In questa imperante bufera gastronomica, satolli di cuochi, di ricette, di cultura alimentare nevrotica, tra schieramenti bellicosi di vegani integralisti e carnivori inamovibili, sta cominciando a fare capolino una controproposta alimentare sicuramente amata da pochi, ma sempre più studiata dalla scienza: il digiuno. Argomento, questo, che sta agitando un sommovimento di coscienza nascosto viste anche le domande inaspettate a riguardo, dei partecipanti ai miei corsi di yoga. Dopo decenni di totale indifferenza e terrifico rifiuto alle mie entusiastiche proposte di residenziali basati su digiuno e yoga immersi nella natura, ecco emergere quesiti amletici: “fa bene il digiuno?” “ma a cosa serve?” ”ma il digiuno fa dimagrire?” “un giorno di digiuno altera il metabolismo” (!) e così di seguito, tra la sana curiosità e la paura del “per carità... io non riuscirei mai, se salto un pasto… svengo!”
Questo rinnovato interesse verso il digiuno è stimolato dalle recenti ricerche sui benefici della restrizione calorica e sul consiglio di inserire periodiche e salutari astinenze dal cibo. Questo interesse della scienza (alla ricerca dei misteri dell’invecchiamento e della chimera della longevità) sui benefici del digiuno, ricalca la scoperta di una delle più antiche ed efficaci metodologie terapeutiche di purificazione psicofisica, di ritualità iniziatica, di affinamento mentale e spirituale, di celebrazione (un tempo) dei ritmi stagionali e di scansione dei tempi liturgici.
Il digiuno è un’esperienza dello spirito che caratterizza le religioni monoteiste: dalla solennità del Kippur ebraico dove ci si astiene dal cibo e da liquidi (oltre che da ogni divertimento e lavoro, al Ramadan islamico caratterizzato dalla privazione alimentare dall’alba al tramonto, per arrivare ai digiuni consigliati dalla tradizione cattolica secondo “le feste comandate”. La religione cattolica è segnata dalla presenza del paradigmatico digiuno di Gesù nel deserto, da agiografie di numerosi santi digiunanti e sante in una frugalità perpetua così estrema (vedi S. Caterina da Siena) da far coniare nell’ambito della mistica femminile il termine di “santa anoressia” (condizione con motivazioni molto più complesse e insondabili dell’anoressia clinica), fino a forme di masochismo alimentare poco vicine a una autentica esperienza religiosa.
Non scordandoci l’insegnamento dei padri del deserto esperti cultori del digiuno per i quali il distacco dal cibo è libertà dalla materia, dalle cose materiali che allontanano da Dio e avvicinano, invece, all’anima; come afferma abbà Eulogio: “Esercitati a restringere il tuo ventre. Come un otre disteso diventa più sottile, così il ventre se riceve molto cibo. Ma se ne riceve poco si riduce, esige poco, lascia spazio all’anima”.
Nonostante ciò la nostra religione, fondata sulla concezione teologica della teofagia, è la meno “digiunante” e la più permissiva nella relazione tra corpo/cibo e spirito. “Nelle religioni monoteiste il digiuno è una virtù, anzi l’essenza della virtù, se è vero che la virtù consiste nella pratica della astinenza dalla soddisfazione immediata dei bisogni e dei desideri. Questa pratica, che dilaziona la soddisfazione di un bisogno primario, ritualmente reiterata, crea le condizioni del governo di sé. Oggi il digiuno non è più una virtù, perché in Occidente è stato desacralizzato e ridotto a “dieta”, che non serve a governare se stessi, ma a soddisfare quell’ideale dell’io che vuole corpi alla moda, il cui decalogo non è meno vincolante di quelli che un tempo erano i comandamenti di Dio. La moda, infatti, innesca pratiche ossessive e compulsive ignote ai mistici che pure digiunavano, ma solo per nuotare in un mare di sensualità, dove la carne parlava il suo linguaggio abituale, ma lo indirizzava a Dio”. (Umberto Galimberti)
Esemplificativo è l’adattamento operato sul così detto digiuno di Daniele ispirato alla tradizione biblica dove il profeta Daniele e compagni, deportati a Babilonia dopo l’invasione di Gerusalemme condotta da Nabucodonosor, si rifiutano di nutrirsi dei cibi imposti dal re, ma propongono una più morigerata e sana alimentazione. “Metti alla prova i tuoi servi per dieci giorni; si diano legumi per mangiare e acqua per bere; poi siano esaminati alla tua presenza il nostro aspetto e l’aspetto dei giovani che mangiano le vivande reali.. Costui (il comandante dei custodi) accondiscese a questa loro proposta e li mise alla prova per dieci giorni. Al termine di dieci giorni il loro volto apparve più bello ed essi apparvero meglio nutriti di tutti i giovani che mangiavano le vivande del re. Così il custode faceva portar via le vivande e la bevanda loro assegnate e dava loro legumi”.
Ebbene il digiuno di Daniele - o la dieta di Dio, così come viene anche denominata - è stato rimodellato per la cultura alimentare americana in una sorta di alimentazione tutt’altro che parca, reinserendo carne e latticini, ma secondo uno dei numerosi predicatori che la propugnano “più virtuosa della tipica dieta americana”.
Anche dai messaggi dei veggenti di Medjugore viene lanciato l’invito al digiuno o a una restrizione calorica penitenziale e simbolica a base di pane, acqua e sale che rimanda all’alimentazione xerofagica dei primi eremiti cristiani e padri della Chiesa. Un inciso: ci sono ipotesi che Gesù appartenesse alla corrente mistica essenica dove vigeva la prassi di una alimentazione vegetariana e di digiuni periodici. Fu un concilio successivo che gli attribuì il titolo di Agnello di Dio dando adito a interpretazioni arbitrarie e infondate che sono all’origine della presenza dell’agnello come cibo pasquale e imprimatur della strage ritualizzata nelle celebrazioni pasquali contemporanee.
Una grande mistica del 1200, S. Ildergarda di Bingen, considerava il digiuno come rimedio universale per 29 “tipi di rischio” delle 35 cause psichiche-spirituali, che secondo la sua visione, sono all’origine delle malattie. Questa santa, terapeuta, poetessa, musicista, indicava il digiuno come “stazione di confine” dove possiamo sentire, come nelle esperienze della malattia o della ora della morte, la vicinanza di Dio. Saggiamente consigliava di non superare i limiti di un digiuno salutare per non avere conseguenze sul piano fisico e spirituale, affermava, con sottile psicologia, che gli uomini superbi divengono più arroganti. Sottolineava l’importanza della preparazione e della giusta motivazione come un cambiamento di orientamento di vita, dando spazio alla preoccupazione del “nutrimento interiore” cioè di una esperienza spirituale.
Continua il 23 Luglio.