Il suo cammino su questa terra è stato interrotto con ferocia opposta alla sua mite fermezza, ma il suo lavoro e le sue conoscenze sopravvivono e fanno da cornice alle continue scoperte che gli archeologi portano alla luce nelle zone antichissime che videro sorgere gli imperi mesopotamici delle cui storie e culture è debitrice la cultura mondiale. Parliamo di Khaled al Assad, direttore dell’area archeologica e del Museo di Palmira dal 1963 al 2003, barbaramente trucidato dai miliziani dello stato islamico mentre si opponeva alla distruzione dell’antichissima e spettacolare città sulle rotte carovaniere che dalla Siria si inoltrano nell’attuale Iraq e che conducevano attraverso l’Iran sino alle steppe del centro dell’Asia.Quelle stesse rotte seguite dalle armate di Alessandro Magno, poi dei re persiani e in buona parte anche dall’esercito romano.
Terre, dunque, dove è passata la grande Storia dell’umanità antica e che oggi sono purtroppo in gran parte devastate da guerre, scontri tribali e ambizioni distruttrici. Ma l’eco della grandezza non si spegne malgrado distruzioni, sfregi e offese oscurantiste ed accade così che il lavoro degli archeologi, un posto importante spetta a quelli italiani, riesca a riportare alla nostra vista qualcosa di spettacolare ed inimitabile salvato dalle sabbie del deserto e dal tempo e sottratto perciò alla furia distruttrice.
È quanto è accaduto nel Kurdistan iracheno, enclave relativamente pacifica nel Nord dell’Iraq, dove una missione di scienziati provenienti dal Friuli Venezia Giulia ha scoperto una decina di rilievi assiri, riportandoci alla mente quell’antichissimo impero orientale le cui memorie e ricordi sono presenti in tutte le opere letterarie e storiche dell’antichità nonché nei testi religiosi.
Quello che gli scavi hanno riportato alla nostra conoscenza ha avuto il riconoscimento dedicato proprio alla memoria di Khaled al Assad, in occasione della sesta edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, il premio promosso dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e dalla rivista Archeo.
Si tratta dell’unico riconoscimento a livello mondiale dedicato al mondo dell’archeologia e in particolare ai suoi protagonisti, gli archeologi, che con sacrificio, dedizione, competenza e ricerca scientifica affrontano quotidianamente il loro compito nella doppia veste di studiosi del passato e di professionisti a servizio del territorio. Proprio allo scopo di dare il giusto tributo alle scoperte in ogni angolo del mondo la Borsa ed Archeo hanno promosso il Premio annuale assegnato in collaborazione con le testate internazionali, e tradizionali media partner: Antike Welt (Germania), Archéologie (Francia), Archäologie der Schweiz (Svizzera), Current Archaeology (Regno Unito), Dossiers d’Archéologie (Francia) e da quest’anno anche insieme a British Archaeology (Regno Unito) la testata del prestigioso Council for British Archaeology.
Nella prima edizione (2015) il premio è stato assegnato a Katerina Peristeri per la Tomba di Amphipolis (Grecia); la seconda edizione (2016) all’INRAP Institut National de Recherches Archéologiques Préventives (Francia), nella persona del Presidente Dominique Garcia, per la scoperta della Tomba celtica di Lavau; nel 2017 a Peter Pfälzner Direttore della missione archeologica che ha scoperto la città dell’Età del Bronzo presso il villaggio di Bassetki nel nord dell’Iraq; nel 2018 a Benjamin Clément, responsabile degli scavi, per la scoperta della “piccola Pompei francese” di Vienne; nel 2019 a Jonathan Adams, responsabile del Black Sea Maritime Archaeology Project (MAP), per la scoperta nel Mar Nero del più antico relitto intatto del mondo.
Nel 2020 le cinque finaliste dello scorso anno candidate sono risultate in Cambogia la città perduta di Mahendraparvata capitale dell’impero Khmer nella foresta sulle colline di Phnom Kulen a Nord-Est di Angkor; in Iraq, nel Kurdistan iracheno presso il sito di Faida, a 50 km da Mosul, dieci rilievi rupestri assiri, gli dei dell’Antica Mesopotamia; in Israele, a Motza a 5 km a Nord-Ovest di Gerusalemme, una metropoli neolitica di 9.000 anni fa; in Italia, a Roma il nuovo tesoro emerso nella Domus Aurea, la Sala della Sfinge; sempre nel nostro Paese, nell’antica città di Vulci, una statua di origine etrusca raffigurante un leone alato del VI secolo a.C.
