Quando la penna di Jules Verne creò il Nautilus, creatura meccanica della scienza e della tecnologia fantastica che assorbiva da una fiducia estrema per le nuove frontiere scientifiche, era appena il 1870, ma già alcuni anni prima, le idee fantascientifiche di Fulton del 1800 avevano ipotizzato in un futuro non troppo lontano un mezzo innovativo per solcare le profondità marine.
Ebbene mentre Verne descriveva il racconto fedele di una avventura inverosimile, un ossimoro vero e proprio insomma, di un sottomarino che attraversava i ghiacci perenni dell'Antartide, Eisenhower, alle ore 18:30 italiane del 8 agosto 1958 dalla Casa Bianca annunciò in conferenza stampa il termine della grandiosa impresa Americana del sottomarino Nautilus. “Il sottomarino atomico «Nautilus», della Marina degli Stati Uniti, ha compiuto il prima viaggio sottomarino transpolare della storia, attraversando in immersione l’intera calotta polare artica, e il Polo, operando per la prima volta il collegamento, al disotto dei ghiacci, tra l'Oceano Pacifico e l’Oceano Atlantico, ed aprendo in tal modo una nuova strada marittima tra i due emisferi”.
Difatti, proprio in piena guerra fredda dopo che l'Unione Sovietica aveva messo a segno la conquista dello spazio con il lancio in orbita del satellite Sputnik, il successo del sottomarino Nautilus volle essere la risposta per riequilibrare le forze a favore degli Stati Uniti. Ma la traccia segnata da questa spedizione artica americana fu premonitrice di quello che da alcuni anni, proprio la ex Unione Sovietica, Russia, ha avviato, ossia l'apertura delle rotte commerciali verso nord-est e verso nord-ovest, scatenando una vera e propria rivoluzione per gli scenari futuri dei traffici via mare verso il nord America da una parte, la Cina e il Pacifico in generale dall'altra. Infatti lo scioglimento dei ghiacci in crescente aumento, che ha portato alla diminuzione di quelli perenni (a metà degli anni '80 coprivano il 70% della calotta Artica e nel 2012 appena il 20%), favorisce l'apertura di rotte navali prima impossibili se non con potenti rompighiacci.
Il 17 agosto dello scorso anno, si è verificato infatti un evento importante, cioè la nave Christophe de Margerie, una potente nave cisterna carica di gas liquefatto della Società pubblica russa SovComFlot, ha attraversato l'Artico senza l'ausilio di una rompighiaccio, questo ha avviato di fatto l'apertura della rotta artica, che ha consentito un viaggio da Hammerfest, in Norvegia a Boryeong, in Corea del Sud in soli 22 giorni di navigazione (risparmiandone circa 10 rispetto alla rotta tradizionale che passando per Gibilterra, entrando nel Mediterraneo dallo stretto di Suez, si avvia verso il Pacifico).
Nei prossimi anni è prevista la costruzione di altri 14 colossi galleggianti per aumentare la competitività di trasporti. Il 31 dicembre 2017 il presidente Vladimir Putin ha siglato una legge che attribuisce ai vascelli battenti bandiera russa il diritto esclusivo di trasportare idrocarburi nell'Artico lungo la Northern Sea Route (il passaggio a Nord-Est). Il documento approvato, introdotto nel Codice Mercantile Russo, prevede anche l’attività di pilotaggio, navigazione rompighiaccio, sanitaria, l’attività di controllo e preservazione dell’ambiente marino nelle acque territoriali o interne della Russia, le attività di traino, ricerca e soccorso, gli studi oceanografici, il trasporto di petrolio, gas naturale, condensati e carbone prodotti nel territorio della Federazione Russa o di sua giurisdizione oltre che lo stoccaggio di idrocarburi; il tutto deve avvenire esclusivamente su navi battenti bandiera russa.
