Il 12 giugno scorso la Direttiva 2001/18/CE sugli OGM è stata modificata a favore di un provvedimento che garantisca una maggiore indipendenza degli Stati Membri in merito alle politiche agricole interne, in modo che ogni singolo stato possa decidere che posizione prendere riguardo alle coltivazioni OGM sul suo territorio, in base, si auspica, alle esigenze del territorio stesso e a favore dell’economia locale.
La nuova Direttiva CE stabilisce che uno Stato Membro, durante la fase coordinata dall'EFSA a proposito dell’introduzione di un prodotto OGM sul mercato europeo, possa far valere la sua autonomia e chiedere che l'impresa in questione escluda il suo territorio dalla fase di "coltivazione" del suddetto prodotto che sarà, quindi, commercializzato nello Stato Membro X, ma non coltivato o coltivato con limitazioni geografiche dettate dallo Stato stesso. Inoltre, se non si dovesse raggiungere un accordo in merito, lo Stato Membro, grazie alle nuove modifiche apportate alla direttiva, potrà appellarsi alle ragioni di politica agricola interna e porre divieti e/o limiti alla coltivazione OGM in questione. In questo caso, si prevede una valutazione del provvedimento da parte della Commissione europea che dovrà esaurirsi in un periodo di 75 giorni, al termine del quale lo Stato Membro potrà comunque procedere, recependo o no le osservazioni della Commissione.
La nuova direttiva ha anche valore retroattivo e ogni singolo Stato, entro un termine di sei mesi dall’entrata in vigore della stessa, potrà avvalersene per rifiutare e/o interrompere coltivazioni di prodotti OGM che siano già stati precedentemente autorizzati dalla Comunità Europea. Questo provvedimento rappresenta, indiscutibilmente, un passo avanti rispetto alle precedenti politiche europee in materia di OGM, la libertà che viene di diritto concessa ai singoli Stati è un punto a favore del Principio di Autonomia, una “dichiarazione di indipendenza” dell’Europa rispetto alle politiche dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, un esempio di come sia possibile muoversi in direzione di una politica economico-agricola, europea e globale, che consenta la libera scelta, la tutela del territorio locale e della sua economia, il rispetto dei piccoli agricoltori. Sì, perché tutelare giuridicamente la libertà di scelta degli Stati Membri in materia di OGM significa esattamente tutto questo, significa sciogliere il giogo che vincola, da ormai troppi anni, le politiche agricole locali dei singoli stati alle dinamiche di guadagno delle imprese coinvolte nella speculazione e sperimentazione di organismi geneticamente modificati.
Alcune associazioni impegnate nella tutela dell’ambiente, del territorio e nella rivalutazione dei prodotti locali, fanno pressione affinché si modifichi ulteriormente la normativa e si conceda agli Stati di non doversi appellare alle politiche agricole, ma di poter rifiutare l’una o l’altra coltivazione OGM solo per ragioni di tutela ambientale e/o di tutela della salute del consumatore. Questa ulteriore decisione rappresenterebbe però, per quanto riguarda la tutela della salute del consumatore, una presa di posizione che attualmente non ha basi scientifiche sufficientemente solide e condivise da poterla alimentare.
Le ragioni di tutela ambientale affondano, invece, le radici in una più annosa querelle che accompagna l’etica dell’ambiente fin dai suoi albori, un tale provvedimento, infatti, fa appello all’idea che l’ambiente sia un soggetto avente diritto che necessita di essere protetto al di là degli interessi economici, agricoli e politici degli stati e delle comunità che abitano il territorio, all’idea che l’ambiente che ci ospita, essendo condicio sine qua non della nostra stessa esistenza e sussistenza, debba essere tutelato da una dinamica super partes che ne garantisca la sopravvivenza, ma questo potrà accadere solo quando le politiche globali accetteranno l’idea che il rapporto tra l’essere umano e l’ambiente che lo ospita è tanto antico, quanto imprescindibile.