L’Uomo al centro dell’Universo… Mi viene in mente il cerchio dell’Uomo Vitruviano di Leonardo. Questo nuovo mondo post-Covid ha ripresentato la fondamentale importanza del nostro benessere quotidiano: come vivere la vita nella sua brevità è diventato un pensiero importante per tutti.
Ciò che quotidianamente vediamo intorno a noi, ciò che facciamo e come trascorriamo il tempo è divenuto centrale nel raggiungimento della felicità.
Durante il lockdown, tra le prime necessità che sono emerse, troviamo l’esigenza di avere un’abitazione confortevole, l’esigenza di uno spazio a misura delle proprie passioni, la necessità di avere spazi immersi nella natura. Mai come prima, noi figli del consumismo, abbiamo apprezzato la vista di un albero, di un prato, di un bel giro in bicicletta, di cucinare prodotti a km 0. Mai come prima abbiamo rivalutato l’importanza di ogni singolo metro della casa come luogo di condivisione e di benessere.
Questa ricerca di benessere si ritrova anche nella necessità di avere servizi immediati, efficienti e accessibili a pochi passi di distanza da casa.
Questo processo in realtà è in atto già da tempo, ma forse questa situazione così precaria ha reso tutto più lampante e veloce. Si chiamano “quartieri dei 20 minuti” ed è un progetto nato già da anni, che vede la sua massima espressione in alcune grandi città come Melbourne, oppure Parigi, ma anche Milano, Genova…
Avere tutto a portata di mano, come i quartieri di un tempo, riguarda tutto, anche il lavoro e il divertimento: quartieri moderni ed efficienti, dove si gira a piedi o in bicicletta e si può raggiungere il supermercato, i negozi, scuole e lavoro, la palestra, i centri medici… tutto a distanza di massimo 20 minuti a piedi o in bici.
Un’idea sicuramente green che riduce l’inquinamento perché riduce le automobili ma anche i mezzi pubblici, un’idea progressiva perché valorizza le periferie rendendole confortevoli e autosufficienti, un’idea che punta anche a decongestionare i centri cittadini e a favorire la crescita di nuove forme di alloggio.
Vantaggi della città 20 minuti
Realizzare nelle grandi metropoli dei quartieri 20 minuti ha innumerevoli vantaggi perché:
- migliora la qualità di vita di chi abita le aree periferiche della città;
- riduce l’inquinamento cittadino;
- decongestiona il traffico;
- è uno stimolo per riappropriarsi del proprio territorio;
- rende più felice le persone che godranno di molto più tempo libero.
Al centro c’è la persona intorno a cui ruota la città, e non viceversa.
Lo spazio e il tempo incidono moltissimo sul benessere delle persone, ma il concetto di spazio e tempo nell’era digitale è cambiato: lo spazio è la rete, il tempo è la connessione.
Il caos della città, che tanto era di stimolo alla fine del ‘900, forse oggi non rappresenta più lo spazio che l’uomo desidera per creare e lavorare. E il tempo trascorso tra mezzi pubblici e riunioni interminabili, tra spostamenti e meeting forse oggi non è più il tempo di qualità che si cerca per la propria vita. Non bisogna dimenticare che i luoghi in cui si abita hanno un impatto diretto sulla salute dell’uomo.
Ma come si può realizzare questo progetto?
Ci vogliono prima di tutto amministrazioni aperte al futuro divenire delle cose, politici lungimiranti, tante menti creative e innovative che lavorino in sinergia e fondi di partner privati e pubblici. Ci vuole l’amore per la Terra e il bisogno di cambiare per raggiungere l’obiettivo: oggi il discorso appare più attuale che mai.
Nella pratica, il fulcro di questi progetti di quartieri 20 minuti è la creazione di un design urbano di qualità che si basa sul verde e sulla bellezza. La chiave è l'accesso a spazi sicuri, rispettosi del territorio e diversificati, che incoraggiano le diverse interazioni all'interno di un quartiere.
Origini del quartiere 20 minuti
L’idea del quartiere 20 minuti è nato a Portland, città dell’Oregon negli Stati Uniti come “Portland Plan”, un progetto che punta a realizzare un quartiere completamente riqualificato dal punto di vista energetico, che soddisfi dunque gli obiettivi climatici prefissati per il 2030 e che porti il 90% degli abitanti a muoversi facilmente all’interno di esso, senza dover prendere la macchina: sarà dunque possibile raggiungere da casa, a piedi o in bicicletta, qualsiasi servizio necessario nel giro di una ventina di minuti. Il Portland Plan è stato incentrato sulla promozione della prosperità, sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, e sul fare in modo che istruzione, salute ed equità ne traggano benefici.
