La strada fino a Merzouga, la porta del deserto, è lunga e desolata, ma con scenari davvero interessanti. Una cosa che non mi spiego è come fanno i Marocchini a essere ovunque, nel senso che ogni tanto ci fermavamo per fare una foto o scambiarci alla guida, solitamente in mezzo al nulla, con giusto qualche piccola duna qua e là, e magicamente spuntava sempre qualcuno cercando di venderci qualcosa. Ci si chiede come facciano a sapere che ti fermerai lì, visto che non c’è nulla intorno; ancora me lo chiedo.
Arrivati a Merzouga, il tipo con cui avevamo prenotato la cammellata nel deserto ci ha detto che non potevamo partire perché avrebbe piovuto.
La pioggia nel deserto non ce l’aspettavamo, ma incredibilmente fu proprio così. Trovato qualcun altro che ci portava, siamo partiti. Siamo arrivati dopo due ore di cammello all’oasi dove c’era l’accampamento berbero che ci avrebbe ospitato. Il fatto che avesse piovuto non era un problema, sennonché la tenda è fatta di coperte confezionate con peli di cammello e capra e quindi essendosi bagnate, erano piuttosto puzzolenti. Un mio amico durante la serata ha fatto una battuta parlando del leone del deserto, non stavo ascoltando la conversazione, ma mi rimasero impresse solo le parole “il leone del deserto”. Durante la notte, accanto alla mia tenda a un tratto sentii un orrendo rumore che mi fece saltare dal tappeto sul quale dormivo. Non avevo mai sentito questo rumore prima d’ora e così rimasi silenziosa tutto il resto della notte pensando che fosse “il leone del deserto”. In realtà era un cammello che aveva deciso di dormire accanto alla nostra tenda che si era semplicemente svegliato.
Il giorno seguente, dopo altre quattro ore di cammello in pieno deserto verso l’Algeria, siamo arrivati ad un accampamento Tuareg. I Tuareg non vivono in oasi, bensì in prossimità di pozzi, dove c’è un po’ di vegetazione per gli animali da brucare ma dove non ci sono assolutamente alberi o palme. Anche i Tuareg dormono in tende ma alcuni costruiscono delle casupole di fango e paglia. A differenza dei berberi che vivono tutti vicino, i Tuareg stanno per conto loro, magari altre famiglie si trovano nei paraggi ma mai una accanto alle altre. Essendo nomadi si spostano secondo le loro esigenze, portando con sé asini e cammelli. La loro particolarità è che non è difficile trovare tra loro persone con pelle e capelli chiari e occhi azzurri, considerando che si trovano nel deserto è un interessante contrasto con le altre etnie locali.
Tranne funesti suoni provenienti da cammelli, nel deserto c’è un silenzio meraviglioso e per me che sono un’amante dell’astronomia guardare quel cielo è stato davvero speciale, è difficile trovare il buio totale.
Ho profondamente amato il mio cammello per avermi sopportata e portata a spasso, adoro i loro piedi che si allargano a contatto con il suolo, e il loro modo di mettersi giù per far salire le persone, sono davvero degli animali docili e calmi, l’esperienza nel deserto è stata davvero fantastica, la consiglio vivamente!
Il viaggio continua a Parigi il 19 settembre.