Dopo la recente scomparsa, la galleria Il Ponte dedica a Hidetoshi Nagasawa, artista con cui ha collaborato più volte a partire dalla mostra Interferenza, tenutasi in galleria nell'ottobre-dicembre 2005, una retrospettiva incentrata sugli anni '70.
Specificatamente dal 1969 al 1979. In questi anni, infatti Nagasawa, giunto in Italia nel 1967 definisce il suo modo di essere artista. Trovando nelle scultura, spesso giocata anche su minimi rilievi della superficie, la propria modalità espressiva, sviluppata poi per tutta la sua vita. La mostra e il catalogo sono incentrati su un importante e raro nucleo di opere degli anni ’70. In mostra ne verrà presentato una serrata selezione fra le quali Colonna (1972), Viti di Bagdad (1975). In catalogo sarà invece pubblicato un ampio repertorio di immagini delle opere sempre di quegli anni.
Hidetoshi Nagasawa nasce in Manciuria (da genitori giapponesi, ivi trasferitisi per il lavoro del padre, medico militare) il 30 ottobre del 1940. Durante il conflitto mondiale con l’attacco dell’Unione Sovietica la famiglia è costretta a fuggire in Giappone, vicino Tokyo. In questi difficili anni minati dalla guerra, Nagasawa frequenta la scuola secondaria dove si avvicina all’arte contemporanea aprendosi ai gruppi d’avanguardia (Neo-Dada) e in particolar modo scoprendo l’attività del gruppo Gutai (di cui ammira la creatività, la libertà di espressione attraverso le loro Azioni e la novità del linguaggio – con ogni mezzo si può esprimere l’idea – in opposizione alla tradizionale cultura accademica dell’ambiente artistico giapponese) visitando le loro ripetute Esposizioni Indipendenti organizzate al Museo di Tokyo dal giornale Yomiuri News Paper fino al 1964. Nel 1963 si laurea al corso di Architettura e Interior Design e in seguito lavora in uno studio di design di un grande magazzino e poi in uno studio di architettura.
Nel 1966 inizia il suo – quanto mai fondamentale e per la sua vita e per la sua arte – viaggio in bicicletta attraverso l’Asia toccando Bangkok, la Malesia, Singapore, l’India, il Pakistan, l’Afghanistan, la Persia, l’Iraq, la Giordania, il Libano, la Siria, la Turchia. Dall’Oriente all’Occidente, dalla Grecia all’Italia, da Brindisi a Napoli, Roma, Firenze e Milano, dove nel 1967 si conclude la sua irripetibile avventura (tipicamente zen: non proporsi dove arrivare, ma far tesoro di ogni esperienza vissuta per il raggiungimento del profondo sé – che per l’artista si sublimerà con la pratica dell’Arte). Negli anni Sessanta a Milano si respira un clima di stimolante fervore artistico (l’esperienza dell’operato di Manzoni, di Fontana, e ora dell’Arte Povera) al quale non si sottrae Nagasawa che, trasferendosi nel quartiere operaio di Sesto San Giovanni, entra in contatto con artisti come Castellani, Fabro, Nigro, Trotta, Ongaro. In particolar modo stringerà una forte amicizia con Fabro. Dal 1968 il lavoro di Nagasawa procede senza interruzioni creando i Solidi di plexiglas, gli Oggetti manipolati, le Azioni nella campagna lombarda. Nello stesso anno prende parte all’Art Festival di Anfo – Brescia – insieme al Gruppo Torinese (Marisa Merz, Getulio Alviani, Nanda Vigo).
