Sabato 12 dicembre, dalle ore 16.30, la galleria Colossi Arte Contemporanea inaugura la mostra dedicata all'artista Elena Monzo dal titolo Carosello, a cura di Rebecca Delmenico. Il titolo è emblematico di ciò che la mostra vuole essere: una metaforica sintesi dell'evoluzione e dell'arricchimento della poetica dell'artista. Il “carosello” è una giostra girevole il cui movimento circolare continuo rappresenta il moto ciclico perpetuo dell'esistenza umana, in un susseguirsi di ricorrenze e mutazioni periodiche, una ripetizione fondamentale per la creazione. Ogni viaggio compiuto dall'artista rappresenta un giro di giostra che ad ogni fermata la vede tornare alle sue radici, rielaborare quanto assorbito per ripartire nuovamente, a ciclo continuo.
Dopo diversi anni di presenza nel panorama artistico contemporaneo a livello internazionale e quindici anni di attività, questa mostra vuole rappresentare il culmine della maturazione del percorso dell'artista che guarda alla sua opera con uno sguardo più maturo e consapevole. Ne nasce, appunto, una “giostra” estremamente mutevole e variegata, dove avviene una continua riproposizione di figure in evoluzione, un caleidoscopio di simboli ricorrenti, contraddizioni, forme dalla provenienza cosmopolita che si ripresentano, come in un loop, nel continuo svilupparsi degli input e delle suggestioni scaturite dalle varie esperienze vissute dall'artista, come come la recidency d’artista Ichiuroko a Kurashiki, in Giappone, nel 2013, e quelle presso lo Swatch Art Peace Hotel di Shanghai, in Cina e l’Art Résidence Alia di Ain Zhalta, Beirut, in Libano, nel 2014.
Il prossimo viaggio porterà Elena Monzo in India, la meta sempre sognata. Le sue donne contorsioniste, acrobate, sono definite da una linea sfrangiata e tormentata, emanano una sensualità istintiva che si espone maliziosamente allo sguardo del pubblico. Le protagoniste delle opere sono ricoperte da uno scintillante patchwork composto da un'incredibile varietà di strati di vari materiali, glitter multicolor, stickers, tratti di inchiostro, ornamenti, lembi di tessuto, nastri adesivi, carte ad effetto psichedelico e scotch a specchio che l'artista ha gelosamente conservato dai suoi viaggi e assemblato in un miscuglio vivace, magico e sensuale. Elena Monzo amalgama le cromie iridescenti di lembi di tessuti e carte colorate con la tecnica del collage oppure le accosta a duri tratti di colore dark in un insieme caotico e visionario, un caos frenetico che riproduce le fascinazioni della modernità. L'America, Cuba, il Giappone, la Cina e il Libano hanno donato all'artista un fascinoso bagaglio iconografico al quale attingere. Dall'ipertrofia di un consumismo fatto di un proliferare di immagini artificiali, dominato dagli idoli e dai richiami golosi creati dai mass-media, colti durante i viaggi che l'hanno portata da New York alla California, alla Florida, per arrivare al misticismo e al miscuglio animistico di antichi retaggi africani e spagnoli, riti precolombiani e globalizzazione della cultura del Messico e di Cuba, dove le radici cristiano-cattoliche si fodono alle credenze popolari.
Nel moto perpetuo del carosello si passa, poi, dalla maschera cosmopolita e viziosa, fake/occidentale della Cina contemporanea, dove tradizioni millenarie convivono con il caos delle metropoli, che sembra vibrare nei mascheroni di dragoni rossi, nei calzari da geisha delle sue ballerine, teatranti, ginnaste, drag queen o transgender in cerca di una identità, al Libano, dove la Monzo ha assorbito la tensione tra diverse tradizioni, Israele da un lato, Islam dall'altro. Questo incontro-scontro è tradotto nella trama intricata dell'arabesco, stile ornamentale classico di matrice islamica, metafora di questo complesso reticolo di interscambio tra culture diverse, per arrivare, passando attraverso i suoi viaggi, alla meticolosità e all'armonia delle tecniche decorative giapponesi, alla tradizione millenaria della seta orientale che vibra nella preziosità cangiante delle delicate trame dei tessuti che poi la Monzo inserisce nelle sue scintillanti composizioni. È attraverso il contatto con la cultura orientale, forse, che l'artista arriva a fare della carta, simbolo di assoluta purezza nella religiosità Zen, il suo materiale d'elezione per il candore che emana, in grado di bilanciare i forti contrasti che animano il dinamismo interno delle sue opere: bianco/nero, vuoto/pieno, apparire/essere.
I suoi lavori vivono di contraddizioni, sulle quali l'artista ama giocare con lucida follia creando una trama che avvolge le sue protagoniste sempre in bilico tra follie, allucinazioni e colori fluo, alla ricerca di un equilibrio precario, forse inesistente. Sotto uno scintillante “make-up”, un collage di elementi eterogenei, un fil-rouge che attraversa tutta la produzione della Monzo, si cela uno spazio bidimensionale, di piatta normalità dove vige la raffigurazione di “frame” colti dalla vita quotidiana e le figure sono definite da un segno netto che ricorda l'incisione. La Monzo supera questa dimensione rivestendo di una patina sfavillante i suoi personaggi per ricreare la vertigine dell'artificio decorativo, dove le chiavi emotive si condensano nella ricchezza di stoffe, accessori, oggetti, abiti di ispirazione contemporanea, alla ricerca costante del bello e del sublime. Come rappresentazione delle tendenze eterogenee della modernità l'opera assume valore simbolico, quasi totemico, del mondo attuale e punta a farsi adorare come un idolo all'interno del suo involucro eccitante, stimolante e colorato, nel quale l'artista ritrova tutte le raffigurazioni di se stessa, tramutate in un “carosello” di simboli che si ripetono.