L'inverno è arrivato nell'emisfero Nord e normalmente ciò significherebbe una calotta artica in fase di estensione. Invece, negli ultimi mesi stanno arrivando notizie allarmanti riguardo a una presenza di ghiacci davvero minimale nel Mar Glaciale Artico. Diverse fonti stanno documentando questo fenomeno portando dati che indicano temperature anormalmente elevate e un oceano più caldo del normale che impediscono ai ghiacci di formarsi.
L'ultimo allarme è stato lanciato dal National Snow and Ice Data Center (NSIDC) all'Università del Colorado a Boulder. Riassumendo la situazione, il direttore del centro Mark Serreze ha parlato di un triplo colpo inferto all'Artico: un oceano caldo, un'atmosfera calda e uno schema di venti che lavorano assieme contro i ghiacci nell'area. Il risultato è che nel novembre 2016 i ghiacci artici hanno fatto registrare un record minimo per quel periodo.
L'estensione media dei ghiacci sul mare Artico è stata misurata in poco più di 9 milioni di chilometri quadrati nel corso del mese di novembre 2016. Si tratta di quasi 2 milioni di chilometri quadrati sotto la media per quel mese misurato tra il 1981 e il 2010. La crescita del ghiaccio è stata leggermente maggiore della media ma l'estensione globale ha avuto un calo per qualche giorno a metà mese. Quel caso è stato di circa 50.000 chilometri quadrati ed è stato osservato soprattutto nel Mare di Barents.
Un precedente c'è stato solo nel 2013, quando c'è stato un calo nell'estensione dei ghiacci dell'Artico di circa 14.000 chilometri quadrati nel corso del mese di novembre. Tuttavia, da 38 anni, cioè da quando vengono effettuate registrazioni di dati ambientali usando i satelliti, il novembre 2016 è stato il settimo mese di quest'anno in cui è stato segnato un record per la minima estensione dei ghiacci dell'Artico.
Quest'anno le temperature sul Mar Glaciale Artico sono state più elevate del normale sia nell'aria che nell'acqua. Quella dell'aria lo è stata fino a 10° Celsius sopra la media tra il 1981 e il 2010 per il mese di novembre. Quella dell'acqua nel Mare di Barents, quindi al largo delle coste di Norvegia e Russia, e nel Mare di Kara, al largo della Siberia, sono risultate fino a 4° Celsius sopra la media in aree come quella degli arcipelaghi della Novaja Zemlja e delle Svalbard che ha impedito la formazione dei ghiacci.
Tipicamente, in quelle aree il ghiaccio comincia a formarsi nei fiordi all'inizio di novembre ma quest'anno ciò non è avvenuto fino alla fine del mese. Le temperature hanno rispecchiato uno schema di venti arrivati dal sud, i quali hanno anche aiutato a spingere i ghiacci verso nord con la conseguenza di ridurre in vari modi la loro estensione globale.
Il NSIDC è supportato anche dalla NASA, che collabora alla gestione dei satelliti che effettuano le rilevazioni ma anche all'elaborazione dei dati. Walt Meier, un ricercatore specializzato nei ghiacci marini del Goddard Space Flight Center della NASA ha spiegato che il vecchio ghiaccio nel Mar Glaciale Artico si sta indebolendo.
Nel passato, i ghiacci che duravano per anni costituivano il grosso dei ghiacci artici ma ce ne sono sempre meno e quelli rimanenti sono sempre più frammentati e più sottili. Ciò rende la calotta artica che una volta era ben consolidata più vulnerabile. Secondo le stime, negli anni '80 il 20% della calotta che copriva l'Artico era costituita da ghiacci che duravano per anni, ora si stima che sia solo il 3%.
Walt Meier ha aggiunto che il ghiaccio vecchio costituiva una sorta di polizza assicurativa per la calotta artica. La sua progressiva scomparsa rende la possibilità che d'estate si arrivi a un certo punto ad avere il Mar Glaciale Artico privo di ghiaccio sempre maggiore con le conseguenze dei casi sui livelli dei mari in tutto il mondo, anche considerando che la situazione in Antartide non è più rassicurante.
Negli ultimi anni la raccolta di dati ambientali è migliorata grazie a satelliti sempre più perfezionati. Ora però negli USA ci sono dubbi sul futuro delle scienze ambientali dopo l'elezione di Donald Trump, che sembra decisamente più orientato a favorire i combustibili fossili a danno delle energie rinnovabili. È un atteggiamento pericoloso perché fra qualche anno i soldi che qualcuno guadagnerà potrebbero non essere sufficienti a sanare la situazione ambientale che si sta creando.