Marrakech è la città dei sette patroni e dei Quattro colori: il blu del cielo, l’ocra delle mura, il verde delle palme e il bianco della neve sulla vicina catena montuosa dell’Atlante. Fu fondata, secondo alcune stime, nel 454 hejira (1062-1063). La scelta del sito viene attribuita a Abu Baker, mentre i più sono d’accordo nell’affermare che la posa delle fondamenta e la sua costruzione siano da riconoscere a Youssef Ibn Tachfin, primo re della dinastia Almoravide. Durante il regno dei figli di Youssef Ibn Tachfin, più aperti alle attrattive dell’Andalusia musulmana, Marrakech sbocciò non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale e spirituale. Arrivò a poter competere con Granada, Cordoba e Sevilla. Per procurare acqua alla città venne costruito un sistema di acquedotti ben organizzato. Le rovine di questi acquedotti sono ancora oggi visibili. Architetti, artigiani nonché artisti provenienti dall’Andalusia musulmana, costruirono moschee, palazzi, “medersas” (università islamiche) ed altri edifici pubblici, come le mura che si estendevano per nove miglia attorno alla città a difesa dei suoi abitanti. Delle 15 porte originali, cinque rimangono ad oggi in uso: Bab Dabbaghin, Bab El Khmis, Bab Taghazouzt, Bab Doukkala e Bab Aghmat.
Tre grandi filosofi di spicco maturarono sotto la dinastia Almoravide: il mistico Abou Bakr, Ibn Bajja (Avenpace), Iyad Ibn Moussa, uno dei sette patroni della città, e Abou Marwan Abdel Malik Ibn Zohra (Avenzohar), il famoso filosofo medico a cui venne dedicato il nome dell’ospedale situato nei pressi dell’hotel La Mamounia. La nascita di Marrakech fu segnata indelebilmente dagli Almoravides, il cui contributo al commercio, come alle arti, fu inferiore solo alle loro imprese in architettura. Né le vicissitudini della storia né le successive dinastie furono in grado di fermare l’evolversi dell’influenza della città. Nel 1147, gli Almohades conquistarono Marrakech dopo un assedio di nove mesi. Ciononostante, venne presa la prima di molte decisioni importanti: la proclamazione di Abdelmoumen, principe dei credenti, che avrebbe messo fine alla “sovranità sull’oriente del califfato di Abbaside”. Dopo il suo ingresso trionfale a Marrakech, Abdelmoumen proseguì con la conquista dell’Andalusia, diffondendo rigorosamente l’Islam nei paesi più lontani, e a sua volta costruì moschee e palazzi, contribuendo quindi alla diffusione dello stile architettonico andaluso. Marrakech divenne, per la seconda volta, capitale di un impero che la nuova dinastia avrebbe ricostruito, nonché portato all’espansione.
Tra i monumenti lasciati da Abdelmoumen troviamo la Koutoubia, costruita nel 1158 e considerata una delle più grandi moschee dell’Africa: domina la città arrivando all’altezza di settantasette metri, è in grado di accogliere 25.000 fedeli ed è in uso ancora oggi. Il suo nome deriva dal termine arabo Koutoub, “libri”, perché il quartiere in cui si situa era una volta sede di numerose librerie. Inoltre, ad Abdelmoumen si devono i laghetti di Agdal e Menara, per non parlare degli innumerevoli giardini che sono divenuti in seguito “un’eredità culturale ed ecologica dal valore incalcolabile”. Alla morte di Abdelmoumen, suo figlio Abu Yaqûb, profondamente impregnato dell’atmosfera culturale di Siviglia, governò per sei anni. Forte e colto, governò l’impero con saggezza, assicurandone la prosperità. Sotto la dinastia degli Almohades, l’arte e l’architettura marocchine cominciarono a sviluppare una propria impronta distinta all’interno del mondo islamico. Ci furono grandi costruttori, come testimoniano la Giralda di Siviglia, la Koutoubia a Marrakech e la vicina moschea di Tinmel. Sotto gli Almohades, la città crebbe fino a divenire una controparte delle altre grandi metropoli orientali. Estesa su di un superficie di 600 ettari, si divideva in due zone distinte, la città imperiale e la medina.
L’eclissi di questa grande era avvenne nel 1296 quando i primi invasori Merenidi arrivarono a Marrakech dalla loro città di Fez. Quando presero il posto degli Almohades, spostarono immediatamente il potere politico a Fez dove fondarono Fez Jdid, futura sede del governo. In questo periodo, Marrakech perse il suo ruolo di capitale imperiale. Ci furono diversi moti di ribellione che vennero schiacciati e lasciarono la città spopolata e in rovina. Fu l’inizio della fine. Marrakech rimase strategicamente e commercialmente importante, ma cedette il proprio ruolo di centro intellettuale a Fez. Solo con il sopraggiungere della dinastia Saadian Marrakech tornò a prosperare.
