La Galleria Franco Noero è felice di annunciare l’apertura di Corpus Delicti and Other Lines, prima personale di Jac Leirner in Italia. La mostra, ospitata nella sede di Piazza Carignano, raccoglie una generosa serie di opere che pongono l’accento su alcuni dei temi più cari all’artista e sulla sua ricerca attuale, un dialogo serrato tra lavori pensati per l’occasione o realizzati recentemente.
Già dagli inizi degli anni Novanta l’opera dell’artista brasiliana ha assunto respiro internazionale con le partecipazioni alla Biennale di Venezia (1990 e 1997) e documenta IX a Kassel (1992), una ricerca e una visione, le sue, già al tempo delineatesi in temi che tutt’oggi offrono spunti di ricerca e tracciano prospettive inedite, come nel caso della serie Corpus Delicti citata nel titolo di questa personale.
I ‘corpi del reato’ sono oggetti, o più correttamente categorie di oggetti, letteralmente trafugati nel corso di viaggi aerei compiuti negli anni dall’artista: dichiarare con evidenza la loro provenienza non completamente lecita equivale a sabotare la logica e la funzionalità di un sistema, esprime la volontà di rompere una convenzione, aspetti tra i più tipici e peculiari del lavoro dell’artista.
Oggetti di metallo come forchette, coltelli e cucchiai, oppure stoffe colorate come coperte, mascherine per gli occhi, calze, buste, posacenere e vassoi di plastica, bicchieri di vetro, etichette di carta per bagagli, costituiscono una teoria di insiemi di cose che, una volta private delle loro qualità funzionali e fuori dal loro ordine precostituito, rivelano un mondo di opportunità dato da loro caratteristiche non immediatamente percepite. Esse rappresentano quell’infinità di mondo materiale già esistente a cui l’artista attinge costantemente per costruire le sue opere, diventando gli strumenti di un linguaggio visivo che si costituisce come sistema metaforico parallelo, ugualmente valido e credibile rispetto al precedente perché basato sul suo sovvertimento.
Nella stanza principale della Galleria gli oggetti raccolti in un’installazione corale, non solo di piccola dimensione e non più solamente rubati sugli aerei ma anche recuperati, come nel caso dei carrelli per il cibo divisi in piani all’interno, esprimono caratteristiche spazio temporali del tutto nuove una volta affrancati dal loro ripetitivo ciclo usa e getta, reclamando un’attenzione normalmente a loro non concessa e sollecitando una serie di associazioni e di legami non precedentemente rivelati.
L’opera di Jac Leirner si esprime spesso tramite processi di raccolta e di ordine: accumulazione di oggetti e osservazione profonda e acuta delle loro caratteristiche, interruzione del corso del loro consumo, conseguente rielaborazione e traduzione in qualità visive che esprimano in maniera il più possibile senza mediazioni colore, materialità e presenza nello spazio, spesso mimando le caratteristiche precipue degli oggetti stessi e usandoli come paragone proporzionale di misura, come nel caso delle composizioni costituite da progressioni di righelli o di livelle, o ancora di cartine per sigarette ordinate in millimetriche griglie.
Una volta costruito un sistema espressivo che sfrutti la geometria semplice e che lasci individuare in maniera immediata e univoca la qualità degli oggetti, è possibile per Leirner suggerire narrative e associazioni che si sovrappongono alla minimalità oggettiva dei componenti.
All’ingresso della Galleria Silver Randy’s (regular size) decostruisce e ricostituisce in altra forma la reiterazione e la ritualità del gesto di rollare una sigaretta, alludendo istantaneamente alla ripetitività, alla diluizione temporale, al piacere e alla dipendenza, al bruciare e al veloce consumarsi delle sigarette colto nell’impalpabilità, nell’inconsistente monocromatica levità della carta che fluttua al passaggio dei visitatori.
Un interesse particolare è destato nell’artista da categorie di materiali di produzione industriale reperibili nei negozi di ferramenta: catene, moschettoni, ganci, cavi, tubi, rondelle, rotoli di nastro adesivo e altro sono un alfabeto da utilizzare per composizioni libere, tracciando linee nello spazio in cui gli elementi sono intrappolati ad intervalli irregolari, oppure compongono forme geometriche semplici, rigide o organicamente curve, a volte a muro, a volte a pavimento o intersecando i volumi delle stanze in cui compaiono.
Apprezzati per la loro facile reperibilità, per essere a portata di mano e immediatamente da tutti riconoscibili, questi materiali diventano il campo ideale su cui innestare differenti narrative, sfruttando ad esempio le dualità espresse dalla tensione opposta alla leggerezza di peso e gravità, l’associazione con il maschile e il femminile, la contundente aggressività opposta alla grazia, la morbidezza alla rigidità, la capacità di controbilanciare peso e misura.
Una oculata scelta di acquerelli su carta e di opere su tela focalizza l’attenzione sulla pura visibilità del colore, sulle sue caratteristiche di evanescenza e di compenetrazione cromatica, in una risoluzione che solo in apparenza si pone come lontana dalle questioni affrontate nelle opere tridimensionali, ma che invece rivelano lo stesso atteggiamento e perseguono gli stessi obiettivi, sovrapponendo all’apparente impersonalità geometrica e all’oggettività le più libere associazioni narrative legate ai valori umani di percezione ed esperienza.
Jac Leirner (San Paolo, 1961) vive e lavora a San Paolo. Tra le mostre istituzionali più recenti troviamo: ‘Institutional Ghost’, IMMA (Dublino, 2017); ‘Add it up’, The Fruitmarket Gallery (Edinburgh, 2017); ‘Borders are drawn by hand’, MoCA Shanghai (Shanghai, 2016); ‘Funciones de una variable’, Museo Tamayo (Città del Messico, 2014); ‘Pesos y Medidas’, CAAM (Las Palmas de Gran Canaria, 2014), ‘Hardware Silk’, Yale School of Art (New Haven, 2012); ‘Jac Leirner’, Estação Pinacoteca (San Paolo, 2011). Tra le mostre collettive ricordiamo le partecipazioni alle biennali di: Biennale di Sharjah (2015), Biennale di Istanbul (2011), Biennale di Venezia (1997; 1990), Kassel’s Documenta IX (1992), Biennale di San Paolo (1989 e 1983). Il suo lavoro fa parte di molte importanti collezioni in tutto il mondo, tra cui: Tate Modern (Londra), MoMA (New York), Guggenheim (New York), MOCA (Los Angeles), Carnegie Museum of Art (Pittsburgh), MAM (San Paolo), Pinacoteca do Estado de São Paulo (San Paolo), Museo Reina Sofía (Madrid).