Oramai non c’è un angolo di questa terra che non sia stato già descritto e svelato da qualche guida o blog di viaggio, ma la verità è che i luoghi vanno scoperti da soli e che le esperienze di seconda mano non valgono nulla. Ma io sono mica la Lonely Planet, sono una cantante jazz, perciò conosco un’altra possibilità: quella di potere comunicare una sensazione, un’emozione. E allora venite con me, oggi si va a fare un giretto a Kochi, nel Kerala.
La città di Kochi tecnicamente è… un’isola. Porta di ingresso in India delle religioni monoteistiche occidentali sin dal 70 d. C., centro di commercio delle spezie fin dalle sue origini, conosciuta sia dai Greci e dai Romani che dagli Arabi e dai Cinesi, colonia portoghese ma anche olandese e poi inglese, la sua storia è affascinante, complessa e intrigante come un film. Di tutto ciò potete leggere (e vi consiglio caldamente di farlo) da fonti più autorevoli e preparate della sottoscritta, ma vi segnalo qualcosa di importante che sfugge ancora a molti: oggi Kochi ospita un evento straordinario, la Kochi-Muziris Biennale d’Arte contemporanea. Un viaggio nel viaggio, imperdibile.
Voglio anche segnalarvi il fatto che per chi vuole arrivare in India dalla Thailandia, la rotta Bangkok-Kochi è la più economica per raggiungere il Sub Continente. Ma non solo: l’aeroporto di Kochi è vincitore del Champion of the Earth Award delle Nazioni Unite per essere il primo aeroporto al mondo completamente alimentato da energia solare. Guardate la struttura dove atterrerete dall’aereo e mentre toccate suolo Indiano guardatevi in giro e ricordatevi questa cosa incredibile: ogni cosa all’aeroporto di Kochi è alimentata con energia pulita.
Prendete un autobus, un taxi (condiviso è più allegro, più economico e più ecologico) e raggiungete la città, recandovi senza indugio nella parte nord, Fort Kochi. Escludete tutte le nuove strutture e trovate un vecchio albergo indiano o una antica dimora trasformata in hotel: vii sembrerà di vivere sul set di un film di James Ivory. Alloggiateci con gratitudine. Ci sono alloggi per ogni portafoglio, da 12 a 300 euro: vi assicuro che se avete un po' di spirito di avventura e un briciolo di intuizione potrete trovare luoghi favolosi per il prezzo di un campeggio. Se invece avete bisogno di un alloggio moderno e funzionale, ci sarà sicuramente qualche hotel simil-Ibis che fa il caso vostro, ma questo articolo non fa per voi.
Svegliatevi presto e fate pratica della sublime arte del vagabondaggio senza meta, passeggiate lentamente e respirate l’atmosfera del posto con il naso e con la pelle, la luce al mattino è straordinaria. Ma sappiate che a Fort Kochi nulla apre prima delle dieci. Alle sette e mezza mi è capitato di incontrare due francesi disperati in preda a una crisi di astinenza da caffeina: per evitare di dover affrontare lo stesso trauma le soluzioni ci sono, e sono precisamente due. Alla fine di Burger Str. c’è l’Elite Bakery, un localino con annesso laboratorio artigianale di panetteria-pasticceria che sforna dolci deliziosi e serve un liquido simil caffè abbastanza terribile: ma è caldo, marrone e ricorda il caffè; perlomeno a me ciò è sufficiente per raggiungere l’effetto placebo. Se invece volete qualcosa che abbia una somiglianza più prossima alla versione originale dell’agognata bevanda, dovete raggiungere Rose Street e aspettare le 7:45 quando apre Alice Delice “Lovely and Organic”. Pasticceria francese, posto delizioso.
Appena fuori Rose Street cercate l’ufficio postale: se guardate bene, nello stesso edificio c’è Tribes of India, artigianato Fair Trade gestito e garantito da TRIFED (Tribal Cooperative Marketing Development Federation of India). Lo stesso meraviglioso piccolo bassorilievo in bronzo fatto a mano che paghereste 1000 rupie in uno dei tanti (e a volte bellissimi) negozi della zona tra il forte e la Jew Town, vi costerà 140 rupie, e abbellirà la vostra stanza durante la vostra permanenza nel Malabar. Terminato lo shopping tribale, proseguite costeggiando il campo di calcio e entrate in un altro luogo incantato: il Farmers Cafè and Art Gallery. Il locale e la galleria occupano un edificio coloniale ottocentesco, che negli anni '50 è stato la sede dell’Imperial Bank of India. Il personale è gentilissimo e il posto è magico, rilassante e energizzante come il loro succo d’ananas con latte di cocco spremuto a freddo.
