Le radici personali, il rapporto con i genitori, l’ambiguità umana del male, l’ironia e le bugie. Quelli elencati sono solo alcuni dei temi toccati dalle opere di Ruth Beraha (Italia, 1986) e Jonny Briggs (UK, 1985) messe in relazione all’interno del progetto espositivo “Dad Jokes”.
Per l’occasione Jonny Briggs presenta “Prayer”, un nuovo lavoro installativo che analizza il rapporto esistente tra l’artista, il padre e il nonno. La linea di successione prettamente maschile, in questo lavoro, viene messa in ridicolo dall’artista attraverso l’installazione di un martello all’altezza del naso del nonno, come richiamo diretto al mondo delle favole ma anche all’educazione maschile stereotipata. L’opera, installata volutamente all’altezza del viso dell’artista nel momento della genuflessione per la preghiera, è stata presentata per la prima volta a Londra a Gennaio di quest’anno, all’interno di Photo 50, a cura di Tim Clark.
Ruth Beraha espone invece dei lavori del 2018 catalogati dall’artista come “autoritratti”. Una serie di mazze da baseball realizzate in vetro colorato di Murano soffiato, per esempio, compongono l’installazione “Run Home (Self-portrait)”. Nell’opera la sensualità tattile della materia contrasta con la violenza potenziale attuata o subita, inserendosi all’interno della ricerca dell’artista nei confronti delle ambiguità umane, soprattutto legate alla sfera del male. In “Io non posso entrare (autoritratto)”, invece, l’artista immagina la possibilità del ritorno della segregazione razziale nella nostra società, esponendo sulla porta della galleria un oggetto specchiante che porta su di se un odioso messaggio.