Vi sarà capitato probabilmente di vedere una delle tante versioni cinematografiche del romanzo di Mary Shelley Frankenstein, pubblicato nel 1818, e di essere stati affascinati e terrorizzati dal mostro e dal suo creatore che, seppur mosso da buone intenzioni, non riesce più a controllare la sua creatura. Ebbene, questo romanzo viene considerato il precursore del cyberpunk, una corrente della fantascienza che ha influenzato l’arte dei nuovi media sia a livello concettuale che estetico, le cui pratiche più attuali si sono sviluppate attorno ai concetti espressi nel cyberpunk, dall’esplorazione del corpo come interfaccia tecnologica all’uso delle tecnologie virtuali.
Shelley introduce l’idea della mostruosità e della paura del diverso, incarnando nella creatura artificiale i pregiudizi dell’umanità, ma anche l’idea del rischio di disumanizzazione degli individui per mezzo della tecnologia.
Altri precursori del genere di fantascienza sono Jules Verne e H.G. Wells. Quest’ultimo ha introdotto nelle sue opere diversi temi divenuti dei classici del genere: i viaggi nel tempo, l’annientamento del mondo e la lotta tra umani e alieni. Ricordiamo La macchina del tempo del 1895 e La guerra dei mondi del 1898. Wells esprime una profonda preoccupazione verso la degenerazione culturale e il potenziale potere distruttivo dello sviluppo tecnologico. Già nelle prime pagine de La guerra dei mondi l’autore traccia l’immagine di un’Inghilterra vittoriana basata sull’egocentrismo, sul declino della cultura imperiale e sull’erosione delle sue certezze.
La prima definizione di fantascienza è stata formulata dall’ editore della rivista Amazing Stories, Hugo Gernsback, con queste parole: “Per ‘scientifiction’ intendo il tipo di storie di Jules Verne, H.G. Wells e Edgar Allan Poe – un romanzo affascinante mischiato con fatti scientifici e una visione profetica. Le nuove invenzioni descritte per noi dalla scientifiction di oggi non sono affatto impossibili da realizzare domani”. Dal termine scientifiction deriva l’odierno science fiction, spesso abbreviato in Sci-Fi.
Parliamo di cyberpunk con l’artista Jessica Licari, mia nipote, laureatasi recentemente in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti ‘Mario Sironi’ di Sassari, con una tesi premiata con 110 e lode intitolata Cyberpunk e l’arte dei nuovi media, in cui analizza l’impatto del cyberpunk nell’arte contemporanea.
Jessica quando nasce il cyberpunk?
Il cyberpunk nasce verso la fine degli anni Settanta, quando la sottocultura punk insegnava una nuova dimensione della realtà attraverso rappresentazioni trasgressive, musica dal ritmo veloce e ricca di informazione, e quando gli autori della fantascienza erano diretti più verso un viaggio interiore piuttosto che un viaggio spaziale.
Tra i precursori, oltre le tematiche della sottocultura punk e della cibernetica, vi sono il romanzo poliziesco e il cinema noir caratterizzato da: l’uso del prologo, l’ambientazione urbana, la nebbia e la pioggia usate per creare un’atmosfera piena di mistero.
Per molti ricercatori e critici del genere, il cyberpunk è stato visto come una rappresentazione di un nuovo mondo postmoderno. I romanzi cyberpunk possano essere letti come una sorta di teoria sociale che può dirci come sarà il futuro prossimo, dove le nostre vite vengono in continuazione trasformate e ridefinite dalla tecnologia. In generale, il cyberpunk è costruito attorno alla questione dell'impatto della tecnologia sulla natura dell'esistenza umana, in particolare attraverso le reti di computer, la realtà virtuale e la biotecnologia. Questo tema, anticipato da Dick nel suo romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, è rafforzato dall'interazione degli umani con intelligenze artificiali, androidi, cyborg, corpi simulati dal computer, mutanti e cloni, e da lì la ricerca degli autori si concentra su ciò che distingue il naturale dall'artificiale. Nel cyberpunk i limiti tra l'umano, la sua rappresentazione tramite l’uso di software, la ricostruzione dell’umano e le macchine umane sono molto difficili da distinguere.
