Donna Consolata non lo farebbe mai. Una giovane ignuda a un disinvolto picnic con due gentiluomini incravattati? Donna Consolata è molto spiritosa e certo si divertirebbe a ricreare, nel parco del suo castello di Pralormo, l’atmosfera del quadro più celebre ed enigmatico di Edouard Manet, eppure la filologia glielo impedisce. Magari anche quello che un tempo si chiamava comune senso del pudore, e la preoccupazione per le creature, ma di sicuro la filologia.
Con una fonda conoscenza della storia dell’arte come la sua, potrebbe abbinare un’opera dell’Ottocento francese al clima settecentesco che fa rivivere il 9 giugno? Giammai.
Si cavino, dunque, dagli armadi in soffitta per chi li possiede o si noleggino da un costumista teatrale Andrienne, Circasienne, mantò e falpalà e s’indossino a “Una domenica fuori dal tempo”, con il pique-nique grand siècle, organizzata da Filippo e Consolata Beraudo di Pralormo.
Chi non abbandona jeans e scarpette da ginnastica farà da spettatore. Peccato, però, rinunciare al ballo trascinati dal gruppo Historia Subalpina, già di scena a Torino alla Villa della Regina, ai Palazzi Reale e Carignano e alla Reggia di Venaria, che in abiti d’epoca coinvolgerà il pubblico in danze e contraddanze barocche.
Ai padroni di casa, anzi di castello, verrà dedicata una contraddanza in stile inglese del ‘700 Etoile sur le rouge et le bleu che richiama lo stemma della famiglia Beraudo di Pralormo. Tre coppie di danzatori formeranno una stella e tre colombe mentre i colori del casato, il rosso e il blu, volteggeranno nei nastri tenuti in mano dai ballerini, sulle note del Werther di Gaetano Pugnani, principale compositore piemontese del Settecento.
Oltre alle danze, gli antichi giochi all’aperto: il maglio o croquet, i cerchi volanti e i birilli, la palla avvelenata, la mosca cieca. Sembrerà di immergersi in un dipinto di Jean-Honoré Fragonard!
In programma anche una promenade scenografica attraverso il parco fino al giardino del Castello, al ritmo della musica dal vivo. I tulipani, che ad aprile sono la gloria di Pralormo, riverberano nella memoria di chi è stato stordito nel loro splendore. Alcuni riposano allo stato di bulbo, nel sottobosco.
A metà pomeriggio la merenda con le specialità della pasticceria piemontese su porcellane e argenterie avite. Per i bambini, lo spettacolo di fatine mignon che trasportano piccoli frutti e preparano un picnic in miniatura.
“Saper rivivere con piacere il passato è vivere due volte” scrisse il principe latino degli epigrammi, Marco Valerio Marziale.
Nel padiglione Orangerie si potrà visitare l’esposizione Chic-Picnic. La parola ‘’picnic’’, ricordano a Pralormo, deriva dal francese pique-nique (piquer: prendere, spilluzzicare e nique: piccola cosa); il termine sembra si sia diffuso alla fine del XVII secolo e inizialmente si riferiva a un pasto frugale, all’aperto sui prati. Gli aristocratici erano soliti offrire un momento conviviale ai propri ospiti per ristorarli in occasione delle battute di caccia, con cibi prelibati ed elaborati.
In mostra la rievocazione del momento della preparazione di uno di questi sontuosi banchetti con enormi cesti traboccanti di argenteria, cristalli, fiori per gli addobbi, candelabri preziosi e altri oggetti inaspettati.
Nel XIX secolo il picnic divenne un’abitudine irrinunciabile per tutti: su un prato, sulle rive di un lago, sulla spiaggia. Il “picnic nel bosco di Mondovì”, allestito con ceramiche barocche piemontesi, con alcuni piatti curiosi di forma quadrata che nel Settecento si chiamavano marescialla, è l’omaggio a una delle eccellenze del territorio piemontese ancora attiva: la produzione della ceramica a Mondovì.
Infine, i “picnic nei dipinti di pittori famosi”, ed ecco, finalmente, la ragazza nuda di Manet, e altre riproduzioni di James Tissot, Claude Monet, Paul Cézanne. Donna Consolata, nella sua esuberanza, avrebbe sognato le tele originali, ma forse nemmeno lei si è sentita di telefonare al Museo d’Orsay.
“I veri paradisi sono i paradisi che si sono perduti”. Sì, è quell’allegrone di Marcel Proust. Il 9 a giugno, a Pralormo, si riacciuffi il paradiso. Tanto più che, secondo William Faulkner: “Il passato non muore mai. Non è nemmeno passato”.