La Galleria Franco Noero ospita Sam Falls con un progetto espositivo della durata di un anno che si inserisce nell’ambito del programma In Residence realizzato nel project space della galleria. L’artista presenta un’installazione composta di un’opera sonora e dodici lavori su tessuto incorniciati, uno per ogni mese dell’anno. I quattro concerti della composizione musicale Le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi sono stati rielaborati dall’artista in modo da aumentarne la durata fino a tre mesi ognuno, come se fossero stagioni reali.
Di seguito un estratto dall’intervista con Nicolas Trembley dal libro “Sam Falls, Four Seasons Forever”, edito da Flash Art Books, in occasione della mostra.
Come hai avuto l’idea di lavorare a questo progetto? Qual è stato il punto di partenza?
Stavo già lavorando all’aperto a una serie di opere su stoffa in cui restavano impressi i segni lasciati dall’esposizione al sole per un periodo lungo, è così che ho avuto l’idea; ho poggiato alcuni oggetti su tessuti che ritenevo consoni rispetto a quanto volevo realizzare, oggetti che si riferivano al luogo in cui i lavori venivano prodotti, per il tempo che era necessario – di solito tra gli otto mesi e un anno – in modo che si creasse l’impronta dell’oggetto e intorno ad essa restasse la parte scolorita dal sole; sono essenzialmente fotogrammi che si imprimono naturalmente data la lunga esposizione al sole. Un altro buon esempio è questo: quando vivevo a Highland Park, a est di Los Angeles, ho raccolto gli pneumatici abbandonati nelle strade della zona, appoggiandoli poi su tessuti di poliestere già tinti, un substrato sintetico che fosse materialmente congruo con la gomma degli pneumatici. Più di recente mi sono trasferito a Topanga Canyon, un posto in cui la natura è più presente e dove c’era una strada sterrata, dove i nostri vicini ci hanno detto di avere una collezione di dischi di cui volevano disfarsi. Ho preso tre scatole con un centinaio dischi, e ho scelto tra quelli le sinfonie che avessero più a che fare con la natura, ‘Le Quattro Stagioni’ di Vivaldi sono l’esempio migliore, e le ho usate come soggetto ispiratore. Ho tolto i vinili dalle copertine e ho poggiato sia gli uni sia gli altri sulle stoffe.
Ho cercato di accostarmi il più possibile al colore predominante delle copertine per le tinte delle stoffe che ho scelto. Allo stesso tempo ho pensato a un lavoro sonoro già con l’idea che sarebbe stata un’opera molto teatrale, perciò ho cercato dei tessuti luccicanti e ho immaginato che l’installazione dovesse avvenire in una stanza quasi buia, come quella di una sala da concerti in cui si esegue una sinfonia, e che i lavori su stoffa fossero illuminati da coni di luce. Le cornici le ho immaginate di foglia d’argento, in modo che il luccichio dei tessuti e le cornici riflettessero la luce come le corde e il metallo degli strumenti di un’orchestra.
Devo dire che i dischi e le copertine sono ideali per il mio lavoro vista la purezza delle forme del cerchio e del quadrato, fanno riferimento all’astrazione e alla geometria nel contesto dell’arte e della sua storia, sono immediatamente riconoscibili all’interno della cultura occidentale e hanno una qualità lessicale assolutamente rappresentativa che si riferisce al quotidiano. Allo stesso modo degli pneumatici, dei listelli standard di legno o delle griglie da giardino, tutte cose che ho già usato in passato.
Torniamo al progetto, qual è il suo titolo?
Non c’è un titolo che riassuma tutto il progetto, nonostante ciascun lavoro realizzato con i tessuti prenda nome dalla composizione musicale e dai dischi usati per creare l’immagine definitiva sulla stoffa. Il lavoro sonoro ‘Le Quattro Stagioni’ di Vivaldi, rallentato in modo da coprire il tempo di un intero anno e in maniera che ciascuno dei movimenti duri esattamente il tempo della stagione cui si riferisce, si chiamerà ‘Senza Titolo (‘Le Quattro Stagioni’ di Vivaldi per quattro stagioni)’.
Che cosa ascolteremo e vedremo quindi?
