Fu allora che vidi il marchio. Un serpente avvolto in spire, rintanato tra due torri eburnee, che fiere l’occultavano al mondo. Un’affilata sensazione di irreparabilità mi trapassò da parte a parte. L’amante cedeva alle seduzioni di Medusa e lei lo iniziava alla sublime conoscenza delle profondità. Il mago cresceva e io fui sopraffatto. Era la morte che generava la nuova vita da iniziato, rivestendomi della sua fatale immortalità e conferendomi quel potere che avrei esercitato per sempre al suo fianco.
(Armando Savini, Il Complotto degli Arconti).
Ogni romanzo è già di suo implicitamente esoterico nel senso di quell’ “esoterismo” vitale ed esistenziale che appare latente in ogni processo narrativo e rivelativo. L’imprevedibilità e l’asimmetria sono componenti strutturali di ogni romanzo.
Se tutti sapessero già tutto non accadrebbe nulla e si perderebbe la tensione dinamica. Il romanzo segue la freccia del tempo e implica uno svelarsi graduale dei segreti del lato nascosto della psiche. Spesso nascosto anche ai diretti interessati. Il “romanzo esoterico” è quindi tale non solo per il suo contenuto ma anche perché tali carismi di ogni romanzo qui raggiungono la loro massima ed estrema espansione ed intensificazione perché l’esoterismo necessita il raggiungimento di un proprio acme epifanico decisivo. Quando lessi per la prima volta il Pendolo di Foucault di Eco alla fine della lettura lo scagliai contro il muro con rabbia perché l’autore aveva trattato con crudezza la sospensione dell’incredulità e le stesse aspettative incoraggiate nei suoi lettori appassionati di esoterismo. L’ironia scettica non può reggere da sola una costruzione fondata sul senso del mito e dell’incanto.
Le altre successive volte lo lessi con pacatezza e senza pathos prendendolo come uno zibaldone di erudizione esoterica ed occultistica. Questo rischio non lo corre lo scrittore Armando Savini il quale ci ha recentemente regalato un caso speciale di romanzo esoterico dove tutti i carismi sia del romanzo che del “discorso esoterico” moderno emergono in tutta la loro ambigua e critica problematicità.
Un romanzo che seduce il lettore rispettando i canoni non detti del narrare ma nel contempo riesce a gestire una materia fluida e stratificata di grande delicatezza, difficoltà e sfuggevolezza: secoli e millenni di pratiche magiche, teurgiche, ascetiche, meditazioni, riti ed esperimenti umani riemergono nell’evocazione romanzesca (ma del tutto verosimile) di Savini intrecciandosi in modo dialettico e multiplo con più piani esistenziali e narrativi. La vita personale e quotidiana del protagonista inizia a vibrare e ad oscillare sotto la pressione di più tipi di “esoterismo narrativo”: l’esoterismo vissuto da parte di vari adepti e maestri, l’esoterismo raccontato dagli studiosi, l’esoterismo in attuazione e in conflitto fra varie correnti avverse. Savini sembra introdurre una nuova aura di esoterismo narrato: un “esoterismo strutturale”. Parliamone con l’autore e facciamolo partendo dal titolo dell’opera che rinvia a tradizioni gnostiche e teosofiche molto precise e antiche.
Perché Il complotto degli Arconti?
Il titolo può essere letto da due diverse prospettive ma molto simili. Da una parte gli arconti secondo i miti gnostici, cioè, le entità intermedie, che si pongono tra le scintille divine e il Dio nascosto, da cui queste emanano e a cui devono ritornare attraverso la pratica esoterica. Per questo sono anche conosciuti come i custodi delle porte, in quanto l’iniziato è chiamato a superare degli stati mentali, spirituali, per accedere al pleroma, al tutto indifferenziato.
Gli arconti cercano in ogni modo di ostacolare questa ascesa, questo ritorno. L’altra lettura gioca con il significato etimologico. Dal momento che gli arconti sono coloro che governano il mondo, possono significare anche le lobby, i grandi gruppi iniziatici, che si dice guidino i popoli e che detengono il potere finanziario, con cui cercano di rimodellare il mondo secondo la loro visione, a detrimento dei più, cioè, dell’intera umanità.
In cosa il tuo romanzo esoterico è differente dagli altri?
