La bellezza deve essere qualcosa di palpabile. Qualcosa che trova spazio tra i sensi e si incanala nelle pieghe del pensiero, restandoci a lungo. Una cosa bella non deve essere necessariamente perfetta e l’imperfezione può essere a sua volta depositaria di senso e di straordinaria bellezza. Prospettive falsate, stratificazione di colori, scorci sbagliatissimi ma meravigliosi. La pittura nei secoli è stata dimora di tutto questo, attraversando le epoche -epicamente, tra suicidi e ammazzamenti di varia teatralità rimanendo fedele a se stessa, con tutte le contraddizioni che la abitano.
E’ con questi presupposti che nasce la prima mostra dell’anno della Galleria Monitor: If it is un- touchable it is not beautiful propone di investigare il lavoro di cinque artiste italiane (di nascita o di adozione) mettendone a confronto le diversità, le analogie, l’approccio al mezzo pittorico vissuto nella sua interezza.
La pittura di Maddalena Tesser (Vittorio Veneto, 1992) è popolata da presenze femminili per lo più immerse in atmosfere sospese e misteriose. Si respira Venezia e la pittura dei suoi palazzi. I volti si mischiano nell’oblio dell’incertezza, a volte dettagliatissimi, a volte appena accennati, a volte assenti. Sono i colori che colpiscono maggiormente. Dissonanti, acidi, a tratti quasi violenti per poi divenire di nuovo liquidi, velati, impalpabili come Risveglio, 2018. E questo accanirsi sugli og- getti, la loro presenza, il dettaglio che li abita come in La Teoria delle Vergini (Solo), 2017 in cui pavimento e soffitto quasi cadono addosso alla figura che li appartiene ma senza schiacciarla, semplicemente lambendone i contorni.
Giuliana Rosso (Torino, 1992) che lavora principalmente su tela e carta, non disdegnando l’approccio anche scultoreo nella sua ricerca, afferma di indagare “l’interiorità e le sue ombre, gli an- goli più nascosti delle coscienze, delle cose e il non sense come luogo in cui scaturiscono realtà inconsuete”. L’artista piemontese predilige ritrarre adolescenti o figure che si riferiscono a quel determinato momento della vita, indefinito, in via di formazione, ricco di possibilità ma anche di timori e paure. Stati d’animo e sensazioni che sono da ricondurre ad un sentire quasi ancestrale, fatto di demoni e stregonerie, detti e proverbi, fiabe e premonizioni, tutti resi con una vena decisamente noir e una costruzione del dipinto ammiccante ad una ben costruita e apparente naivitè come si riscontra ne: Il gioco o nel dipinto I metafisici.
Alice Visentin (Torino, 1993) , un’altra giovane promessa dalla città sabauda: dipinti grandi, titanici, dai colori aggressivi ma mai stridenti. Una pittura tonale, priva sfumature e ornamenti -come si legge di lei – Un’esplosione di blu, rossi, gialli e queste silhouette corpose, imponenti, che ricordano un pò dei giocolieri, dei saltimbanchi, degli impacciati soldati alla corte di un re.
Non sono inquietanti. Anzi. Appoggiati in una sorta di dimensione aurea, esprimono fissità, calma, immutabilità anche se – a ben osservare -sembrano come avvolti da una strano, come lontano e dunque attutito velo di malinconia.
Aryan Ozmaei è di Teheran (1976), immersa in una cultura fiorentina complessa e tormentata da una quindicina d’anni. La sua pittura reca in sé i retaggi di un mondo relativamente vicino -ma di- verso. L’ Iran della sua adolescenza, gli interni della sua domesticità, i paesaggi che cambiano a seconda della regione che si attraversa. Il tutto visto attraverso finestre che si affacciano sulla possibilità di un futuro ipotizzabile e sospeso -nella memoria? nel momento presente? I colori dei suoi dipinti sono un caleidoscopio di pennellate. Qui ci sono tanti strati, tante sfumature, tanti ri- pensamenti che trovano compimento in una stesura finale decisa e forte.
Paola Angelini (San Benedetto, 1983). Una pittura, complessa, stratificata. Fatta di piani di lettura che sfumano l’uno nell’altro senza mai perdere la loro individualità. Sovente, nei primi lavori pittorici della Angelini è negli sfondi che accade moltissimo, anche quando sembrano essere -apparentemente- monocromi; oggi invece ogni parte del dipinto ha un suo peso specifico, il discorso pittorico si articola su tutti i piani del lavoro. Come sostiene la stessa artista: “Esiste una necessità nel fare pittorico, circoscritto in uno spazio delimitato dalla tela, entro il quale a imbuto tutto con- verge. La necessità è mossa da un raziocinio fatto ad immagini che deve trovare un linguaggio necessario per poter contenere un continuo lavorio mentale conscio e non, che ha come scopo la costruzione di nuove visioni.”
Nel giorno sacro agli amanti, la sera di San Valentino 2019, incontriamoci tutti davanti a dei muri colorati, ricchi di immagini, storie, mondi.