La natura è Estetica.
Nulla lavora sulla forma come la natura.
L'uomo vi si applica e esegue il processo estetizzante sulle sue creazioni e le cose simulano la bellezza della natura come esperienza di appartenenza al tutto dell'universo.
Per alcuni è raggiungere la diramazione tra corpo e spazio nel valore della semantica delle cose come protesi di sé.
Da sempre i gioielli sono ornamenti deputati al pensiero epidermico e rientrano a pieno titolo nell'esperienza della bellezza dell'umana corporeità.
La forma della natura esce come natura sulla natura dell'uomo nelle creazioni di chi, come Elsa Peretti, crea dall'essenziale la parte motoria di una forma: la sua emozione.
I gioielli di Peretti sono semplici oggetti, solidi e al contempo morbidi, fluidi e indescrivibilmente tattili, riducono ai minimi termini la propria forma e si lasciano accarezzare senza abrasioni, sono ludico appagamento per l'anima: opere d'arte.
Non necessariamente preziosi, ma del preziosismo hanno il valore, perché frutto di un pensiero primigenio sulla forma e sostanza della materia.
Elsa Peretti nasce nella città di Benvenuto Cellini, Firenze, negli anni '40.
Figlia di Nando Peretti, fondatore del Gruppo API, studia interior design a Roma.
Negli anni '60 si trasferisce a Barcellona dove comincia a lavorare come modella.
Viene notata dall'artista surrealista Salvador Dalí, il quale la ritrae e la fa entrare nella sua cerchia di artisti.
A Barcellona viene catturata dall'architettura visionaria di Antoni Gaudí.
Sono gli anni in cui si appassiona alla scultura nelle sue manifestazioni più plastiche ed imponenti e alla lavorazione dei metalli.
La sua passione per la natura e la scultura la portano a viaggiare.
Giunge in Giappone e nel 1968 è a Hong Kong.
Dagli artisti dell'Estremo Oriente e dagli artigiani apprende come trasformare i simboli in oggetti e trarre dalle forme naturali possibili personificazioni.
Inevitabile per Elsa è l'approdo a New York dove grazie a bellezza e bagaglio culturale s'inserisce facilmente nei circuiti elitari mondani della Grande Mela: da Truman Capote a Liza Minnelli, da Andy Warhol all'assidua frequentazione dello Studio 54.
La moda la adotta. Viene presto notata da Diana Vreeland e subito giunge ai magazine di settore e alle passerelle sino a posare per Helmut Newton e Richard Avedon.
Disegna la sua prima collezione di gioielli per lo stilista Giorgio di Sant'Angelo e collabora con il fotografo Hiro con il quale innesca un sodalizio creativo che durerà tutta la vita.
Per Halston, Peretti è musa, modella e designer di gioielli. Nel 1975 è lei a progettare la boule del celebre profumo femminile Halston by Halston.
Nel giugno del 1974 la stampa di New York scopre che disegna gioielli per Tiffany & Co. Da quel momento questa italiana alta bella e dalla voce rauca è sulla bocca di tutti.
Newsweek le dedica la copertina e ne traccia un superbo profilo: è la consacrazione e i suoi gioielli vanno a ruba.
Mani affusolate, stile essenziale e profilo internazionale, cittadina del mondo, Peretti ha fatto del primitivismo formale l'essenza dell'eleganza nella gioielleria: primato indiscusso sulla purezza dell'espressione grafica della natura: “Amo la natura, ma cerco di cambiarla un po' non di copiarla”.
Diversi sono i temi e i soggetti prodotti per i suoi gioielli da Tiffany & Co.
Peretti ricorda che quando stava a Portofino amava tenere tra le mani una gardenia. Per portare con sé questo fiore, senza farlo appassire, progetta una fiaschetta metallica che porta appesa al collo tramite una sottile catena. Questo oggetto diviene immediatamente un must della collezione Peretti per Tiffany.
Dalla grande passione per l'opera scultorea di Henry Moore nasce la sua creazione più famosa: Open Heart. Questo cuore è ispirato al tema del foro che spesso ricorre nelle creazioni dello scultore britannico.
Da Jaipur, in India, giunge invece l'idea dell'intreccio di oro e argento, fitto, per la sua maglia metallica che segue le movenze del corpo ed è drappeggiabile come la seta.