Dopo avere bighellonato tra stradine e vecchi edifici, visitato il mercato del pesce e visto le poche reti da pesca cinesi rimaste, e oramai tristemente vuote, mollate per un po' le delizie post coloniali e fate qualcosa che vi faccia sentire davvero in India: andate a pranzo al Krishna Cafè.
Il Krishna Cafè è una esperienza, un vero ristorante indiano, al di là non solo delle mode, ma del tempo. Non ci sono tovaglie né tovaglioli, ma un solerte cameriere passerà uno straccio non pulitissimo sul vostro tavolo non pulitissimo e vi farà accomodare, quindi sarete pronti per ordinare. Ma non al cameriere che vi ha pulito il tavolo, mi raccomando. Sedetevi e aspettate che un secondo cameriere venga a prendere la vostra ordinazione, studiate pure il menu, ma non ordinate altro che un thali. Il thali è la vostra missione: non un piatto ma un pasto, racchiude i prodotti e i sapori del luogo, le spezie e i profumi e descrive molto della cultura Indiana.
Un terzo cameriere vi porterà un vassoio d’acciaio rotondo, con dentro due papadum e tre ciotole d’acciaio con dentro delle verdure, una con il curd (yogurt). Spiccheranno per la propria assenza il riso e il dahl (stufato di lenticchie, ma la descrizione è assai grossolana) e da questo dettaglio saprete di essere davanti a un thali serio.
Quando avrete tolto le ciotole che avrete appoggiato attorno al vassoio, sgranocchiando un ottimo papadum, come per incanto comparirà al vostro fianco un quarto cameriere munito di un secchio (sempre d’acciaio) che inizierà a riempire il vostro vassoio di riso, fino a quando non direte STOP. Immediatamente dopo arriverà un quinto cameriere con un secchio di dahl, che inizierà a versare sul riso, fino a quando non direte stop. Alla prima mestolata avrete la conferma di trovarvi di fronte a un thali come dio comanda: la qualità è direttamente proporzionale alla densità del dahl, che qui è assai denso. Sta ora a voi aggiungere e miscelare le verdure contenute nelle altre ciotole con il resto, trovando le giuste proporzioni tra i vari gusti.
Le posate sono assenti, potreste chiederle e ve le darebbero, ma ascoltate il mio consiglio: “when in Rome do as Romans do”, mangiate con le mani. Anzi con la mano, quella destra, usando pollice, indice e medio. Non tentate di mangiare in punta di dita: soprattuto per un neofita, cercare di usare solamente la fine prima falange è come affrontare un piatto di spaghetti usando il manico della forchetta: non solo non funziona, ma proprio non si fa. Il secchio del dahl tornerà al vostro tavolo svariate volte, come quello del riso: entrambi sono in distribuzione illimitata. Quando avete finito di mangiare andate a lavarvi le mani nel Wash Basin e appena sarete tornati al vostro tavolo, sazi e felici, un sesto cameriere vi consegnerà il conto, che procederete a pagare alla cassa: 45 rupie. Sì, esatto: sono 56 centesimi di euro.
Il thali è un pasto straordinario non solo per l’equilibrio di sapori e elementi nutritivi, ma perché ci ricorda che il cibo non è un privilegio ma un diritto, e allora lasciatevi commuovere da questa idea così democratica, così umana…
Se tutti lavorassero per il proprio pane e niente più, ci sarebbe abbastanza cibo e tempo libero per tutti, i nostri bisogni si ridurrebbero al minimo, il nostro cibo si semplificherebbe. Allora mangeremmo per vivere, anziché vivere per mangiare.
(Gandhi)
Sri Krishna Cafè, Palace Rd, Mattancherry
Alice Delices French bakery, tea room Rose St, Fort Nagar
Farmers Cafè, Ridsdale Rd, Fort Kochi
Tribes of India, Post office Ridsdale Rd, Fort Kochi
Elite Bakery Burger St, Fort Nagar