Sono quello che mangio, e quello che mangio può contribuire a spegnere o attivare determinati geni. Lo stesso dicasi per l’attività fisica e la vita spirituale e in particolare la meditazione che possono prevenire malattie e assicurare una buona vecchiaia. Sono questi i tre ingredienti base per una vita sana e longeva. Parola di Franco Berrino, medico, patologo, ed epidemiologo. Per molti anni all'Istituto Nazionale Tumori di Milano, dove ha coordinato il progetto Diana, sulla relazione tra alimentazione e tumori (in particolare al seno).
I suoi studi hanno analizzato lo sviluppo dei tumori in Italia e in Europa, e in particolare il rapporto fra stile alimentare, livelli ormonali e successiva incidenza del cancro. Oggi promuove la corretta alimentazione come prezioso strumento per prevenire l'incidenza del cancro e delle sue recidive. Il suo ambizioso progetto si chiama La Grande Via e il prossimo 11 maggio 2019 sarà a Padova per una conferenza sull’alimentazione dal titolo Mangio consapevole, consapevolMente mangio, organizzata da Himalayan Center.
“Noi sappiamo che con il nostro modo di mangiare, con l’attività fisica e la vita spirituale – spiega Berrino - siamo in grado di regolare l’attività del Dna; è chiaro che è quello che abbiamo ereditato dai nostri genitori, ma possiamo accendere o spegnere determinati geni. Questo è un campo di ricerca recentissimo e meravigliosamente affascinante che è iniziato dopo la mappatura del Genoma umano completata nel 2002. Si è scoperto, quindi, che i nostri geni, le istruzioni per sintetizzare le proteine sono soltanto il 3% del nostro Dna, c’è un 97% che non fabbrica le proteine ma fornisce le istruzioni per il funzionamento delle nostre cellule. È chiaro che non ci si immaginava che potesse essere una percentuale così elevata. Ebbene, questo 97% di Dna contiene migliaia di interruttori, di istruzioni per modificare l’azione dei geni. Un terreno ancora inesplorato”.
È una frontiera ancora misteriosa quella dell’epigenetica, la branca della biologia molecolare che studia la trasmissione di caratteri ereditari non attribuibili direttamente alla sequenza del Dna. E il cibo ha un ruolo cruciale e un’elevata capacità epigenetica, sottolinea ancora il professor Berrino. “Il cibo ha degli indubbi effetti epigenetici, così come l’attività fisica. Ad esempio, produciamo dei microRna che servono per regolare il funzionamento di decine di geni; sono stati scoperti più di mille microRna. Questo è un campo che sta rivelando che il meccanismo con cui cibo, moto e mente agiscono ha degli effetti epigenetici straordinari e inaspettati”.
Del resto, la ricerca ha confermato come i processi infiammatori siano alla base di moltissime patologie croniche e del cancro. “L’infiammazione – evidenza lo studioso - è una sorta di difesa dell’organismo. Quando, cessa la causa, il processo infiammatorio dovrebbe scomparire e scendere a un valore pari a zero. C’è un esame che rivela l’infiammazione che è quello che misura la proteina C reattiva, i cui valori normali stanno tra 0-5, ma i veri valori normali dovrebbero essere pari a zero. Quando abbiamo la bronchite salgono a 10-20, tuttavia quando non abbiamo una malattia infiammatoria, questi valori dovrebbero essere molto bassi. Chi ha la PCR verso l’alto dei valori normali si ammala di più di cancro e di altre malattie croniche, e chi si è ammalato di cancro, se ha la proteina C reattiva alta, ha più probabilità di ammalarsi di metastasi. Questo perché lo stato di infiammazione stimola la proliferazione cellulare”.