Su tutte, però, è apparso evidente il valore dei “dieci rilievi rupestri assiri ascrivibili al VIII-VII secolo a.C. A portarli alla luce il team di archeologi “IAMKRI, Italian Archaeological Mission to the Kurdistan Region of Iraq”, coordinato da Daniele Morandi Bonacossi dell’Università di Udine con la Direzione delle Antichità di Duhok guidata da Hasan Ahmed Qasim.
Si tratta di pannelli imponenti, grandi 5 metri e larghi 2, scolpiti lungo un antico canale d’irrigazione lungo 8,5 km, alimentato da un sistema di risorgenti carsiche, oggi sepolto sotto spessi strati di terra depositati dall’erosione del fianco della collina. Ma nell’antichità dal canale si diramava una rete di canali più piccoli, che consentivano di irrigare i campi circostanti, rendendo ancora più fertile le campagne coltivate nell’entroterra di Ninive, capitale dell’impero.
La mitologia assira raffigurata sulla roccia è un campionario significativo di divinità e animali sacri. Le figure divine rappresentano il dio Assur, la principale divinità del pantheon di quel popolo, su un dragone e un leone con corna, sua moglie Mullissu, seduta su un elaborato trono sorretto da un leone, il dio della Luna, Sin, anch’egli su un leone con corna, il dio della Sapienza, Nabu, su un dragone, il dio del Sole, Shamash, su un cavallo, il dio della Tempesta, Adad, su un leone con corna e un toro e Ishtar, la dea dell’Amore e della Guerra su un leone.
A ricevere il premio sarà Daniele Morandi Bonacossi, direttore della missione e ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico dell’Università di Udine, alla presenza di Fayrouz, archeologa e figlia di Khaled al-Asaad. Alla stessa scoperta anche lo “special Award”, riconosciuto dal pubblico sulla pagina Facebook della Borsa.
La XXIII edizione della Borsa ha peraltro dato inizio ad una nuova grande iniziativa legata alle scoperte in archeologia con la prima Conferenza Mediterranea sul Turismo Archeologico Subacqueo, intitolata alla memoria di Sebastiano Tusa, al cui nome è stato anche intitolato il Primo Premio di Archeologia Subacquea. L’iniziativa si è svolta in collaborazione con la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, della Fondazione Sebastiano Tusa, del Centro universitario europeo per i beni culturali di Ravello, di ICOMOS Italia, del Nias (Nucleo per gli interventi di archeologia subacquea dell’ICR (Istituto centrale per il restauro del Mibact, del Parco archeologico dei Campi Flegrei, dell’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee, dell’istituto Italiano di di Archeologia Subacquea, dei Gruppi Archeologici italiani e dell’Archeoclub d’Italia.
La presenza dei primi quattro enti assume particolare rilevanza per la certificazione di una rete di siti sommersi ricompresi nel Programma degli Itinerari Culturali avviato dal Consiglio d’Europa oltre trent’anni fa con al centro i valori del consiglio stesso, ovvero diritti umani, diversità culturale, scambi interculturali alla riscoperta di terre e popoli legati tra loro da un’antichissima storia e da un patrimonio comune malgrado le difficoltà attuali e le divisioni anche artificiali attuali. Una rete che unisce idealmente Campania, Puglia, Sicilia, Egitto, Grecia, Israele, attraverso i siti di Baia, delle Tremiti, di Ustica-Pantelleria, di Alessandria d’Egitto, di Pavlopetri e di Caesarea Marittima.
Luoghi spesso sottoposti ad interventi ed esplorazioni in assoluta libertà, senza protocolli specifici, senza rispetto dei resti antichi e senza alcuna salvaguardia dell’ambiente marino in delicatissimo equilibrio, fragile e sensibile al turismo di massa. Di questo aspetto cruciale si occupa la richiesta di certificazione al Consiglio d’Europa di una carta di Itinerario Culturale Europeo a sostegno delle località e a difesa dei luoghi nel segno della tutela, delle esperienze autentiche e della sostenibilità.