Un tris d'assi per vincere la partita dei giganti. E ora l'Italia è in testa nella disfida economica - ma anche d'orgoglio- dei cantieri navali mondiali. Perché le partite non sono solo quelle sportive, dal calcio alle bocce, ma anche quelle del sistema produttivo, in cui il tricolore troppo spesso, negli ultimi anni, è rimasto in panchina. Invece, quasi a sorpresa, eccoli lì, a dondolarsi placidamente nel mare di Livorno, dietro la darsena Morosini, prima di prendere il largo per mari molto lontani.
Sono loro, i tre giganti messi al mondo nei Cantieri Benetti, due più magri e uno più grassoccio, che hanno stupito l'universo intero della nautica, all'inizio non molto fiducioso nell'impresa. Li hanno chiamati gigayacht perché le loro dimensioni sono moltiplicate: oltre 100 metri di lunghezza ciascuno e un totale di mille chilometri di cavi elettrici e 7500 metri quadrati di arredo. Costruirle è stato un lavoro da 5 milioni di ore in cui sono intervenute centinaia di ditte, migliaia di operai e artigiani, decine di ingegneri e architetti. Sembra di dare i numeri in un'Italia che sta giocando al ribasso.
E in effetti fino ad oggi solo olandesi e tedeschi, all'altro capo dell'Europa, detenevano il primato delle imbarcazioni colossali. Eppure i tempi possono cambiare e l'intero settore del lusso sembra viaggiare oggi in tutta la Penisola con il vento in poppa.
In particolare la nautica, che beneficia dell'abilità degli artigiani, mettendo sul mercato yacht che aggiungono la bellezza ai moderni sistemi di navigazione. “Stiamo crescendo tanto, ma siamo ancora una nicchia”, ammoniscono i financial advisor, spronando gli imprenditori. “Nel mondo ci sono 20 milioni di persone che possono acquistare uno yacht, quindi gli spazi di crescita sono pazzeschi perché fino ad oggi solo il 2 per cento delle vendite globali viene dal mercato italiano”.
Certo, c'è voluto coraggio, oltre che capacità, a imbarcarsi nel mondo dei 'giga', dove ogni angolo e ogni momento della costruzione può nascondere imprevisti e dove il gioco di incastri tra materiali e misure deve sempre essere perfetto. Costruire un'imbarcazione è difficile, ma far nascere uno yacht grande come un traghetto può diventare un'avventura. Ci aveva provato Fincantieri alcuni anni fa, ma poi non era andata avanti. Così oggi Paolo Vitelli, presidente e fondatore del gruppo Azimut-Benetti, dopo aver allineato in banchina ben tre gigayacht, canta vittoria: “In questo momento nei cantieri del mondo sono in costruzione 18 yacht di lunghezza superiore a 100 metri. In media ne vengono consegnati 4 ogni anno. Noi pensiamo di completarne uno ogni anno, cioè il 25 per cento della produzione”. Il che significa essere in vetta alla classifica e trainare l'intero settore. Certamente un bel gol.
E ora sogniamo un po'. Piscine, sale massaggi e veri e propri centri benessere si aggiungono ai saloni e alle terrazze che si aprono sui vari ponti a diretto contatto col mare. Ma se le tre 'sorelle' hanno alcune caratteristiche simili, ognuna di loro ha il suo 'carattere' a stretta somiglianza con quello dell'armatore per il quale sono state costruite. Così, se due di loro hanno una forma affusolata, la terza ha enormi superfici vetrate, alte fino a tre metri, che partono da metà nave e arrivano fino a poppa permettendo alla luce naturale di inondare letteralmente gli interni, tanto che a qualsiasi altezza e in qualsiasi posizione ci si sente sempre sospesi tra le onde. Per i suoi volumi, quasi doppi rispetto a quelli delle sorelle, si potrebbe dire che è la 'maggiore'. Più eleganti e attente alle raffinatezze le altre due 'signore' del mare. Una scenografica scala a poppa raggiunge il main deck della più piccola ('solo' 107 metri), mentre una scala elicoidale in marmo con moderna balaustra in acciaio raggiunge i saloni. Su quello più alto le note di un bianco pianoforte a coda aggiungeranno benessere al relax delle vedute marine offerte dalle grandi finestre.
Altri saloni e più di mille metri quadrati di spazi esterni ci accolgono dalla 'sorella di mezzo' dove un Observation deck offre panorami mozzafiato, un grande caminetto esterno attende gli ospiti nei momenti conviviali e la piscina riscaldata permette nuotate anche con temperature esterne poco gradevoli.
Infine si possono trovare cinema e anche discoteche, così come aree relax e palestre destinate al solo equipaggio. E nei loro garage i tender e le moto d'acqua sono sempre pronti per potersi avvicinare alla costa.
Ma c'è persino di più. Come una parete fatta di centinaia di tulipani in legno laccato che si aprono e si chiudono senza rumore al passaggio di una persona, oppure per salutare l'alba o indicare una stagione. E anche come 500 metri quadrati di video che non solo rilevano l'accesso di un ospite, ma ne capiscono l'umore attraverso la lettura del volto e poi reagiscono creando immagini di foreste, cascate, cieli, o qualunque altro elemento naturale in grado di suggerire lo stato d'animo della persona. Insomma, chiedete e vi sarà dato.
D'altronde, le piramidi erano tanto più grandi e imponenti quanto più i loro proprietari erano ricchi e importanti, così come i castelli e le torri indicavano la potenza dei sovrani medievali. Ecco, gli armatori sono moderni faraoni. “I grandi yacht sono l'espressione di quei signori che vogliono far vedere al mondo che hanno vinto”, sentenzia il presidente Benetti, “né più e né meno come quegli altri signori di tanto tempo fa che costruivano le piramidi oppure le torri sempre più alte”.
Ma chi sono i faraoni di oggi? Questo l'identikit di Paolo Vitelli: “Sono sempre più giovani e sempre più creativi. E sempre in competizione tra loro per meglio esprimere i successi dei loro business. La maggior parte dei clienti fino ad oggi viene dagli Stati Uniti, dalla Russia e dall'Australia, ma in un futuro prossimo il mercato vedrà l'ingresso anche di molti cinesi”.
Gli armatori delle tre 'gigasignore' sono infatti un russo, un mediorientale e un australiano, tutti finanzieri e imprenditori di successo che hanno scelto di rivolgersi al cantiere italiano anziché guardare al Nord Europa. “Perché il Made in Italy”, spiega Vitelli, “con la professionalità dei suoi artigiani, garantisce finiture ed accorgimenti che non so quanto i cantieri tedeschi e olandesi, pur con la loro grande professionalità, sono capaci di offrire”.
Lui, invece, ormai incoronato 're' dei gigayacht, si definisce un Robin Hood perché “porto via un pochino ai ricchi di tutto il mondo per redistribuirlo ai poveri”. Nel senso che ogni giorno nel suo cantiere sono impegnate più 1700 persone, oltre ai fornitori sparsi in tutta Italia. Non solo battute e cacciucco: 'Made in Livorno' ora è pronto alla conquista del mondo.