Dei primi anni Settanta le prime personali, a Milano (Gallerie Lambert, Galleria Toselli), Roma (Gallerie L’Attico, Arco d’Alibert), Torino (Galleria Christian Stein) in cui l’artista rivela un suo percorso che si inserisce nell’ambito dell’ Arte Concettuale passando dai video alle parole, concepite come elemento visivo, incise su lastre metalliche. In questi anni prende corpo anche una vera e propria produzione scultorea, con l’impiego dell’oro, del marmo, del bronzo. Nel 1972 partecipa alla XXXVI Biennale di Venezia e sviluppa un importante rapporto di lavoro con Ardemagni della galleria milanese Arte Borgogna, che cura il catalogo della mostra dello stesso anno tenuta da Nagasawa a Basilea, Internationale Kunstmesse Art 3 ’72, con testi di Pierre Restany e Gianni Schubert. Questo decennio ed il successivo vedono l’artista cimentarsi con successo in una produzione vasta e varia per temi (l’impronta del corpo, lo spazio, il tempo), mezzi di espressione, materiali (legno, ferro, cera, carta, bambù). Riscopre il valore della manualità e la scultura si espande su scala spaziale, risolvendosi in vera e propria creazione di “luoghi” (tra i soggetti ricorrenti, dimore, stanze, porte, muri, recinti, barche, paraventi).
I riferimenti alla cultura orientale si accentuano; il tema del viaggio come passaggio tra diverse realtà, il bilico delle sue opere tra visibile e invisibile, la materialità della scultura che si rende leggera e trasparente sono condizioni determinanti nella manifestazione del proprio linguaggio. Conseguentemente, gli impegni espositivi nazionali ed internazionali in personali e collettive, in spazi pubblici: 1978, Firenze, Palazzo Strozzi; 1982 e ’88, Biennale di Venezia; Galleria Comunale d’Arte Moderna, Bologna e privati: 1981, Galleria Sperone, Torino; 1988, Galleria Valeria Belvedere, Milano (con la quale intesse un rapporto artistico costante con esposizioni nel 1990, 1992, 1993, 1996). Si susseguono Documenta di Kassel (1992), Biennale di Venezia (1993) – con sala monografica nel Padiglione Italiano – International Exhibition Center di Tokyo (1995, Giardino delle Sette Fontane, il primo giardino realizzato dall’artista), Fattoria di Celle di Pistoia (Iperuranio) e Fondazione Mirò di Palma di Mallorca (1996, Jardin), Palazzo della Triennale di Milano e Palazzo Pretorio di Certaldo (2001, Giardino della casa del té), Palazzo delle Stelline di Milano (2002), Il Caffè Letterario di Modena (2003), Galleria Arco d’Alibert (2004) e Nuova Pesa di Roma e galleria Il Ponte di Firenze con la mostra Interferenza (2005). Nel 2006 partecipa alla XII Biennale Internazionale di Scultura di Carrara ed espone presso la Torre di Guevara di Ischia. Nel 2008 realizza l’opera Giardino rovesciato per il parco-museo della Villa medicea La Magia a Quarrata (Pistoia).
Tra le mostre degli ultimi anni si ricorda Nagasawa. Dove tende Aurora, organizzata fra il 2009 e il 2010 in Giappone a Saitama (Kawangoe City Museum / The Museum of Modern art), Osaka (The National Museum of Art), Kanagawa (The Museum of Moder Art) e Nagasaki (Prefectural Art Museum); Nel segno della Croce, Galleria San Fedele (Milano, 2010); Hidetoshi Nagasawa, MACRO (Roma, 2013); Hidetoshi Nagasawa, CAMUSAC (Cassino, 2014, a cura di Bruno Corà); Sette Anelli, Renata Fabbri arte contemporanea (Milano, 2015); Vortici, Palazzo Ducale (Mantova, 2016); Galleggiamento, Galleria Adalberto Catanzaro (Bagheria 2017, a cura di Bruno Corà); Hidetoshi Nagasawa. La scultura degli anni '70, Galleria Il Ponte (Firenze, 2019, a cura di Bruno Corà). Le sue opere sono nelle collezioni del Solomon R.Guggenheim Museum di New York, Middelheim Muse, Anversa, e Giappone (National Museum of Modern Art, Osaka; Museum of Contemporary Art, Hiroshima; Municipio Adachi-ku, Tokyo; Contemporary Art Center, Mito), che espongono i suoi lavori. Muore a Milano nel marzo del 2018.