La galleria Colossi Arte Contemporanea inaugura la stagione espositiva autunnale dedicando un'importante mostra personale al toscano Agenore Fabbri (Barba, Quarrata (PT), 1911 – Savona, 1998).

Un'esposizione che intende soffermarsi sul periodo del Fabbri pittore degli anni '80, quando l'artista riscopre una dimensione astratta e idilliaca, dove domina un cromatismo brillante, reso ritmico dalle larghe pennellate che si accostano, affastellandosi in modo dinamico e vivace.

Nell'immediato dopoguerra (1947-1955), dopo essersi trasferito in una piccola manifattura di ceramiche ad Albisola nel 1935, Fabbri è stato il cantore degli oscuri presagi che pendevano sul destino dell'umanità, con una scultura dall'intensa drammaticità espressiva che raffigura donne, madri, animali martoriati dal tormento, come se l'artista fosse consapevole della ferita che l'esistenza incide nell'uomo; la tensione drammatica del periodo giovanile esprime bene la sensazione apocalittica di catastrofe imminente dovuta agli eventi storici che seguono al lancio della bomba su Hiroshima e Nagasaki e si trasferirà poi in un uso espressionistico della materia che caratterizza le opere bidimensionali del periodo informale (1954 -1963). Esse continuano ad indagare le profondità interiori, ma attraverso diverse soluzioni materiche, violenti interventi sulla materia; alla figurazione della scultura si sostituisce il puro dispiegamento dei materiali, sempre colti in stati caotici e segnati da asperità, deflagrazioni e corrosioni, molto vicini alla pittura nucleare e alla sua necessità di esplicare la forza evolutiva della materia. Il pericolo che la tensione della corsa agli armamenti nucleari tra l'Est e l'Ovest, due opposti schieramenti ideologici, sfociasse in una fine violenta e disastrosa trova la sua più spontanea rappresentazione visiva in immaginarie esplosioni energetiche, eruzioni di forze telluriche, espressione di una natura sfidata dal progresso scientifico.

Fabbri racconta il senso dell'esistenza attraverso l'emozione, l'energia che la materia è in grado di suscitare, introiettando nelle deflagrazioni dei materiali la dimensione problematica e inquieta dell'uomo. Legni recisi, metalli segnati diventano segni feroci e irriducibili del disagio dell'uomo. Violenti interventi che partono dall'impatto di un corpo solido sul retro della tavola, creando solchi dai contorni irregolarmente scheggiati (le Rotture, le Lacerazioni e le Ferite, 1958-1963). Sono varchi verso gli strati inferiori del materiale, che spiccano per la loro concretezza, non varchi che si aprono su uno spazio immateriali come avviene nei tagli dell'amico intimo Lucio Fontana. Questa esplosione energetica vuole suscitare una sensazione fisica molto forte che rimandi idealmente al dolore fisico e alla sofferenza, qualcosa di molto vicino alle sensazioni umane.

Sono opere pervase dallo spirito dei trattamenti materici informali, come i Rilievi (1961-1962), ottenuti mortasando gli strati di compensato con lo scalpello, oppure sollevandoli per ottenere in rilievo la sagoma di un personaggio o di un paesaggio..spesso le cavità erano ritoccate con il colore evidenziando cavità e fratture con l'uso di sostanze dai toni scuri per evidenziare il rilievo informale. Sono segni di un nuovo modo di intendere l'arte come materia vivente che si allineano con le tendenze dell'arte europea degli anni Cinquanta: da Fontana a Burri, da Dubuffet a Tapies.

Negli anni '70 Fabbri torna ad esprimere un sentimento del tragico e trasferisce le sue rabbiose capacità plastiche sulla durezza del bronzo e del ferro per trasformarli in immagini umane e di altri esseri viventi atterriti dalla violenza degli elementi naturali, dalle fattezze tormentate, come angustiati da un presagio di morte.

