Durante la pandemia si sono moltiplicati i corsi online di ogni genere, corsi di cucina, di inglese, di scrittura creativa, di bricolage… ma soprattutto lo sport è stato sdoganato nella nuova versione prima impensabile del fai da te. E allora tutti davanti alla smart tv o al pc con tappetino e tuta ginnica per eseguire con il personal trainer esercizi di fitness, pilates, yoga, tabata, riscaldamento muscolare, preparazione sportiva per bambini… corsi di ogni genere che nonostante abbiano indignato i veri cultori dell’attività fisica, hanno alla fine aiutato molte persone a trascorrere il tempo, a sperimentare nuove discipline e intanto a ritrovare un po’ di forma fisica.
In pratica il vecchio metodo anni ’80 di Barbara Bouchet o Sydne Rome, vi ricordate?
Io ho sempre fatto molta attività fisica, per scaricare i nervi e le tensioni, per mantenermi in forma o forse per cercare di invecchiare bene, convinta del fatto che una sana alimentazione, una vita dai ritmi equilibrati e il movimento fisico quotidiano possano allontanare malattie e soprattutto la solitudine.
Sì, la solitudine e la depressione sono certa che possano trovare terreno fertile nelle persone che non godono della propria fisicità e dello stare bene con sé stessi.
Io ho sempre prediletto sport aerobici, movimento per me voleva dire sudare e affaticarmi… sentire proprio uscire dal corpo insieme al sudore anche le tossine, ma le cose cambiano con l’età e si raggiungono nuove consapevolezze.
Mi sono avvicinata da qualche tempo allo yoga in particolare al Vinyasa Yoga, che ha ritmi più veloci, si compone di posizioni chiamati asana sincronizzati sulla base del proprio respiro. Questi movimenti continui e fluidi donano benefici alla mente e al corpo. La pratica eseguita regolarmente contribuisce ad aumentare la forza muscolare, la resistenza e la flessibilità, e a ridurre lo stress. Soprattutto nei lunghi periodi di lockdown è stato davvero un’esperienza liberatoria… si può fare ovunque a casa, basta avere un tappetino, in terrazza, in giardino.
Sì, mi ha fatto compagnia per concludere la mia giornata. Non potrei più tornare indietro... chi inizia a praticare yoga può solo proseguire il cammino. Vivere la pratica yoga ti entra dentro e ti cambia per sempre: non sono solo un insieme di esercizi posturali che cambiano il tuo equilibrio e la tua potenza, ma fare yoga cambia il tuo approccio alla vita. Nuove priorità e nuova consapevolezza di sé.
Da quando pratico è cambiato anche il mio approccio all’alimentazione... una ricerca del benessere che viene da dentro e che inizia con un mantenimento del proprio corpo in salute. Ma di questo parleremo un’altra volta.
Oggi non voglio parlarvi né di dieta né di yoga ma dei cinque riti tibetani che ho scoperto di recente e che eseguo ogni mattina dopo il saluto al Sole. In pratica le fondamenta della ginnastica occidentale, eseguite con l’aiuto della respirazione e della concentrazione.
A differenza di tutte le altre attività fisiche, i cinque riti tibetani si fondano non solo sullo sforzo fisico ma sull’attenzione a ciò che si sta facendo. Vanno eseguiti tutti i giorni, ci vogliono al massimo 20 minuti, 30 se preceduti dal saluto al Sole. Il fatto di praticare tutti i giorni è fondamentale perché rende i riti uno spazio della nostra vita, il momento dello stare con noi stessi.
I riti tibetani non sono una pratica di meditazione o qualcosa di spirituale come molti credono erroneamente: sono invece una serie di esercizi di stretching e sforzo isometrico e isotonico che svolti con l’aiuto della respirazione e con concentrazione lavorano su alcuni organi interni del nostro corpo. I riti tibetani lavorano sull’apparto muscolo-scheletrico e respiratorio, proprio come lo yoga.
Sulla colonna vertebrale si collocano i sette chackra, centri di energia. Scientificamente ai chakra corrispondono delle ghiandole endocrine che secernono ormoni. Finché queste ghiandole funzionano bene percepiamo uno stato di salute e benessere.
I cinque riti tibetani agiscono sui chakra mantenendone una corretta rotazione: questo permette al corpo di ritrovare salute e combattere il proprio invecchiamento. I chakra su cui agiscono i riti tibetani sono sette e ognuno è connesso a organi o funzioni del nostro corpo:
- corona - ghiandola pituitaria;
- fronte - ghiandola pineale;
- gola - tiroide;
- cuore - timo;
- plesso solare - pancreas;
- milza - gonadi;
- radice - ghiandole surrenali.
I chakra sono anche alla base di medicine alternative come l’agopuntura. Lo scopo dei cinque riti è di riattivare i sette chakra. Ma quale beneficio possiamo trarre? I benefici sono fondamentalmente i seguenti:
- stimolano le ghiandole endocrine;
- risolvono problemi legati agli squilibri ormonali (cit. menopausa);
- migliorano il flusso energetico donando più energia;
- rafforzano i muscoli;
- si aumenta la flessibilità del corpo;
- riducono stress fisico e mentale;
- rendono la mente più chiara e capace di concentrazione.
Insomma, nell’insieme si può dire che aiutano ad allontanare il processo di invecchiamento del corpo e dello spirito. Riequilibrare l’attività delle nostre ghiandole e quindi dei chakra definisce uno stato di salute fisica, energetica e mentale ottimale. Vi è valenza medica? Possiamo dire che non ha controindicazioni. Non fa male praticare i riti. Alcuni medici hanno dichiarato che la pratica dei riti migliora la circolazione, favorisce l’eliminazione delle tossine, migliora il flusso di ossigeno verso il cervello, da qui la sensazione di una maggiore capacità di concentrazione.
