa Sofia, una delle strutture longobarde più complesse e meglio conservate dell’epoca. Costruito verso il 760 come cappella personale e santuario nazionale da Arechi II, duca di Benevento, per la redenzione dell’anima sua e la salvezza del suo popolo, conserva nel suo interno parte di un ciclo pittorico dedicato alle storie di Cristo. Esso costituisce la testimonianza più alta della pittura beneventana, un movimento d’arte parallelo a quello della scrittura beneventana, scrittura nazionale dei Longobardi del sud Italia, utilizzata nei monasteri per la trascrizione delle opere antiche da parte dei monaci amanuensi. Accanto alla chiesa, venne annesso il monastero ricostruito in età romanica, reimpiegando alcuni elementi della costruzione originaria longobarda. Oggi ospita il Museo del Sannio.
Il Santuario San Michele testimonia come il ducato di Benevento assorbì, dopo il 560, la regione garganica dove si era imposto il culto di Michele Arcangelo, molto vicino alla sensibilità longobarda perché vi si poteva scorgere le caratteristiche del dio pagano Wodan, dio supremo della guerra e protettore di eroi e guerrieri per quel popolo nordico. Dal settimo secolo il luogo divenne un santuario nazionale longobardo dedicato a san Michele Arcangelo appunto, e funse da modello per moltissimi santuari costruiti in Italia e nel resto d’Europa, come il Mont-Saint-Michel in Normandia. Monte Sant’Angelo divenne uno dei più importanti luoghi di culto della cristianità, meta di pellegrinaggio internazionale, una delle ultime tappe del pellegrinaggio che portava in Terra Santa, via che nel meridione d’Italia venne chiamata “Via Sacra Longobardorum”. A Campello sul Clitunno c’è un Tempietto, piccolo sacello a forma di tempio corinzio, all’interno del quale si conservano dipinti murali di alta qualità, messi in relazione con gli affreschi del presbiterio di Santa Maria Antiqua a Roma.
Il complesso monastico di San Salvatore-Santa Giulia, ma chiamato semplicemente Santa Giulia dai locali, di Brescia, sede del Museo della Città, è di straordinaria complessità e bellezza. Comprende il monastero femminile voluto dal duca di Brescia Desiderio nel 753, prima di diventare re. Badessa del monastero divenne la figlia e la leggenda vuole che vi trovò rifugio anche l’altra figlia, la mitica Ermengarda, ripudiata da Carlo Magno. La chiesa di San Salvatore, sempre parte del complesso, è una delle più importanti testimonianze dell’architettura religiosa altomedievale conservata in alzato. Presenta degli stucchi e degli affreschi di impressionante bellezza e, con quello di Cividale, è il monumento ornamentale meglio conservato dell’Alto Medioevo.
Il monastero di Santa Giulia godeva di importanti privilegi ottenuti dal re e successivamente mantenuti: controllava una vasta area agricola, di cui disponeva, facendone così un centro di estrema ricchezza, posto su una delle vie principali del nord Italia, quindi con estrema importanza anche politica, oltre che economica e religiosa. Il monastero ospitava strutture per accogliere i pellegrini e per alloggiare i poveri, e si estendeva con abitazioni e sepolture. L’estensione cittadina toccava i resti del tempio capitolino del I secolo dopo Cristo e il Teatro Romano. Nel complesso, detto Museo della Città, si può osservare come la città di Brescia si sia espansa ed evoluta nei secoli, potendo ammirare i fregi medievale e quelli di epoca rinascimentale, accanto alle testimonianze di fede, le urne cinerarie e gli esempi di sepolture, i fregi dei palazzi, resti di domus romane con bellissimi mosaici ben conservati, testimonianze primitive e opere pittoriche interessanti, fino allo spettacolare Coro delle Monache, dai bellissimi affreschi di Ferramola.
I Longobardi furono in Italia dal 568 al 774 e, appunto, il recente dibattito storiografico ha portato a rivalutare ampiamente il ruolo delle culture germaniche barbare e il loro apporto per costruire le basi della civiltà medievale. Furono protagonisti di un importante movimento migratorio di tribù germaniche e centro asiatiche che caratterizzò il periodo immediatamente seguito alla caduta dell’impero romano. Comandati da re Alboino, lasciarono la Pannonia, l’attuale Ungheria, per conquistare l’Italia, dove arrivarono attraverso i valichi delle Alpi orientali senza trovare resistenza, dato lo sfaldarsi dell’Impero Romano. Occuparono subito Cividale (del Friuli) dove insediarono il loro primo ducato. Poi giunsero a Vicenza, Verona, Trento, Brescia, Bergamo, che divennero tutte città ducali, per giungere infine in Piemonte e in Emilia Romagna, a Pavia nel 571 e nel sud, a Benevento e a Spoleto. In Italia, quindi, ci fu una divisione tra aree dominate dai bizantini ed aree dominate dai Longobardi.
Il ruolo attributo ai Longobardi è stato rivalutato al punto che ad essi si ascrive un’alta importanza nella transizione tra la Classicità e il Medioevo. Il ruolo di trasmettere quelle caratteristiche culturali e politiche che poi, dall’Italia si diffusero in tutta Europa con il loro carico di arte e religione. Molto di ciò che si attribuiva ai Carolingi viene oggi riconosciuto come longobardo, ad esempio in campo di diritto, di scrittura, di tradizioni, con tempi precedenti rispetto ai presupposti, quindi. Furono i Longobardi ad interpretare l’antico rinnovandolo e permettendo di mantenerlo negli usi, base di una solida tradizione. L’incontro con la cultura italiana e i rapporti con papa Gregorio Magno, portarono alla conversione dei Longobardi, soprattutto ad opera della regina Teodolinda, e furono loro a sapere sostenere il recupero della cultura romana e bizantina, tramutandoli, tra VII e VIII secolo, in fucina artistica e sviluppo delle corti urbane. Per questo motivo la tarda età longobarda è stata iscritta nel 2011 Patrimonio Mondiale UNESCO come “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d. C.).
Al punto di massimo splendore, raggiunto soprattutto da Liutprando tra 712 e 744, corrisponde anche l’inizio della caduta del regno. Morto Liutprando iniziarono circa trent’anni di instabilità politica e lotte di successione, fino a quando Carlo Magno, nel 774, sconfisse re Desiderio, il re di Brescia, prendendo il potere. Quel potere che seppe trasferire a buona parte dell’Europa.