Nel mondo antico i medici al servizio di tiranni, re e imperatori ebbero come loro principale occupazione la salvaguardia della salute del "datore di lavoro" e della sua famiglia. Essi erano chiamati a intervenire con terapie quanto più efficaci sia contro le malattie che aggredivano l’organismo, sia contro i veleni che i nemici potevano in vario modo somministrare. Molti medici perciò elaborarono specifici antidoti atti a preservare il loro padrone da malattie e veleni, ricorrendo in moltissimi casi a ingredienti preziosi e rari in grado di assicurare al farmaco indubbia efficacia.
Se molti medici legarono la loro fama alla validità delle terapie somministrate ai loro signori – Democede di Crotone curò efficacemente il re persiano Dario e sua moglie Atossa; Filippo di Acarnania guarì Alessandro Magno; Antonio Musa risanò Augusto – al contrario non mancò chi, pur nel ruolo prestigioso di medico di corte, divenne il nemico più grande e inatteso del proprio signore. Emblematico in questo senso è il caso di Stertinio Senofonte, che fu tra i medici più famosi e ricchi del I secolo d.C.
Divenuto medico personale dell’imperatore Claudio (37-54 d.C.), Stertinio Senofonte non mancò di lasciarsi corrompere dalla moglie di questi, la perfida Agrippina. Intenzionata a sbarazzarsi del consorte per portare al trono il giovanissimo Nerone e prendere le redini dell’impero muovendosi dietro l’inesperto figlio, Agrippina escogitò un diabolico piano. Priva di scrupoli, – narra lo storico Tacito (I-II secolo d.C.) – si procurò il veleno da una donna di nome Locusta, esperta nel settore, quindi ordinò a uno degli eunuchi di corte di mescolarlo a una minestra a base di funghi che l’imperatore avrebbe consumato di lì a poco. Ignaro del tranello, Claudio consumò il pasto che, provocandogli una violenta diarrea, rese inefficace il veleno. Fallito il suo piano, Agrippina non si scoraggiò e decise di ricorrere ai servigi di Stertinio Senofonte rendendolo suo complice. Nel suo ruolo di medico di corte, Stertinio si avvicinò a Claudio per visitarlo e lo esortò ad aprire la bocca. Tirò fuori allora una penna intrisa di veleno e con questa gli punse la lingua. La morte dell’imperatore fu istantanea.
Tratto da: G. Squillace, I balsami di Afrodite. Medici, malattie e farmaci nel mondo antico, San Sepolcro, Aboca Museum, 2015