L’autore più importante è William Gibson, di cui è fondamentale il suo romanzo del 1984 Neuromante, che introduce il concetto di cyberspazio, una tecnologia virtuale più avanzata dell’odierna realtà virtuale, ipotizzando la possibilità di una diretta connessione neurale tra il cervello umano e il computer, attraverso delle prese situate dietro il collo che possono ricevere dei chip e dare così accesso alla memoria digitale. Una volta effettuata la connessione, i corpi e le menti umane non solo sono in grado entrare in una relazione personale con il computer, ma sono anche in grado di accedere alla realtà virtuale per eccellenza, il cyberspazio, e di interagire con altri corpi e menti nella costruzione di interi nuovi mondi a partire dai dati. Il cyberspazio, però, non è una realtà virtuale: è una ‘allucinazione consensuale’, un’esperienza governata dal computer e a volte fatale che esiste all’interno della mente umana.
Cosa rappresenta l’unione tra cyber e punk?
Premetto che il cyberpunk è stata una corrente degli anni Ottanta le cui radici non sono puramente letterarie. La parola stessa, cyberpunk, è composta dalla parola cyber che si riferisce alla scienza e in particolare alla cibernetica, e dalla parola punk che si riferisce alla sottocultura musicale. Il cyberpunk ha manipolato l’ambiguità della teoria cibernetica, utilizzando termini popolari e associandoli al punk, una sottocultura che minava tutti i valori precedentemente accettati, un autostupefacente e automutilante rifiuto di dare dignità o fiducia a tutto ciò che ha determinato il mondo attuale.
La letteratura cyberpunk riesce a catturare lo status provvisorio di tutte le definizioni di valore, razionalismo e verità, rifiutando radicalmente l’ethos stabilito. Unisce il razionale con l’irrazionale, il nuovo con il vecchio, la mente con il corpo, integrando le strutture efficienti dell’alta tecnologia con l’anarchia delle sottoculture urbane, il sovrapporsi di mondi che erano formalmente separati: il regno dell’high-tech e il moderno pop underground, mescolando dunque l’high-tech e bassifondi, città globalizzate, multinazionali, saturazione informatica e personaggi principali provenienti da una classe inferiore precaria che si nascondono da qualunque autorità organizzata.
Viviamo l’era della cibernetica, della comunicazione e del controllo, ma qual è l’idea centrale della cibernetica?
La parola cibernetica è stata coniata nel 1948 dal matematico Norbert Wiener che intende per cibernetica l’idea che se il corpo umano può essere concepito come una macchina allora è anche possibile progettare macchine che simulano l’essere umano. La macchina così progettata è un organismo cibernetico, un contratto tecnologico che replica il corpo umano sulla base della comprensione delle somiglianze tra macchine e organismi viventi.
In che modo il cyberpunk ha influenzato l’arte contemporanea?
È impossibile capirne l’impatto senza far riferimento alla sua espressione visiva attraverso il cinema. Blade Runner del 1982 rappresenta un classico del genere di cinema cyberpunk caratterizzato da: la relazione con le tecnologie virtuali, la commistione tra tecnologia e mitologia, l'idea del corpo, genere e sessualità, la città, il gotico e il sinistro, ma anche riferimenti alla politica e alla società. Inoltre, nel cyberpunk, il senso della memoria sembra avere una forma sintetica in continua evoluzione. I ricordi sono immagini che non vengono generate dall'esperienza personale, ma dal flusso continuo di informazioni che si impiantano nei cervelli dei protagonisti. Un esempio è il romanzo di William Gibson da cui è stato tratto il film Johnny Mnemonic dove Johnny è un trafficante di dati che ha subito un intervento chirurgico cybernetico per farsi impiantare nella testa un sistema di archiviazione dati, dove poter conservare i dati digitali troppo sensibili a rischio di trasmissione sulle reti informatiche. Per mantenere al sicuro il carico, i dati sono bloccati da una password nota solo al destinatario previsto da Johnny, visto che egli entra in una sorta di trance durante il trasferimento dei dati, rendendolo ignaro dei contenuti che trasmette e impossibilitato a recuperarli.
I film del decennio generalmente considerati capolavori del cyberpunk includono il film Ghost in the Shell diretto da Mamoru Oshii del 1995 (dove il corpo è presentato come un qualcosa da trascendere, una tappa nella trasmigrazione delle anime) e Matrix delle sorelle Wachowski del 1999, dove il mondo apparentemente reale in cui viviamo è in realtà un mondo simulato.
Le visioni di questi ed altri autori cyberpunk si sono tradotte in sviluppo tecnologico, opere d'arte, cinema, design, moda, videogiochi e reti di comunicazione, e tutte queste componenti insieme sintetizzano un'estetica contemporanea.
