Le Gallerie degli Uffizi presentano la nuova acquisizione di un bozzetto in terracotta per il Ratto di Polissena, gruppo monumentale realizzato in marmo dello scultore Pio Fedi ed esposto nella vicina Loggia della Signoria.
Dante Alighieri lo collocò tra gli assassini nel VII cerchio dell'Inferno (XII, 135) indicandolo semplicemente come Pirro, benché non sia chiaro se si riferisse al figlio di Achille chiamato anche Neottolemo, o al re dell’Epiro del quale però altrove tessé le lodi. È certo invece che Pirro/Neottolemo si erge con la sua spada sguainata nell’imponente gruppo marmoreo del Ratto di Polissena unica opera “moderna” ritenuta degna essere collocata accanto ai capolavori di Benvenuto Cellini e di Giambologna.
Nel maggio del 1865, in concomitanza con l’inaugurazione in Piazza Santa Croce della statua di Dante Alighieri, lo scultore Pio Fedi svelava al pubblico il colossale gruppo in marmo del Ratto di Polissena nel suo studio di via de’ Serragli, nell’Oltrarno della città. L'artista decise infatti di aprire alla cittadinanza le porte del suo atelier durante le ore serali, presentando la grande scultura, illuminata con la sola fioca luce delle candele, insieme ai bozzetti preparatori in terracotta e in gesso in modo da illustrare l'iter del processo ideativo e creativo del capolavoro.
La mostra Il Ratto di Polissena - Pio Fedi scultore classico negli anni di Firenze Capitale, curata da Simonella Condemi ed Elena Marconi, si propone di rievocare quel suggestivo allestimento voluto dall’artista: così, nel raccolto e raffinato ambiente della Sala del Camino, a far da cornice al modello di recente acquisizione, saranno esposti altri cinque suoi bozzetti in argilla, quale testimonianza di una fase esecutiva ancora embrionale, ovvero la “nascita dell’idea”, sulla via della realizzazione finale in marmo, corrispondente alla “resurrezione della scultura”, oltre ad alcuni disegni preparatori per il gruppo marmoreo. Questi studi, tracciati da Pio Fedi con mano felicissima, a matita nera e rossa, penna, acquerellature e colpi di biacca, costituiscono le tappe di un percorso difficile e complesso per giungere alla redazione finale del gruppo monumentale, destinato a decretare la gloria di Pio Fedi in Italia e all’estero.
Due dipinti illustrano alcuni momenti della vita artistica del giovane Fedi e della Firenze di quegli anni: il ritratto dello scultore eseguito da Luigi Mussini nel 1842, quando entrambi si trovavano a Roma come borsisti dall’Accademia di Belle Arti di Firenze e la veduta di Piazza Signoria, realizzata intorno al 1846 da Giuseppe Canella, nella quale si osserva la Loggia dei Lanzi vent’anni prima che vi fosse collocato il Ratto di Polissena. Questa piccola mostra, non soltanto consente ai visitatori di ammirare una parte non esposta e perciò meno nota delle collezioni del museo, gettando così uno sguardo anche su quei depositi di cui tanto si parla, e che vengono periodicamente presentati al pubblico proprio in occasioni come questa, ma costituisce anche l’opportunità migliore per mettere di nuovo nella luce che gli compete lo scultore Pio Fedi, la cui fama è legata, oltre che al Ratto di Polissena, anche alla figura della Libertà raggiata per il Monumento funebre a Giovanni Battista Niccolini, eretto nella basilica di Santa Croce, che servì da ispirazione allo scultore francese Frédéric Auguste Bartholdi per la sua Miss Liberty, celeberrimo simbolo della città di New York.
Originario di Viterbo, ma fiorentino di adozione, Pio Fedi si formò tra l’accademia fiorentina, sotto la guida di Lorenzo Bartolini e quella di San Luca a Roma, dove ebbe come maestro Pietro Tenerani, ma fu nella capitale toscana che maturò la sua personalissima visione dell’arte. Negli anni di Firenze capitale egli riscosse ampi consensi, risultando particolarmente apprezzato da un’ampia clientela soprattutto straniera, che visitava spesso il suo l’atelier, facendone quasi un obbligo mondano, non solo per ammirarvi i grandi modelli delle sue opere a carattere monumentale, destinate ed esser tradotte in marmo come il Monumento al Generale Manfredo Fanti o la Civiltà Toscana, ma soprattutto le statue da salotto, di piccolo formato che illustravano allegorie amorose o soggetti desunti dal repertorio dantesco, come Nello della Pietra e Pia de’Tolomei.
Ma fu con la drammatica vicenda della giovane figlia di Priamo, Polissena uccisa dal feroce Pirro, per vendicare il padre Achille, episodio narrato da Euripide nell’Ecuba e da Seneca nelle Troadi, ma anche dal Niccolini nella sua omonima tragedia moderna, che Pio Fedi riuscì a coinvolgere il pubblico, inducendolo ad assistere trepidante alla scena della giovane donna, disperata ed inerme in atto di subire il colpo fatale, mentre la madre tenta di fermare la mano di Pirro, che ha già straziato l’altro suo giovane figlio, Polite, giacente ai suoi piedi.
Una composizione in grado ancora oggi di commuovere grazie alla classica eloquenza delle forme ed alla contrapposizione dei caratteri, capace, al pari dei grandi tragici, di esprimere un concetto universale e grandioso, e per questo di rendere estremamente attuale l’immagine dell’indifesa Polissena, eletta a simbolo di tutte le donne di ogni epoca costrette a subire la furia brutale degli uomini. Pochi altri artisti avrebbero avuto tanto peso, poche altre immagini avrebbero avuto altrettanta efficacia nel celebrare la giornata contro la violenza sulle donne, opportunamente scelta come data simbolica per inaugurare la mostra.