Da questa maglia Peretti crea il suo collier a sciarpa e si diverte a provocare realizzando anche un reggiseno che farà molto discutere.
È invece il persistente ricordo di un orecchino di una danzatrice di flamenco che danza al lume di candela che le ispira la creazione dell'ellittica Sevillana che declina in anelli, pendenti e orecchini dal caratteristico cerchio ovale nei più diversi materiali.
La ricerca delle più antiche e straordinarie tecniche artigianali la porta a trovare in Giappone l'artigiano che ancora pratica l'antica laccatura in 70 fasi e che Peretti usa sui bracciali rigidi Doughnut in legno giapponese.
A Hong Kong rintraccia chi ancora intaglia il cristallo di rocca, all'esterno e all'interno, per dare forma alle sfere trasparenti delle sue collane.
Elsa Peretti possiede il primato di colei che ha traslato la collana di diamanti nell'uso quotidiano. Essa riduce il tutto a piccole pietre di diversa dimensione, montate a castone che puntinano un lungo filo d'oro: Diamonds by the Yard.
Per Peretti: “Stile vuole dire semplicità... Mi piace cercare di ottenere una certa qualità eliminando i dettagli di troppo”.
La passione per i fondali marini genera in lei il tema della stella marina, ma il soggetto che meglio appaga la sensazione tattile dei suoi gioielli è Bean: l'umile seme della vita perfetto equilibrio di materia, forma e superficie.
La lacrima è il simbolo della sofferenza da portare ma da non esprimere. Elsa la vive come talismano esorcizzante il dolore che indossa al collo o all'orecchio per non dichiararlo dallo sguardo.
Il pericolo è l'altro stimolatore della sua creatività. Peretti tiene per mesi, nella sua borsa, il sonaglio di un serpente sino a quando lo trasforma in un collier snodato, avente la forma del rettile, la cui bocca si chiude sul corpo dell'animale; anche gli scorpioni velenosi, nella sua casa in Spagna, la seducono e come per il serpente anche per essi crea una collana.
Ma è un osso umano ad affascinare più di tutto una giovanissima Elsa che trafuga, in gran segreto, dall'ossario di una chiesa del XVII secolo senza che sua madre se ne accorga. Da esso nasce il suo bracciale rigido “Bone”, altro suo grande classico.
Dai gioielli agli oggetti per la casa Peretti ha espresso l'essenza della forma.
Nella sua lunga carriera il mondo le ha conferito numerosi riconoscimenti: dal prestigioso Premio Coty, al Premio del Council of Fashion Designer of America e una laurea honoris causa del Fashion Institute of Tecnology.
L'elenco delle mostre a lei dedicate è lungo.
Nella mostra al Fashion Institute of Tecnology, intitolata Fifteen of My Fifty, il direttore esecutivo Richard Martin scrive dei gioielli di Elsa: “La forma ha una sua memoria duratura, e ogni forma è la migliore in assoluto”.
Anche il British Museum, nel 2009, l'ha onorata di un'esposizione delle sue creazioni e l'ha inserita nella propria collezione permanente del XX secolo acquisendone circa 30 pezzi.
Oggi non disegna più, ma segue per Tiffany la produzione delle sue collezioni e ne controlla la qualità.
Musa di se stessa si è ispirata alla sua immagine e al suo essere essenziale nell'esprimere il disegno di quanto avrebbe voluto indossare.
Dalla passione per lo sci (tra le prime professioni svolte in gioventù c'è stata quella di istruttrice a Gstaad) ha certamente appreso l'atletico quanto fluido rapporto con la materia e le sue derivazioni formali.
A tale proposito afferma: “È facile fare gioielli con grosse pietre preziose, io invece sono interessata alla meccanica e alla superficie: ogni oggetto deve essere comodo e attraente”.
Elsa Peretti è l'artista che ha portato nella gioielleria materiali come legno, lacca, seta, ma su tutti l'argento (metallo che per sua diretta esperienza, i ladri non capiscono).
Materiali semplici, ma che attraverso l'esecuzione Peretti vanno dritti al Cuore per quell'emozione che porta all'ammiccamento nel suo terminare... quando ancora incredulo pensi d'immaginare e acquisisci la possibilità che solo lo stupore di uno sguardo aperto all'inedito può regalare... l'inaspettata sorpresa della bellezza che porta Lacrime.