Dal 23 aprile al 11 maggio 2015 la Galleria Arnaldo Pavesi ospita nel suo spazio a Milano – in via Guido d’Arezzo 17 - Iconoclastia, la nuova personale di Ettore Saccà, artista di origini toscane la cui ricerca si muove con successo da anni al confine tra Arte e Design.
Creativo e per sua stessa definizione “visionario della realtà”, Ettore Saccà dà vita a installazioni luminose, dove l’Idea si coniuga senza soluzione di continuità al fare artistico. L’attenta ricerca e la lavorazione dei materiali scelti costituiscono parte fondamentale di un processo artistico che stravolge e modifica la realtà, attraverso una profonda e originale analisi che indaga la relazione tra forma e contenuto, tra arte, progetto e realtà stessa.
L’abile capacità di lavorare i metalli ha portato l’artista negli anni a eleggerli materia prima dei suoi lavori. Installazioni, dalla forte valenza concettuale, composte per lo più da materiali di scarto a cui Ettore Saccà dà nuova vita conferendogli una nuova e non prevista funzione estetica. Alla manualità si accompagna una visione globale dell’arte che trova la sua massima manifestazione nella realizzazione di lavori, prevalentemente di grande formato, che rappresentano il perfetto connubio fra arte visiva e design. Giovedì 23 aprile 2015 alle ore 19.00 inaugura Iconoclastia, termine non a caso scelto per presentare le opere di un artista che, non solo ha fatto del design un’opera d’arte, ma dell’ironia il suo principale linguaggio.
Pungente, amaro, ma al contempo divertito, lo sguardo dissacrante di Ettore Saccà si sofferma critico sulla società occidentale contemporanea per rispondere con estrema efficacia alle sue contraddizioni. Quest’indole, che attraversa tutta la sua opera, è particolarmente evidente in una delle ultime opere realizzate e qui per la prima volta in mostra, Iconoclastoil. Il crollo del prezzo del petrolio che sta investendo e coinvolgendo le principali e più potenti compagnie petrolifere e il mercato globale ha dato luogo a una rivisitazione ironica, inedita e non comune di alcuni dei loghi sino ad oggi universalmente considerati simboli del potere occidentale. E così nella serie esposta, vediamo a mo’ di esempio, il cane dell’Eni costretto al guinzaglio o la popolare conchiglia della Shell mutarsi in posacenere.
Non meno concettuale la poetica di Teschio opera del 2014. Una struttura di ferro realizzata ad hoc è sormontata da un telaio in metallo che rappresenta un cranio dall’identità volutamente non dichiarata. Teschio - definito dall’artista etno-pop humanity portrait - rappresenta l’Umanità che nel momento della morte ritrova non solo un’uguaglianza sociale ma anche estetica qui sdrammatizzata grazie alla stesura di una trama di silicone colorato. L’immagine della morte perde così la sua drammaticità per assumere una forma vivace e ludica. Nella poesia A’ livella Totò definiva la morte l’unico aspetto veramente democratico in grado di riconsegnare a tutti, senza distinzione alcuna, uno stato egualitario.
"A morte 'o ssaje ched'è? ...è una livella.. appartenimmo a morte!"
L’opera ha dato avvio a un progetto ancora in fieri: una galleria di ritratti reali, di fantasia o di personaggi famosi ormai dimenticati. Il primo della serie è il celebre Ziggy Stardust, l’alter ego di David Bowie che ha cambiato irreversibilmente l’iconografia della cultura pop: The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, del 1972.
L’alieno androgino in cui si era lentamente trasformato Bowie rappresentava soprattutto un processo mentale “straordinario e drammatico al tempo stesso” racconta Bowie che prosegue, "Mi ero lentamente trasformato in Ziggy, l’uomo David viveva in balia del personaggio da palco. Per liberarmene, l’ho ucciso in concerto annunciando in pubblico la sua definitiva scomparsa". Ecco che la morte di Ziggy, necessaria al recupero della propria individualità, diviene grazie a Ettore Saccà un motivo di rinascita, liberazione e creazione successiva.
Ancora, tra le opere in mostra, Marilyn black and light, pannelli in lamiera di ferro microforata retroilluminati con led multicolor della celebre diva, icona dall’arte ormai sovra sfruttata, ma a cui Ettore guarda nell’impossibilità di trovare, nel panorama contemporaneo, modelli di uguale potenza visiva. La mostra prosegue presentando gli Scalatori. Un gruppo di omini retroilluminati risalgono la parete, evocando non solo la fatica dell’esistenza nel suo trascorrere quotidiano, ma soprattutto la forza e la soddisfazione nel raggiungimento dei propri obiettivi.
Cerniera, infine, un’istallazione che raffigura una gigantesca chiusura lampo composta da sagome di omini che si intrecciano fra loro. Affascinato dalla dicotomia uniti/divisi Saccà ha affrontato in quest’opera l’ambiguità delle relazioni interpersonali che si uniscono e dividono a seconda degli eventi. Tra la massa degli omini risalta la figura dalla testa rossa, il leader positivo o negativo, colui che ha la forza e il potere di decidere se chiudere o aprire questa cerniera di relazioni.