Tenere basso il livello di infiammazione diventa, quindi, un aspetto importantissimo. La modalità attuale in cui viviamo, il nostro stile di vita fa, purtroppo, aumentare l’infiammazione. E molto dipende dal tipo di alimentazione, dalla vita sedentaria e anche dallo stress. “Lo stress è una funzione utilissima che il nostro corpo attiva per difendersi da un pericolo”, spiega ancora Berrino. “Gli ormoni dello stress – evidenzia - comandano al fegato di immettere glucosio nel sangue per nutrire i muscoli per scappare, al cuore di battere più velocemente, al sangue di aumentare la pressione. Lo stress inibisce il sistema immunitario. Una volta lo stress veniva per un pericolo reale, oggi ci viene se incontriamo un capoufficio o per ragioni sociologiche. E lo stress fa aumentare l’infiammazione”.
Recenti studi hanno confermato come una vita spirituale possa essere il terzo, ma non ultimo per importanza, tassello per edificare fondamenta solide alla nostra salute. Lo stesso Franco Berrino ci racconta di praticare la meditazione da quanto aveva 14 anni. Ma non solo la meditazione, anche la preghiera è parte di questo percorso per ridurre infiammazione e stress.
“Praticando la meditazione – sottolinea il professore - spegniamo i geni dell’infiammazione e accendiamo geni che non sappiamo esattamente a cosa servono. E anche con l’attività fisica siamo in grado di silenziare i geni dell’infiammazione. Ci si riferisce, ovviamente, a un’attività fisica regolare effettuata tutti i giorni. Meditazione, yoga, tai-chi sono tutte pratiche che prescrivono una grande attenzione al momento presente. La meditazione si concentra sul qui e ora, lasciando tutta la rabbia, il passato e le preoccupazioni del futuro, restando concentrati nel momento presente, sul respiro o sui movimenti nel caso del tai-chi. Ci sono autorevoli studi che, attraverso un prelievo di sangue subito prima di una seduta di meditazione o di una pratica di un’arte marziale, e subito dopo, esaminando il Dna, hanno riscontrato che alcune decine di geni hanno cambiato la loro attività, alcuni geni si sono spenti, altri accesi. Ma non solo, queste pratiche dimostrano gli effetti fisiologici sulla glicemia, sul colesterolo, sui trigliceridi, sulla pressione arteriosa. Alcuni di questi meccanismi sono controllati dal nervo vago (parasimpatico), che è quello che bilancia gli effetti dello stress, mette tranquilli i nostri organi e riduce lo stato infiammatorio. Anche l’autocompassione è fondamentale. Quindi volersi bene è un’attitudine che riduce nel sangue i processi infiammatori”.
Ma come può la meditazione entrare in risonanza col nostro sistema immunitario e il nostro patrimonio genetico? “La meditazione si avvale spesso della recitazione di mantra, che aiuta a liberare la mente, così come la preghiera. C’è uno splendido studio fatto da un ricercatore italiano che si trova adesso al Karolinska Institute sulla recitazione del mantra tibetano per eccellenza ‘Om mani padme hum’, capace di ridurre la frequenza del respiro. Invece di fare 12 respiri al minuto come facciamo di solito, col mantra arriviamo a farne 6. Lo stesso succede quando si recita l’Ave Maria, si possono verificare evidenti effetti fisiologici dalla recitazione dei mantra e delle preghiere con un rallentamento del respiro che porta a effetti fantastici sulla nostra fisiologia, c’è un maggiore controllo della pressione arteriosa. Quello di recitare una preghiera o un mantra è un sistema per attivare il nervo vago”. A testimonianza dell’utilità di avere una vita spirituale, Berrino cita uno studio effettuato dall’Università di Harvard. Quarant’anni fa l’ateneo americano aveva reclutato 120 mila infermiere che compilarono questionari sulla propria vita. Era compresa anche una domanda sulla frequenza con la quale queste donne si recavano al tempio, nel rispetto delle varie confessioni. Le infermiere che andavano due volte al tempio o in chiesa, a parità di età di stile alimentare e di vita, reddito, indicatori di supporto sociale, avevano una mortalità del 33% inferiore rispetto a chi non andava mai. “Più forte il risultato era per le afroamericane – ricorda Berrino - che per le bianche, le donne nere quando vanno in chiesa cantano e quando canti liberi la mente. Raccomando ai mangiapreti, almeno cantate e liberate la mente”.