Dal 9 febbraio all’8 aprile 2018, infatti, si terrà la mostra Di/stanze, a cura di Matteo Bergamini, che raccoglie 21 fotografie di Luca Gilli selezionate da cicli di lavori recenti dal titolo Incipit e Blank, dedicati rispettivamente alla costruzione del padiglione della Santa Sede a Expo Milano 2015 (Incipit) e all’indagine di spazi interni in costruzione, ambienti chiusi e cantieri (Blank, 2008-2017). Il corpus dell'esposizione ruota intorno al concetto di “pittoricità” che si scopre in entrambe le serie di Gilli, formalizzato dal fotografo usando come soggetti una serie di componenti trovati in interni in costruzione, dove l’uso eccessivo di luce modifica la percezione dell’osservatore creando muri senza fine né angoli, spazi senza profondità.
Come scrive il curatore: “La mostra “Di/Stanze” di Luca Gilli raccoglie una selezione di scatti tra i più “pittorici” realizzati dall’autore, presi dalle sue serie più recenti: Incipit – in particolar modo – e Blank. Sembrano strizzare l'occhio alle opere dei grandi Maestri dell'Espressionismo Astratto, al Color Field, o agli Achrome di manzoniana memoria. Che errore! La percezione può scivolare in pieno su altre fonti, ma alla base del lavoro di Gilli c'è la composizione dell’architettura”.
Pennellate di colore su muro e cemento umido, sacchi di polistirolo, canaline elettriche, tracce di lapis da muratore, future bocchette d'areazione e tubi di scarico sono i soggetti dell'indagine che restano – una volta fissati - lontani dalla loro natura e da qualsiasi altra forma riconoscibile.
Le fotografie d'allusione di Gilli, esposte al Museo Diocesano, si pongono ben altrove rispetto alla sempre viva e comune percezione della fotografia come mezzo per la “raffigurazione”. Sono immagini evanescenti, lontane da una celebrazione fisica, dalla carnalità, al confine tra mondo visibile e invisibile, dove gli espedienti della prospettiva sono annullati a favore di una visione oltre il limite.
Gilli cattura interni che saranno abitati, frammenti di “stanze” ancora lontane dalla loro oggettualità e dal loro fine ultimo quotidiano, che possiamo intendere, immaginare e cogliere - riuscendovi o meno - solo tentando di annullare il divario che intercorre tra la prova trasposta e l'inquadratura originale.
Luca Gilli (1965) vive e lavora a Cavriago, Reggio Emilia. Sviluppa la sua ricerca fotografica da molti anni e le sue opere fanno parte di collezioni private e di musei pubblici di fotografia e di arte contemporanea italiani ed europei.
Numerose le mostre personali in Italia, in Francia e nel mondo organizzate da prestigiose istituzioni pubbliche e gallerie private e le presenze in esposizioni collettive. Diverse le partecipazioni a cataloghi collettivi e le pubblicazioni personali, tra le quali Blank (2011) con un prestigioso saggio critico di Quentin Bajac, attuale direttore del dipartimento di fotografia del MoMA di New York, e nel 2016 Incipit (Skira) a cura di Walter Guadagnini. Tra le sue più note ricerche, “Blank”, “Raw state”, la serie “Un musée après” e il più recente progetto “Incipit”. Hanno scritto sul suo lavoro eminenti firme della critica di fotografia e arte contemporanea e importanti esponenti della cultura in Italia e Francia.