La figura del cyborg, ovvero organismo cibernetico, racchiude in sé molte ansie contemporanee sull’incontro tra il naturale e l’artificiale, e riguardo l’idea che non ci siano chiare distinzioni tra l’umano e il non umano, il biologico e il tecnologico, l’originale e la copia. Il cyborg è praticamente un umano migliorato, idealmente capace di sopravvivere in mondi extraterrestri.
Un esempio di cybernetic body art sono le performance di Stelarc che dal 1968 al 1970 costruì una serie di tribune chiamate Sensory Compartments, fabbricando degli elmi con occhiali che dividevano la visione binoculare di chi li indossava, immergendolo in un mondo di immagini sovrapposte, dove l’utente veniva assaltato dalle luci, dal movimento e dal suono. Le performance di Stelarc sono cyberpunk allo stato puro dove la distinzione tra controllore e controllato sfuma, in una estensione simultanea del sistema ad alta tecnologia e di lui stesso come estensione di quest’ultimo.
Dagli anni Novanta diversi artisti hanno creato installazioni artistiche utilizzando la ‘realtà virtuale’, che è simile al Metaverso descritto da Neal Stephenson, il più importante scrittore post-cyberpunk. Le generazioni odierne sono abituate agli ambienti virtuali tridimensionali, attraverso la larga diffusione di videogiochi come World of Warcraft o League of Legends. Le nuove tecnologie di realtà virtuale sono sperimentate in campo artistico in quella che viene definita come ‘arte interattiva’.
Inoltre, sempre negli anni Novanta, sono nate l’Arte Biotelematica, in cui il processo biologico è connesso alle reti digitali, e la Bio Art basata sull’uso di tecniche di ingegneria genetica al fine di creare organismi viventi unici.
Più recentemente, il cyberpunk ha influenzato anche la crypto arte e gli NFT, di cui si è sentito parlare molto ultimamente. Giusto per fare un paio d’esempi: il progetto CryptoPunks del 2017, considerato l’inizio del movimento della crypto arte, si rifà non solo all’estetica punk ma anche a quella cyberpunk, e la famosa casa d’asta Sotheby’s ha inaugurato una nuova sede proprio nel metaverso NFT.
Quali sono gli effetti della cybercultura nella società odierna?
Nel cyberpunk i personaggi hanno la possibilità di poter modificare il proprio aspetto a piacimento, oltre agli impianti cibernetici, anche attraverso la chirurgia estetica. Come avviene con le app di bellezza capaci di modificare il proprio aspetto sia nelle fotografie che nei video, utilizzando dei filtri, dilagano sui social selfie che non rispecchiano la realtà fisica.
I sistemi digitali hanno permesso la creazione di esempi di bellezza postumani, si possono modificare i tratti del volto e del corpo con software di grafica. Addirittura, è stato quantificato e inserito in uno schema facciale computerizzato il ‘volto perfetto’, confrontando il volto di un paziente con lo schema i dottori possono determinare i tratti che occorre correggere.
Il primo essere umano considerato il primo cyborg è Neil Harbisson, un artista che ha alterato sia il suo corpo che il suo modo di percepire grazie all’antenna impiantata nel suo cranio. L’eyeborg gli permette di sentire le immagini e dipingere i suoni, è abilitato al Bluetooth per cui può connettersi a Internet e ai dispositivi vicini.
In conclusione abbiamo compreso l’importanza del cyberpunk nella creazione della cultura contemporanea e nelle pratiche artistiche dei nuovi media, ma che effetto ha avuto sulla psiche collettiva?
Nel 2021, l’idea del cyberspazio di William Gibson potrebbe non sorprendere dal momento che, senza il bisogno di impianti neurali, siamo riusciti ad essere perennemente connessi ad internet tramite gli smartphone e altri dispositivi elettronici. Viviamo iperconnessi in un’epoca in cui la costruzione dell’identità e della realtà, così come la comunicazione digitale, la fruizione di diversi contenuti multimediali e la pratica artistica, avvengono attraverso l’uso della tecnologia. Anche se Internet è molto diverso dal cyberspazio, "l’allucinazione consensuale" la visitiamo ogni giorno.
Gli artisti cercano di rappresentare la condizione umana in un mondo saturo di tecnologie cibernetiche che non solo minano le precedenti categorie etiche ed estetiche, ma fanno anche crollare la distanza tra il senso dell'esistenza sociale reale e la speculazione fantascientifica. I protagonisti dei romanzi del cyberspazio lavorano tutti per restituire valore e significato alle loro vite. Gibson ha predetto sia gran parte della tecnologia che usiamo tutti i giorni, ma anche quanto essa possa essere dannosa ed isolante per la mente umana.