I Saadian erano cherif, termine utilizzato per indicare i discendenti del Profeta. Originari della valle di Dra, la loro migrazione verso nord salvò Marrakech dalla rovina. Nel 1591, Ahmed EL Mansour riportò il paese all’ordine e fece partire una spedizione che arrivò a sud fino a Timbuktu ed alla valle del fiume Niger. Egli tornò con immensi tesori e venne soprannominato “EL Mansour Dahbi”, “il vincente, il dorato”. Nei suoi 25 anni di regno (1578-1603), l’impero Cherif riconquistò tutta la vitalità di un tempo. A questo periodo siamo debitori di due delle più magnifiche imprese d’architettura marocchina: la Ben Youssef di Medersa (1570) e il palazzo El Badi. La scrittura koufi alla Medersa Ben Youssef è uno degli esempi più straordinari del suo genere nella storia dell’arte arabo-musulmana. Il palazzo Badi è un vero capolavoro, costruito con i più raffinati materiali provenienti dall’Italia, dall’Irlanda e persino dall’India. Il sovrano ordinò la costruzione della moschea di Bab Doukkala e di un mausoleo, sotto le cupole del quale re, regine e principi della dinastia Saadia si sarebbero riuniti. Molte biblioteche, compresa la biblioteca di palazzo, erano ricolme di opere inestimabili.
Nonostante Marrakech non raggiunse mai, sotto il governo Saadia, la rilevanza politica che aveva acquisito con gli Almohades, comunque prosperò e la sua brillantezza culturale e intellettuale illuminò tutto il Nord Africa. Con il declino di questa dinastia però, Marrakech si trovò ancora una volta in declino. Non per questo la città perse il suo grandeur, anzi, Marrakech si confrontò con la propria identità di città a pieno diritto. Nel XVIII secolo, l’impero Saadia passò sotto il controllo degli Alaouites, originari del Tafilalet. Il re Alaouite, Moulay El Rachid, si insediò per un breve periodo a Marrakech, ma con il tempo spostò il trono a Fez. I suoi discendenti scelsero successivamente Rabat e Meknes e solo molto più avanti Marrakech fu riportata al ruolo di capitale del regno, sotto il governo di Sidi Mohamed Ben Abdellah (1757-1790). Attraversato un nuovo breve periodo di eclissi, la città recuperò popolarità sotto il regno di Moulay Abdel Aziz (1894-1908), a cui si deve la costruzione del sontuoso palazzo Bahia, che venne completato un anno dopo la sua morte. Fece anche costruire Dar Si Said, ora sede del Museo di Arti Tradizionali. Sotto il governo del giovane e inesperto Moulay Abdel Aziz, così come sotto il governo di Moulay Hafidh, il Marocco si trovò a fare i conti con problemi in tutto il regno. Molti problemi e crisi, sia interni che esterni, accelerarono l'avvento del protettorato: la conquista del Marocco fu lunga e venne portata a compimento nel 1934. Sia i francesi che gli spagnoli pagarono un caro prezzo, in termini economici quanto umani, ma un prezzo ancora più alto fu pagato dal popolo marocchino, la cui terra fu devastata.
Sotto il protettorato francese, Marrakech acquisì un nuovo status internazionale. Certo, se si prendessero in considerazione la fitta corrispondenza scambiata tra le ambasciate marocchine e straniere, nonché le frequenti visite di mercanti e rappresentanti di compagnie occidentali, si potrebbe dire che questo status internazionale fosse già in essere. Il fascino travolgente della città sedusse artisti, scrittori, musicisti, cineasti, fotografi e non solo politici e uomini d’affari. Tre anni dopo il suo ritorno trionfale al trono e la dichiarazione d’indipendenza del Marocco, il re Mohammed V incoraggiò l’istituzione di un “Festival Nazionale delle Arti Tradizionali” a Marrakech. Un evento che doveva riflettere e mettere in luce la varietà di espressioni proprie alla cultura marocchina a seconda delle differenti regioni geografiche d’origine. Il precedente monarca, Hassan II, padre di Mohammed VI, l’attuale re, aveva compreso l’importanza di preservare le varie forme artistiche del Marocco e mise in pratica questa intuizione non solo costruendo nuovi monumenti in tutto il paese, come la moschea Hassan II a Casablanca, ma anche trasformando questa vocazione in una nuova filosofia che combinasse etica ed estetica.
Monumenti e siti di rilevanza storica
Jemaa El-Fna (XI secolo)
Almoravide Quobba (XII secolo)
I giardini Agdal (XII secolo)
I giardini di Ménara (XII secolo)
La moschea di Koutoubia (XII secolo)
La moschea di Mouassine (XII secolo) e la sua fontana (XVI secolo)
La moschea dei “Pommes d’Or” (XII secolo)
Il palazzo di El Badi (XVI secolo)
La medersa di Ben Youssef (XVI secolo)
Le tombe di Saadien (XVI secolo)
La Fontana Chrob ou chouf (inaugurata nel XVII secolo)
Il museo di Marrakech (XIX secolo)
Il museo di Dar Si Saïd (XIX secolo)
Il palazzo Bahia (XIX secolo)
I giardini Majorelle (XX secolo)
Il museo Bert Flint o Tiskwin house (XX secolo)
Il museo di arti islamiche di Marrakech (XX secolo)
I souk di Marrakech
In collaborazione con Hotel La Mamounia: www.lhw.com/LaMamounia