Il Complotto degli Arconti è incentrato sullo scontro tra due visioni del mondo, che si contendono l’umanità intera. Due metafisiche che poggiano su diversi presupposti dell’essere e da cui derivano categorie di giudizio opposte, che si manifestano con azioni inconciliabili. Emerge inoltre un esoterismo che potremmo definire esistenziale, cioè, quello esperito dai personaggi, e un esoterismo oggettivo. Il lettore viene guidato dagli occhi e dai pensieri del protagonista in una realtà impalpabile. Insieme a lui viene in un certo senso “iniziato” alla conoscenza degli arcani, ma allo stesso tempo distingue anche una realtà più oggettiva, che supera a volte la conoscenza degli stessi personaggi. Un occhio dentro e uno fuori …
Possiamo pensare a una dialettica simile al Pendolo di Foucault di Umberto Eco? Cioè, lo scettico inizia a credere ai mondi esoterici e ne entra dentro fattivamente ma poi si accorge che è tutta una fiction inverata dalla prassi?
Non so se si possa parlare di fiction inverata dalla prassi. Eco mostra di avere una visione materialistica, atea, che non sopporta il metafisico, tanto da beffarsi dei suoi personaggi. Ne Il complotto degli Arconti, il protagonista si ritrova in un ambiente inesplorato, impalpabile, ma incredibilmente reale, dove alcune antiche profezie cominciano a prendere forma. Il metafisico si intreccia con la sfera esistenziale. I personaggi si muovono in un campo in cui il fisico e il metafisico vivono in simbiosi. Vedono qualcosa che riflette una realtà nascosta. C’è un rapporto intimo tra il fisico e il metafisico, un rapporto che passa attraverso una porta, la cui chiave è un libro reale, storicamente fondato.
Esiste un esoterismo buono e uno cattivo?
L’esoterismo è esoterismo, cioè, autosalvezza. È l’io che si fa Dio attraverso la pratica esoterica, che da molti è ritenuta superiore alle religioni ufficiali. Jung, ad esempio, fece dell’alchimia il pilastro portante della sua analisi del profondo. Possiamo dire che è l’alchimia fatta psicanalisi. Secondo Jung, finché Satana non fosse stato integrato, il mondo non sarebbe stato risanato né l’uomo redento.
Satana (e, dunque, anche il male), secondo lui, andava assimilato, innalzato al livello della coscienza, mediante il principio alchemico della congiunzione dei due principi, cioè, l’integrazione o coincidenza degli opposti. Solo l’alchimia avrebbe portato a termine l’opera incompiuta del cristianesimo, salvando anche la natura. Il fine ultimo dell’opus alchemico è l’apokatastasis, la salvazione cosmica, cioè, il ritorno allo stato originario attraverso l’azione satanica, che ne è parte integrante. All’io che si fa Dio e all’apocatastasi seguono, poi, delle azioni che difficilmente potremmo classificare buone qualora muovessimo l’analisi da una diversa prospettiva metafisica, che si oppone ai principi gnostico-alchemici.
Huysmans, che conobbe in profondità certi ambienti, nel suo romanzo Là-bas, riguardo all’esistenza di una magia bianca, cioè, della teurgia, scrive che non esiste la teurgia, cioè, una magia bianca in contrapposizione alla magia nera. «Si tratta di uno schermo che serve a tipi come i Rosacroce per nascondere i loro ripugnanti tentativi di magia nera … D’altra parte, la Chiesa, che non si lascia menare per il naso dalle chiacchiere, condanna indifferentemente sia l’una che l’altra magia!».
Che rapporto c’è tra la Qabbalah e l'immagine della donna? Ogni conoscenza è amplessiva? Esiste un esoterismo che non sia esperienza?
Qabbalah significa tradizione. È qualcosa che si riceve, che si apprende e, poi, si cerca di comprendere, cioè, di prendere con sé, nella propria vita. Una tradizione può essere pura o eretica, a seconda di quanto si discosti dal sentiero originale.
La conoscenza è frutto dell’esperienza. Si impara vivendo, rapportandosi a ciò che è altro. Ogni conoscenza è relazione. Nel libro della Genesi leggiamo che Adamo conobbe Eva, nel senso che si unì a lei e da quell’unione nacque Caino. Il verbo yāda vuol dire conoscere, fare esperienza ma anche avere rapporti sessuali. Quando il serpente tenta i progenitori a mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, li invita a fare esperienza del male.