I dodici lavori su tessuto, con le cornici in foglia d’argento, saranno distribuiti a distanze uguali l’uno dall’altro nella stanza, illuminati da faretti, e la musica sarà suonata da un impianto stereo nello stesso luogo per un anno. Ho scelto di farla durare un anno sia per analogia con il tempo che è stato necessario per realizzare i lavori all’aperto sotto il sole, in modo da creare l’immagine sulla stoffa, sia perché le stagioni si susseguono una sola volta nel corso di un anno. La musica di Vivaldi è stata rallentata tanto da passare da poco più di quaranta minuti di durata a 365 giorni. La velocità è stata alterata ugualmente dal momento che le stagioni contano ognuna un numero differente di giorni, ciascuno dei movimenti viene eseguito durante la sua stagione di riferimento, tanto quanto le opere su tessuto sono state esposte al sole nelle stesse stagioni in cui avveniva la loro realizzazione. Sono quattro stagioni nella loro interezza. E ci sono quattro concerti: Primavera, Estate, Autunno e Inverno, ognuno suonato nell’ordine delle stagioni, come fossero eseguiti in una sala da concerto, ma con una durata estremamente amplificata e allungata.
In mostra ci sono dodici opere su tessuto, ma solo per una di esse ho usato il vinile e la copertina del disco de ‘Le Quattro Stagioni’ di Vivaldi, le altre sono state fatte con dischi di sinfonie e concerti di diversi compositori, specificati nel titolo. Sarà la musica di Vivaldi però ad accompagnare il tutto.
E’ un’installazione di fotogrammi? Ti interessano le tematiche legate ai mezzi riproduttivi, e perché?
Sono tessuti sbiaditi da sole, non fotogrammi. Sono interessato alle tematiche che riguardano i mezzi di riproduzione o di rappresentazione, riflettono una larga parte del mio lavoro, ma non trovo assolutamente necessario che i miei lavori vegano qualificati solo da questo. Questo discorso pone una questione interessante dal punto di vista della specificità dei mezzi usati e del processo di realizzazione, ma di nuovo non sono solo queste le caratteristiche che qualificano e definiscono la struttura del mio lavoro. Ritengo l’argomento interessante perché mette in discussione una sfera a volte tangenziale se non addirittura sterile che riguarda l’utilizzo di determinati mezzi all’interno del discorso artistico. Mi interessa molto di più l’arte di per sé e i concetti di discussione/assimilazione ad essa inerenti. Trovo comunque entusiasmante far convergere mezzi differenti con il risultato di produrre arte senza doverla classificare da un punto di vista del mezzo usato per la sua realizzazione. Cosa ne pensi delle tecniche che ho utilizzato?
Mi sembra tu abbia lavorato particolarmente sulla parte sonora della tua mostra, puoi dirmi di più riguardo alla costruzione dei suoni?
Rispetto a quanto già detto, il suono è stato dapprima trasferito dalla registrazione su vinile ad una su bobina, poi da lì trasformato in digitale. Una volta rallentato è stato aggiustato nei toni, dal momento che il rallentamento causa il loro cambiamento, poi il suono è stato separato secondo per secondo in files che girano su un programma che altera costantemente la velocità frazionandola in accordo con ciascuna delle stagioni. Questo perché la lunghezza delle stagioni varia poco a poco ogni anno, e per far in modo che il suono si adeguasse in maniera esatta ai cambiamenti nel corso degli anni a venire, abbiamo lavorato a un programma che restituisse la giustezza dei tempi in accordo con il cambio delle stagioni sulla Terra. ‘Le Quattro Stagioni’ dureranno perciò un anno intero, ma la lunghezza di ogni singolo movimento varierà di anno in anno.
Nicolas Trembley, “Sam Falls, Four Seasons Forever” (Flash Art Books, 2015)
Sam Falls (San Diego, USA, 1984) vive e lavora a Los Angeles. Il suo lavoro è stato oggetto di esposizioni personali presso Istituzioni pubbliche e private quali Ballroom Marfa, Texas (2015), Fondazione Giuliani, Roma (2015), Zabludowicz Collection, Londra e Sarvisalo, Finlandia (2014), Public Art Fund, Metrotech, New York (2014), Galerie Eva Presenhuber, Zurich (2014), Hannah Hoffman Gallery (2014), and LA><ART, Los Angeles (2013). Ha inoltre partecipato a mostre collettive in Istituzioni quali Hammer Museum, Los Angeles (2015), Madre, Napoli (2014) e International Center of Photography, New York (2013).