Futility, or the wreck of the Titan è il nome di un romanzo dello scrittore americano Morgan Robertson che parla del naufragio di un transatlantico di nome Titan che si sarebbe inabissato nell’Oceano Atlantico a causa della collisione con un iceberg durante il viaggio inaugurale. La storia, il nome della nave, e persino diversi particolari (come il peso della nave, la mancanza di scialuppe e persino il fatto che il naufragio avvenga ad aprile) richiamano alla mente il naufragio più famoso di tutti i tempi, quello del RMS Titanic. Il fatto è che la novella è del 1898 e il naufragio, come tutti sanno, avvenne nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912. Questo è il caso più famoso e citato di “premonizione” del disastro navale del Titanic. Ma non è l’unico, e forse nemmeno il più impressionante. Perché racconti simili li aveva scritti una persona che sarà poi tra vittime del naufragio.
William Thomas Stead, questo il suo nome, non era un personaggio qualunque: editore, giornalista e scrittore britannico, fu l’inventore del cosiddetto giornalismo investigativo. Era noto per le sue inchieste sulla prostituzione minorile e fu un filantropo che si batté per le più disparate cause sociali, in particolare quelle legate all’infanzia.
Convinto pacifista, teorizzò una “Unione europea” e un consesso di Stati simile alle Nazioni Unite che potesse mettere fine alle guerre. Partecipò alle Conferenze di Pace all’Aia del 1899 e del 1907, nel 1905 si era recato in Russia per tentare, inutilmente, di portare sia i rivoluzionari che gli zaristi al dialogo facendo cessare le violenze e nel 1912, l’anno in cui morì sul Titanic, era stato candidato al Nobel per la Pace. Il suo viaggio sul Titanic, infine, era dovuto al fatto che doveva recarsi in America per partecipare ad un Congresso sulla Pace alla Carnegie Hall d New York su richiesta per presidente degli Stati Uniti William Howard Taft.
Ma qui arriva l’altro lato di William Stead, quello esoterico. Stead, come altri famosi intellettuali del suo tempo (tra i quali presunti “razionalisti” quali Cesare Lombroso e il padre di Sherlock Holmes Sir Arthur Conan Doyle) era un convinto fautore dello spiritismo, e frequentatore di sedute spiritiche. E aveva delle premonizioni riguardo la sua stessa fine: aveva in più occasioni affermato che sarebbe morto o per linciaggio o per annegamento. Nel 1892, quindi vent’anni prima del naufragio in cui perse la vita e sei anni prima della pubblicazione del romanzo di Morgan Robertson Futility William Stead aveva pubblicato un singolare racconto intitolato From the Old World to the New: or, A Christmas Story of the Chicago Exhibition che doveva essere anche una specie di guida per i visitatori inglesi all’Esposizione Colmbiana di Chicago del 1893. La storia però contiene il racconto del naufragio di un transatlantico che faceva la rotta tra il Regno Unito e gli Stati Uniti a causa di una collisione con un iceberg.
La particolarità è che a salvare i passeggeri interviene una nave della White Star Line (la stessa compagnia del Titanic) chiamata RMS Majestic capitanata da un certo...Edward Smith, omonimo del capitano del Titanic. Il fatto è che in effetti esisteva una Majestic della White Star Line ed Edward Smith, il futuro comandante del Titanic, diventerà capitano di questa nave due anni più tardi, nel 1895. Coincidenze strane. Nonostante l’autore avesse affermato che si trattava di un racconto di pura fantasia, fiu messa, nella prima edizione, un’immagine del vero capitano Smith come illustrazione.
Ma Stead aveva già affrontato l’argomento in un racconto precedente, intitolato How the Mail Steamer went down in Mid Atlantic by a Survivor pubblicato il 22 marzo 1886 in cui si parla di un incidente di un piroscafo che causa un considerevole numero di morti a causa della scarsità di giubbotti di salvataggio e di scialuppe. Così scrive Stead alla fine del racconto: “Questo è esattamente quello che potrebbe succedere, e succederà, se i transatlantici verranno spediti in mare a corto di scialuppe”.
Nessuna preveggenza o simile, William Stead fa solo una considerazione di buonsenso. Ma sappiamo bene che l’enorme numero di vittime del Titanic ( 1.500 su 2.224) fu causato anche dal fatto che c’erano scaluppe solo per metà dei passeggeri.
E nonostante tutto Stead si imbarcò sul Titanic. Se riuscì davvero a prevedere la sua fine, accettò il suo fato. E lo accettò anche quando la “nave inaffondabile” colò a picco dopo il fatale urto con l’iceberg.
Come altri illustri passeggeri della prima classe, Benjamin Guggenheim e John Jacob Astor IV, non cercò di salvarsi per non togliere posto a donne e bambini sulle scialuppe. Diede il suo giubbotto ad un altro passeggero e attese la fine leggendo. Fu visto per l’ultima volta dal sopravvissuto Philip Mock avvinghiato ad una zattera ma, stando al racconto, a causa del gelo fu costretto a mollare la presa. Il suo corpo non venne mai ritrovato.