Come iniziare la pratica
L’attività si inizia con cicli da 3 per arrivare nel giro di due mesi a cicli da 21 che è il massimo. Una volta stabilizzati i riti si cominciano a sentire i benefici della pratica, che ricordo essere giornaliera. Per praticare i riti tibetani non è necessaria alcuna preparazione, ma si consiglia per chi già è avvezzo con lo yoga di praticare un saluto al Sole che rappresenta un ottimo esercizio di riscaldamento. Si consiglia di praticare a pancia vuota possibilmente di mattina per ricevere la carica giusta per tutta la giornata.
Ma vediamo come eseguire la pratica, dopo dieci minuti circa di saluti al Sole. Attenzione: eseguire i cinque riti nella giusta sequenza.
Il primo tibetano: la ruota
Posizionati in piedi sul tappetino con le gambe leggermente divaricate. Solleva le braccia all’altezza delle spalle e allungale tenendole parallele al tappetino da yoga. Rivolgi il palmo destro verso il cielo il palmo sinistra verso Terra. I piedi nudi aderenti alla superficie del tappetino. Con gli occhi aperti, fissa un punto davanti a te e inizia a ruotare tutto il corpo in senso orario, termina allo stesso punto della partenza. Ripeti da 3 a 21 volte. Per concludere l’esercizio, resta in posizione eretta, con i piedi leggermente divaricati e unisci i palmi delle mani davanti al corpo guardando i pollici per ritrovare l’equilibrio. Lo scopo del primo rito è attivare tutti i sette chakra principali.
Secondo rito tibetano: l’angolo
Distenditi sulla schiena, mantenendo le braccia lungo i fianchi. Inspira e solleva la testa, spostando il mento verso il petto. Contemporaneamente solleva le gambe verso l’alto, mantenendo le ginocchia dritte. Espira e abbassa lentamente la testa e le gambe nella posizione di partenza. Completa da 3 a 21 ripetizioni con una respirazione lenta e profonda.
Terzo tibetano: il cammello
Inginocchiati sul tappetino, con le ginocchia alla stessa larghezza delle spalle e i fianchi allineati alle ginocchia. Raddrizza il busto e posiziona i palmi delle mani sulla parte posteriore delle cosce, appena sotto i glutei. Inspira e lascia cadere la testa indietro, inarcando la colonna vertebrale per aprire il petto. Espira e abbassa la testa in avanti, spostando il mento verso il petto. Tieni le mani sulle cosce durante l’intero rito. Esegui da 3 a 21 ripetizioni mantenendo la respirazione profonda e regolare. È un’ottima posizione per distendere gli addominali.
Il quarto tibetano: il ponte
Siediti con le gambe distese in avanti, lievemente divaricate, e mantieni il busto ad angolo retto. Sposta le punte dei piedi verso il soffitto e mantieni le braccia lungo i fianchi, con i palmi appoggiati sul tappetino. Le mani e talloni dovrebbero rimanere nella stessa posizione durante l’intero esercizio. Inspira e premi mani e talloni a terra, alzando il bacino per formare una sorta di ponte. Mantieni le braccia tese e contrai i glutei, fletti la testa indietro e, espirando, torna alla posizione di partenza. Ripeti da 3 a 21 volte.
Il quinto tibetano, il cane
Inizia stando a quattro zampe sul tappetino, ma sposta le mani leggermente in avanti rispetto alle spalle. Espira e sollevati, assumendo la posizione di una V rovesciata. Dovrai mantenere le piante dei piedi e i palmi delle mani ben saldi a terra, mentre braccia e gambe saranno tese. Inspira e riabbassa il bacino senza toccare terra, espira e sollevalo nuovamente. Esegui da 3 a 21 ripetizioni. Con questo quinto tibetano si attivano tutti i chakra e si tonificano gli addominali e gli organi intestinali.
La storia dei cinque riti tibetani tra leggenda e realtà
Si pensa che i cinque riti tibetani abbiano avuto inizio più di 2.500 anni fa e che siano stati ideati dai monaci tibetani come esercizi di preparazione alla loro profonda meditazione. Questa pratica arriva in Occidente grazie al libro scritto dall’americano Peter Kelder, dal titolo The eye of revelation: ancient secret of the fountain of youth, tradotto e diffuso anche in Italia nel 1939 con il titolo *I cinque tibetani. Nel libro si racconta di un ufficiale dell’esercito britannico che parte alla ricerca di un monastero tibetano dove era custodita la fonte della giovinezza.
Nel libro di Kelder il militare dopo essere stato in questo monastero fece ritorno visibilmente ringiovanito, grazie alla convivenza con vecchi monaci che mostravano corpi giovanissimi e ottima salute e gli insegnarono i riti e il loro stile di vita.
Nacque così la storia-leggenda che però ha un suo fondamento: sicuramente la vita estremamente regolare del monastero insieme a un’alimentazione pressoché vegetariana e una totale astinenza da vizi insieme all’esercizio fisico quotidiano di certo avranno reso i loro fisici attempati più in salute e le loro menti più concentrate. Detto ciò, ad oggi, i monaci tibetani non hanno riconosciuto l’autenticità dei riti ormai noti in tutto il mondo.
Sembra più plausibile semmai che derivino dall’antico yoga praticato in Tibet, che si basa su sequenze continue di movimento, al contrario dello yoga indiano che privilegia la posizione in equilibrio: buona pratica a tutti!