Ma oltre a questa grande partita ne esiste un'altra ancora più importante: lo sfruttamento della più imponente riserva di idrocarburi esistente al mondo: gas naturale oltre al petrolio. Per lo sfruttamento di questo giacimento sottomarino, la Russia e la Cina in primis, ma anche il Canada, Groenlandia, Islanda e Norvegia sono letteralmente in fermento. L’USGS, il servizio geologico degli Stati Uniti, nel 2008 stimava che le riserve di idrocarburi in tutta la regione dell’Artico ammontino a 90 miliardi di barili di petrolio, 44 miliardi di barili di condensati e 47 mila miliardi di metri cubi di gas naturale.
Il diritto internazionale riconosce il limite delle 200 miglia - ovvero il margine dello zoccolo continentale - come “zona esclusiva di sfruttamento economico”; siccome si presume che la maggior parte delle riserve artiche sia ben oltre il limite delle 200 miglia, da tempo squadre di ricerca oceanografica stanno studiando il fondale dell’Artico allo scopo di dimostrare che lo zoccolo continentale siberiano si immerge oltre le 200 miglia, in modo da vedersi così riconosciuto un diritto di sfruttamento più ampio. La Russia, quindi, sta effettuando studi per tali fini con l'ausilio di sottomarini nucleari, cosa che comporta indirettamente una militarizzazione dei suoi confini.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, le precedenti amministrazioni avevano posto restrizioni alle esplorazioni petrolifere per motivi di tutela ambientale. Con la presidenza Trump l'interesse a tentare lo sfruttamento di tali giacimenti si è risvegliato, ed è stato raggiunto un accordo con l'italiana ENI per l'effettuazione delle attività esplorative. Gli Stati Uniti, nel frattempo, hanno lanciato in orbita il primo di quattro “satelliti polari” che ufficialmente avrebbero il compito di monitorare l’Artico per controllare lo scioglimento dei ghiacci, in realtà lo scopo potrebbe essere quello che suggerisce l’ex sottosegretario di Stato, Paula J. Dobriansky in un appello rivolto alla Nato: “È in corso una guerra fredda nell’Artico, con la Russia protagonista di una escalation militare che impone una risposta decisa da parte dell’Occidente”.
Da quanto sta accadendo e dalla prospettiva futura già immaginabile, si intravede lo scenario di un notevole sconvolgimento climatico e il relativo danno ambientale. Infatti, possiamo ipotizzare che: le emissioni delle navi nell'atmosfera e in mare; gli eventuali sversamenti in acqua di sostanze inquinanti o che comportino comunque una trasformazione della caratteristiche di temperatura e salinità; la creazione di basi militari e estrattive che porterebbero a un innalzamento delle temperature, tutto ciò porterebbe ad alterazioni ecologiche importanti. Il relativo aumento della velocità di scioglimento dei ghiacci inoltre modificherebbe le caratteristiche morfologiche dei territori con ripercussioni a catena sui sistemi climatici di tutto il mondo.
Il summit internazionale di Parigi contro i cambiamenti climatici provocati dalle massicce emissioni in atmosfera di anidride carbonica, riferisce nell'Articolo 2, l’obiettivo di restare “ben al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali” ma in barba alle convenzioni sulla tutela del clima, gli interessi economici sconfessano i buoni propositi e già in questi ultimi 30 anni la temperatura dell'Artico è salita di 1,9°C. “Era quasi la Luna, l’Artico. Un altro pianeta rispetto alla grande storia dell’umanità. Invece ora si trova al centro di trasformazioni epocali. Dallo spazio appare sempre meno bianco e sempre più blu; un nuovo mare sta emergendo come un’Atlantide d’acqua, perché il riscaldamento nel Grande Nord è doppio rispetto al resto della Terra”(Marzio G. Mian, Artico. La battaglia per il Grande Nord).
In sostanza tutto quanto verrà fatto nel mondo di sopra condizionerà inevitabilmente il mondo di sotto.