L’evoluzione gioca brutti scherzi. Prendete la specie ‘Homo’ - noi, insomma - che nella sua ultima e definitiva evoluzione si è autodefinita ‘sapiens’. Indubbiamente, sappiamo tantissimo, più di qualsiasi altra specie vivente; su di noi, sulle altre specie con cui coabitiamo su questa palla fluttuante nello spazio, e persino sull’universo. A partire dal fatto che ognuna di queste ‘cose’ ha un nome perchè noi glielo abbiamo dato.
Siamo, insomma, come specie e non come singoli individui, addivenuti ad una condizione in cui il sapere, ed il potere, di cui disponiamo sono tali che qualcuno possa scioccamente definirci ‘dei’1.
Straordinario, se si riflette sul fatto che, in fondo, eravamo solo una delle tante specie di primati. Eppure, questa incredibile evoluzione, questa fantastica conoscenza, sembra averci abbacinato, privandoci delle consapevolezze fondamentali.
La prima, e decisamente la più importante, è che per quanto straordinaria possa essere la nostra evoluzione, il pianeta può benissimo fare a meno di noi. Nel corso dei milioni di anni trascorsi da quando questa palla rotante si è formata, cataclismi terribili si sono succeduti, innumerevoli specie viventi sono scomparse ed altre si sono affacciate sulla terra, ma lei è ancora lì. La lezione che, nonostante tutto il nostro sapere, non riusciamo ad interiorizzare, è che il nostro proliferare distruttivo e dissennato non sta mettendo in pericolo il pianeta, ma ne sta determinando cambiamenti tali da mettere in serio pericolo la sopravvivenza della nostra specie - e di molte altre.
Ma, per quanto ne sappiamo, il pianeta ci sopravviverà. E magari, qualche centinaio di migliaia di anni dopo la nostra scomparsa, l’evoluzione produrrà un’altra specie meno stupida. Nel suo piccolo, Chernobyl ci mostra come la natura sopravviva ai nostri disastri. Del resto, un tempo la terra era dominata dai dinosauri, e solo la loro scomparsa permise una progressiva affermazione dei mammiferi.
Per quanto possiamo ritenerci eccezionali, da un punto di vista planetario siamo insignificanti. Se, come specie, oltre alle straordinarie capacità attribuiteci dall’evoluzione, abbiamo mantenuto l’istinto basico della sopravvivenza, dovremmo mettere in campo azioni di lunghissimo respiro e grande profondità. Non si tratta semplicemente di ridurre l’inquinamento. C’è molto di più, e riguarda l’impatto che la crescita esponenziale della nostra specie ha sul mondo in cui viviamo, ed in cui vivono altre specie.
È evidente che dobbiamo cominciare a pensare come riequilibrare complessivamente la nostra presenza sul pianeta. Questione che è di una complessità enorme - basti pensare a come gestire quantomeno una stabilizzazione globale della natalità.
La sfida che abbiamo di fronte, e che ci chiede innanzitutto di dimostrarci davvero ‘sapiens’, è decisamente più grande di quanto ne siamo consapevoli. Almeno nei grandi numeri, e sfortunatamente nelle élite che guidano il pianeta, sembra prevalere uno sguardo di corto respiro, preoccupato più di mantenere equilibri e privilegi di potere, su varia scala, che non di guardare in faccia la realtà. Al più, confidando nel fatto che, comunque, il nostro ‘sapere’ troverà delle soluzioni; nonostante sia proprio in conseguenza del nostro ‘sapere’, del suo essere parziale ed egoistico, nonché del suo uso distorto, che si è prodotto il danno cui dobbiamo porre rimedio.
Se davvero siamo così ‘sapiens’, dobbiamo cambiare il nostro paradigma evolutivo. Perchè il compito che ci attende non è affrontabile secondo i parametri che l’hanno caratterizzato sinora. Non può più essere predatorio, conflittuale, fondato sulla sopraffazione. Serve uno spirito cooperativo.
Centinaia di migliaia di anni fa, quando la specie ‘homo’ si distaccò dalle altre specie del ceppo comune dei primati, ciascuna di questa sviluppò una sua linea evolutiva, che ha via via marcato sempre più le differenze. Ciò nonostante, tra noi e queste specie esiste comunque un legame genetico, e con alcune di esse - nonostante l’enorme lasso di tempo che ci separa da quando ci distaccammo - è più stretto. Con due in particolare, gli scimpanzè ed i bonobo.
Gli scimpanzè sono gerarchici e litigiosi, proprio come noi, mentre i bonobo sono pacifici, promiscui ed egalitari. Sono la prova che non c’è una sola evoluzione possibile. Dobbiamo decidere a quali cugini guardare, se vogliamo reimpostare il nostro futuro.
1 Cfr. Yuval Noah Harari, Sapiens. Da animali a dèi, Bompiani, 2021.