The Gallery Apart è orgogliosa di presentare Sealed Vessels, la quarta personale in galleria di Florian Neufeldt (1976), artista tedesco di stanza a Berlino. Impegnato a relazionare la propria pratica scultorea con gli spazi e le architetture atte a ricevere le sue opere, Neufeldt approfondisce ulteriormente il tema facendo dello spazio il contenuto della sua arte e assegnando il ruolo di contenitore non solo alla struttura della galleria in quanto tale ma anche agli oggetti trovati, che l’artista abitualmente seleziona e piega ai fini della sua ricerca formale. La mostra Sealed Vessels fa riferimento ai contenitori in senso lato. Fin dagli albori dell’umanità e della sua evoluzione culturale i contenitori di qualunque forma, dimensione e destinazione funzionale hanno giocato un ruolo cruciale nella gestione della vita quotidiana e ai fini della sopravvivenza. Dalle caverne utilizzate come rifugi dagli uomini primitivi ai vasi per contenere derrate alimentari, acqua o altri liquidi, l’importanza dei contenitori non è mai venuta meno ed essi possono essere visti come una delle basi su cui si fonda la nostra civiltà.
L’uomo ha spesso tratto spunto dalla natura, tentando di copiarla nei suoi modelli apparentemente perfetti. Uno di questi prodotti naturali è l’uovo le cui straordinarie qualità hanno ispirato una moltitudine di oggetti, architetture e teorie più o meno scientifiche. Ancor più di queste teorie è la religione nelle sue varie manifestazioni ad avere introiettato l’uovo come forma simbolica assegnandogli un’aura ancora brillante. Se l’uovo come contenitore evoca naturalmente un contenuto che attiene alla vita e dunque a categorie e principi alti e auratici, la realtà industriale e la produzione di massa riescono per lo più a sminuire quest’aura. La serie di sculture intitolate Sealed Vessels mette a confronto le uova con contenitori industriali metallici creati dall’uomo che assumono una forma abbastanza simile. Ridotti alle loro forme di base, con tutti gli accessori eliminati e le aperture sigillate mediante saldatura, questi contenitori standard per gas e liquidi fungono da piedistallo per il paradigma naturale (l’uovo) che, per quanto riguarda la sua posizione stranamente bilanciata sui contenitori metallici, potrebbe sembrare in qualche modo attaccato al suo epigono.
Ma è nel basement della galleria che Neufeldt porta ad estreme conseguenze il corto circuito tra contenuto e contenitore, tra forma e vuoto. Lo spazio agibile da parte dello spettatore viene radicalmente ridotto a causa dell’inopinata presenza di un muro prima inesistente, che da una parte strizza lo spazio espositivo imponendo un approccio claustrofobico alla visita, dall’altra si propone come contenitore (di nuovo) di opere questa volta incastonate nella parete e, infine, evoca inevitabilmente la presenza di uno spazio ben più grande che, oltre la parete stessa, propone all’immaginazione un grande vuoto. Completa la mostra un video che ancora una volta evidenzia la particolare attitudine di Neufeldt al mezzo, già utilizzato in altre occasioni ma sempre con un approccio scultoreo, volto a sfruttare con semplicità e nel contempo con profondità la predisposizione dell’immagine in movimento a scandagliare ogni possibile relazione tra oggetto e spazio circostante.