Dopo essere stato il cantore di oscuri presagi con le sue sculture di figure tormentate dal disagio prima e poi con le violente rotture delle opere informali, Fabbri decide però di dedicarsi esclusivamente alla pittura nel 1982, svelando il risvolto mite e ottimista del suo spirito. L'universo caotico fatto di materiali che si fratturano viene ricondotto ad una dimensione di pacificazione. Larghe pennellate di un solo colore serpeggiano eleganti sulla tela con un ritmo armonico. L'artista svela il suo lato ottimista esprimendolo con uno stile pittorico astratto, decorativo e sensoriale. Il tratto dinamico delle pennellate crea un disegno fitto che riempie la superficie della tela in un all over painting fatto di pennellate dai brevi movimenti arcuati, tutte di colori diversi sapientemente accostati che si susseguono per tutta la tela con vivaci cambi di direzione e colore. Si crea così una densa mescolanza di segni di vario colore, un puro motivo astratto composto da elementi concreti. Si potrebbe ricondurre questa pittura alla prospettiva di quella analitica per il modo esemplare in cui vengono dispiegate le componenti principali della pittura (il colore nella sua funzione fisica e sensoriale, il pennello come suo strumento di stesura, il metodo formale di applicazione del colore sulla superficie) se non fosse che l'artista ci spiazza introducendo figure umane stilizzate, modificando improvvisamente le condizioni percettive e stilistiche dell'opera: un calciatore, un bimbo, donne che passeggiano.

La rappresentazione di situazioni quotidiane tratteggiate velocemente, come schizzi, entrano improvvisamente in queste composizioni astratte di linee e colori, sconvolgendone completamente la percezione, trasformandole in un ambiente abitabile, in situazioni topografiche dove avviene qualcosa, dove subentra l'accenno, ironico e malizioso, a situazioni della vita quotidiana. Queste composizioni coloristiche, multiformi e allegre richiamano ambienti radiosi come i parchi. Le opere si intitolano, appunto, Giardini pubblici, dove queste sgargianti tessiture cromatiche alludendo a favolosi e incantati giardini, ad una natura benevola e accogliente, solare, dove le persone trascorrono momenti di svago, ed è finalmente la vitalità e la gioia, la spensieratezza di questi momenti di serenità che l'artista vuole trasmettere, sfidando tutti i codici stilistici, in bilico tra l'astratto e il figurativo. Dal 1983, Fabbri dipinge utilizzando colori acrilici; le lunghe pennellate di colore si rimpiccioliscono in motivi segnici accostati in una trama meno fitta, distribuendosi sulla tela in modo sciolto, mentre piccole tessere rettangolari conferiscono accenni di colore. Appaiono anche corti elementi dentellati alternati a volte con tessere rettangolari, simili a ideogrammi.

Nel 1984 l'invenzione di questi segni lascia spazio a nuove soluzioni pittoriche, inserendo linee dense e serpeggianti mentre i segni astratti sfociano in componenti grafiche lineari. La pennellata diventerà sempre più spontanea e vitalistica, i tratti sempre più nervosi, scattanti e sfrangiati, in una sfida continua al metodo canonico di stendere il colore per lasciare sempre più spazio alla casualità del processo creativo, finché, nel 1987, il colore viene quasi esclusivamente versato o lanciato, ammassato per creare chiazze e macchie. Un “inferno tachista” fatto di macchie deflagranti e linee scomposte dove le lussureggianti traiettorie delineate dal colore si intersecano e si diramano in tutte le direzioni organizzando le componenti formali del quadro, nel tentativo di accostare la spontaneità del gesto alla volontà di organizzare razionalmente gli aspetti formali dell'immagine. Una gestualità vigorosa e convulsa che assume i tratti di una colorata e gioiosa rievocazione delle pratiche informali.

Dopo aver superato i settant'anni, Fabbri ritrova il gusto del colore, della sperimentazione, dello “stordimento pittorico” trasformando “l'incoerenza della coerenza in assoluta libertà”, al di là di ogni limite stilistico.

Inaugurazione Sabato 27 settembre 2014, dalle ore 16.00

Galleria Colossi Arte Contemporanea

Corsia del Gambero, 13
Brescia 25121 Italia
Tel. +39 030 3758583
Cell. +39 338 9528261
info@colossiarte.it
www.colossiarte.it

Orari di apertura

Martedì - Sabato 10.00 - 12.00 e 15.00 - 19.00
Domenica su appuntamento

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