Il verbo che esprime questa conoscenza è ancora una volta yāda. Conoscere una tradizione è come conoscere una donna. Alcune dottrine, poi, sono seducenti come una donna, possono farti traviare dal sentiero intrapreso allo stesso modo in cui un uomo può venir meno alla fedeltà verso sua moglie. Non è un caso che nella tradizione biblica l’idolatria, cioè, il culto dei falsi dèi, venga associata all’adulterio. Anche nell’Apocalisse, per esempio, i 144.000, i redenti, sono i vergini, coloro che non si sono contaminati con le donne, cioè, che non si sono dati all’idolatria. Il richiamo agli angeli che si unirono alle donne di cui parla la Genesi è chiaro. Si tratta dei figli di Shet, che vivevano sui monti come angeli del Signore, finché non scesero e si unirono alle donne cainite, pervertendosi.
Non credo che esista un esoterismo che non sia esperienza. L’esoterismo è esistenziale, riguarda la propria esistenza, il proprio essere gettato nel qui e ora. Il verbo expĕrĭor non vuol dire solo sperimentare, conoscere per esperienza, ma anche cimentarsi, mettersi alla prova, misurarsi, contendere con qualcuno, ricorrere a qualcosa, soffrire, sopportare. Sono tutte azioni che rientrano nella sfera dell’esoterismo. Le scintille divine gettate nel mondo soffrono e, quindi, ricorrono alla pratica esoterica e si mettono alla prova, si misurano con il mondo (che odiano) e con gli arconti, per guadagnarsi l’unione con il divino attraverso la conoscenza-reminiscenza.
Non è strano che lo gnosticismo moderno sia così fedele alle sue radici antiche? Non è un segno di continuità sia per quello libertino che per quello ascetico?
C’è un sottile filo rosso che unisce la gnosi tardoantica alla filosofia moderna e contemporanea. La trama è sempre la stessa: l’io che si fa Dio e che non accetta il proprio limite, quello stesso limite che lo attua. Pensiamo all’Io di fichtiana memoria che si pone e definisce il Non-Io in contrapposizione a se stesso. Il Non-Io indica tutto ciò che non rientra nella sfera interiore dell’Io, tra cui il proprio corpo. L’odio per la materia, per il cosmo, verso il corpo, il non voler accettare i limiti del proprio corpo, sfocia in uno sfrenato ecologismo (rifare il mondo secondo le proprie regole in barba a quelle del Creatore), in un folle genderismo e transumanesimo. Il principio guida è: “Io sono quello che voglio essere”, indipendentemente dalla mia natura, dal momento che l’Io precede la mia natura umana e il mio genere sessuale.
Il romanzo esoterico è un romanzo al cubo, perché include più mondi e retro-mondi. Il complottismo e il revisionismo ne sono parti connaturali? L'esoterista non tende sempre a cercare “cosa sta dietro” non fidandosi dei sensi e della logica? Non gli basta mai questo mondo?
Il complottismo e il revisionismo emergono ogni volta che non si accettano le opinioni dominanti. Ma se queste vengono imposte a colpi di propaganda e definite in maniera assiomatica, quasi mitica, contro ogni ragionevolezza, avvilendo la ragione e lo spirito critico non credo si possa parlare di complottismo, inteso come attitudine a vedere complotti sempre e ovunque, soprattutto dove non ci sono, solo per dare un senso alle proprie inquietanti solitudini e insostenibili afflizioni.
Per i circoli iniziatici è importante il segreto, non tanto per quanto potrebbe svelare, ma il segreto in sé. La pratica esoterica è intrapersonale, non è un processo oggettivo, bensì ipersoggettivo. La realtà non è quella intorno a noi ma quella dentro di noi. I sensi, come ci diceva Cartesio – un assiduo cercatore di circoli rosacruciani – ci possono ingannare, perché si fermano davanti al fenomeno, alla manifestazione delle cose, non potendo conoscerne l’essenza, il noumeno.
L’essenza delle cose si raggiunge solo attraverso la conoscenza esoterica, che supera i sensi. La verità delle cose, quindi, è oltre, dietro la cortina dell’effimero, del materiale. In questo l’esoterismo esprime il “dietrologismo” par excellence.