In occasione dei cento anni dalla nascita di Carol Rama, la Galleria Il Ponte presenta un’ampia mostra dedicata all’artista (1918-2015) il cui lavoro anticonformista e autonomo da qualsivoglia insegnamento accademico emerge nel contesto artistico-culturale della Torino degli anni Trenta e Quaranta del Novecento, per poi attraversare l’intero secolo, fino ai primi anni del nuovo millennio, con la medesima passione e vitalità dei suoi inizi.
Con una selezione di circa 36 opere realizzate dal 1942 al 1997, la mostra ripercorre l’incessante sperimentazione di tecniche, materiali e soggetti iconografici di Carol Rama attraverso i momenti salienti del suo percorso artistico e di vita.
Dai primi disegni e acqueforti su carta degli anni Quaranta, legati al surrealismo, a Dubuffet e all’art brut, che già denotano grande maturità tecnica e d’ideazione, la mostra include alcuni rari lavori degli anni Cinquanta che attestano l’esperienza astrattista di Carol Rama all’interno del gruppo torinese del MAC-Movimento d’Arte Concreta.
Le opere del decennio Sessanta documentano invece la svolta decisiva del suo modus operandi: su macchie di colore di ascendenza informale sono applicati oggetti d’uso quali strumenti medicali, trucioli metallici, occhi di bambola che diventano essi stessi forma e colore.
Un ampio nucleo di lavori in mostra risale agli anni Settanta quando i due materiali extrapittorici per cui Carol Rama è maggiormente conosciuta, entrano a far parte delle sue composizioni: camere d’aria e guarnizioni in gomma, utilizzate al posto del colore e applicate su tela oppure ivi appese con un gancio metallico.
Concludono l’esposizione importanti esemplari realizzati nel corso degli anni Ottanta e Novanta che risultano emblematici di un volontario e sentito ritorno alla figurazione. Corpi, dentiere, lingue, organi genitali, scarpe abitate da falli, figure e animali fantastici, delineati su carte prestampate – spesso disegni tecnici di architetti e ingegneri usati come supporto –, esprimono il perenne desiderio di Carol Rama di fondere arte, vita e immaginazione, confermando quanto da lei rivelato nel 1985 a Lea Vergine: “Ho sempre amato gli oggetti e le situazioni che venivano rifiutati” poiché “creare lo scandalo attorno a me era quasi d’obbligo allora”.
La mostra è accompagnata da un portfolio con testi e immagini, con un saggio critico di Bruno Corà e un approfondimento sulle opere esposte di Ilaria Bernardi.
Olga Carolina Rama, detta Carol Rama, nasce a Torino nel 1918. Inizia a dipingere ancora adolescente senza avere alcuna formazione accademica, ma stimolata dalla frequentazione di importanti protagonisti del milieu culturale torinese, italiano e internazionale, tra i quali Felice Casorati, Edoardo Sanguineti, Massimo Mila, Albino Galvano, Carlo Mollino, Paolo Fossati, Carlo Monzino, Luciano Berio, Eugenio Montale, Andy Warhol, Man Ray.
In seguito a episodi familiari dolorosi, tra i quali le cure psichiatriche della madre e il probabile suicidio del padre, la sua arte diviene un modo per esorcizzare sofferenza e paure interiori.
Accostatasi inizialmente alla visionarietà del surrealismo, poi a Dubuffet e all’art brut, per in seguito aderire alle ricerche astrattiste del MAC-Movimento d’Arte Concreta nei primi anni Cinquanta e alla poetica dell’object trouvé negli anni Sessanta-Settanta, fino ai cicli di opere più recenti (l’ultimo suo lavoro risale al 2007) sviluppa un percorso del tutto personale e autonomo, adottando materiali, temi e stili diversi capaci di dar voce al suo universo onirico caratterizzato da un’iconografia provocatoria, sospesa tra trasgressione, eccentricità, autobiografismo ed erotismo esplicito.
La sua prima mostra personale risale al 1945 alla Galleria Faber di Torino (leggenda vuole che venisse chiusa dalla polizia per oscenità), alla quale seguono numerose altre occasioni espositive in gallerie private torinesi, prima tra tutte la Galleria La Bussola (1957, 1959, 1960, 1971), italiane (tra cui: Galleria Luciano Anselmino, Milano 1976; Galleria Dell'Oca, Roma 1987; Galleria Sprovieri, Roma 1994-95) ed estere (incluse: Galleria Lutrin, Lione 1966; Esso Gallery, New York 1997; Galérie Anne de Villepoix, Parigi 2002; Isabella Bortolozzi Galerie, Berlino 2009, 2012).
Dopo aver partecipato alla mostra itinerante sulle grandi artiste del Novecento, L’altra metà. dell’avanguardia, curata da Lea Vergine, esponendo alcuni acquerelli della fine degli anni Trenta presentati per la prima volta nel 1979 alla Galleria Martano di Torino, nel 1985 ottiene la sua prima ampia mostra antologica in spazio pubblico al Sagrato del Duomo di Milano, allestita da Achille Castiglioni e curata dalla stessa Lea Vergine. Questa mostra, assieme alla sala personale alla 45a Biennale di Venezia nel 1993 a cura di Achille Bonito Oliva allestita da Corrado Levi, e all’antologica allo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 1998 (poi all’ICA di Boston) a cura di Maria Cristina Mundici, ne avviano la conoscenza internazionale. Il grande riconoscimento pubblico arriva con il conferimento del Leone d’oro alla carriera nel 2003, in occasione della 50a Biennale di Venezia, con il prestigioso Premio Presidente della Repubblica attribuitole nel 2010 da Giorgio Napolitano, e con importanti mostre antologiche e retrospettive, tra le quali nel 2004 l’ampia antologica a cura di Guido Curto presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (poi al Mart di Rovereto e al Baltic Museum di Gateshead), nel 2008 l’antologica al Palazzo Ducale di Genova a cura di Marco Vallora, e più recentemente l’esposizione itinerante “The Passion According to Carol Rama” (2015-16) presentata al Museu d’Art Contemporani di Barcellona, al Museée d’Art Moderne de la Ville de Paris, all’Espoo Museum of Modern Art in Finlandia, all’Irish Museum of Modern Art di Dublino, e alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino.
Il consenso internazionale è poi consolidato nel 2017 grazie all’importante mostra a lei dedicata tenutasi al New Museum di New York, a cura di Helga Christoffersen e Massimiliano Gioni, realizzata a due anni dalla sua morte avvenuta il 24 settembre 2015, a 97 anni, nella casa-studio torinese in via Napione.