Lo stesso progetto urbano si sta facendo strada nella pianificazione strategica di altre importanti città come Melbourne in Australia dove si è siglato con l’amministrazione locale il “Piano Melbourne 2017-50”, una strategia di pianificazione urbana e sociale che punta a diminuire le distanze tra vita lavorativa e privata, creando un quartiere decentrato ricco di servizi e opportunità dove poter usufruire di tutti i servizi personali, sociali, scolastici e lavorativi.
Questo piano urbano australiano chiamato “twenty minutes neighborhood” incoraggia la mobilità sostenibile, diversifica le proposte immobiliari fornendo alloggi a prezzi accessibili, punta a valorizzare il territorio e a creare attrattive per ogni fascia di età, senza alcuna esclusione. È dunque un progetto di inclusione sociale: il progetto include la costruzione di campi sportivi, scuole, ospedali, strutture ricreative, centri per anziani.
In Francia il quartiere 15 minuti
Anche in Europa alcune amministrazioni si sono impegnate in progetti simili: è il caso di Parigi con il piano chiamato “La Ville du quart d’heure” (la città del quarto d’ora). Un progetto lanciato dal sindaco Anne Hidalgo e destinato a finire nei manuali di urbanistica che si ispira ai “superblocks” di Barcellona o all’”Every One Every Day” dell’East London. Il piano punta a creare coesione sociale. Il progetto era rimasto un’utopia fino al lockdown che ha riacceso i riflettori sull’idea apparentemente visionaria di creare all’interno della metropoli un quartiere dove si può trovare tutto ciò di cui hai bisogno in 15 minuti da casa.
Anche in questo caso il progetto punta a migliorare la vita quotidiana degli abitanti, grazie al migliore stile di vita, alla riduzione di traffico, smog, ore trascorse su mezzi pubblici senza godere del proprio tempo libero. In questo caso parigino viene data molta importanza al coworking di quartiere per abbattere i disagi del pendolarismo che qui è molto sentito.
In Italia, il piano per Genova
In Italia si sta discutendo del modello di città con quartieri 20 minuti privilegiando i temi della mobilità elettrica e della digitalizzazione.
Genova, ad esempio, sta ripianificando la città secondo un modello definito della “città dei 2 km”. Si tratta di un progetto di riqualificazione urbana profonda che passa anche dal ritrovato senso di appartenenza offerto dal rifacimento del Ponte Morandi.
Quello dell’assessore di Genova è un piano che punta al restyling di alcuni quartieri del centro storico tramite un progetto pilota, incentrato su una parte altamente caratteristica della città con un primo collegamento al Fronte Mare di Levante attraverso pista ciclabile e mobilità elettrica.
Si punta a ridurre il degrado del centro storico e dei suoi caruggi, ad aumentare l’offerta abitativa rivolta agli studenti che potranno così ripopolare il centro regalando nuova vita alla città storica che purtroppo si stava spopolando per lasciare spazio a degrado e criminalità.
Inoltre, verrà incentivata la mobilità elettrica con minibus che possano circolare anche negli stretti caruggi e si costruiranno nuovi percorsi ciclopedonali per agevolare gli spostamenti a impatto zero. Nello stesso tempo si combatte la desertificazione delle strade dovuta proprio alla diffusione del digitale, favorendo la rinascita delle piccole realtà commerciali, che con le luci e il passeggio rendono più vivo il quartiere.
Leggendo dei quartieri 20 minuti mi sembra un ritorno alle origini, mi sembra ancora una volta che dopo tanto lavoro in una direzione si stia un po’ facendo dietro front. È un’osservazione che risuona spesso, “forse era meglio quando era peggio”!!!
Tutta questa evoluzione tecnologica, tutta questa digitalizzazione ci ha forse reso un po’ meno felici, e allora torniamo indietro ad apprezzare la passeggiata, i cosiddetti due passi sotto casa, torniamo ad apprezzare la bicicletta per andare al lavoro, i tempi di lavoro moderati senza eccessi, ritorniamo a voler mangiare bene e sano, ad avere un cane e del tempo libero, a pretendere sicurezza, a voler conoscere il nostro vicino di casa e chiedergli lo zucchero se ci manca… Sì, mi piace che i miei figli possano vivere come ho vissuto io da bambina, in quartieri dove ci si possa sentire davvero a casa!