Se è vero che la Bellezza è quel senso di maestà e di dignità divina nel corpo, così allora la natura, come l’artista, sa produrre armonia e bellezza in quanto, da un certo punto di vista, è il divino, o la sua idea, che si esprime nel mondo. Per questo, ipotizzando una sorta di osmosi tra natura, arte e vita potremmo spingerci a dire che forse nel tessuto a palizzata di una foglia, nell’architettura di un radiolario, dorma, muta sì, ma già accennata, la superiore geometria del Partenone o della Sfinge del deserto.
Osservando così queste immagini e leggendo queste parole, si ha l’impressione che arte e natura, come per un procedimento alchemico implicito, si fondano generando Bellezza. Poiché le forme, le linee e le parole, per le due artiste, non sono che simboli che fanno da tramite, con la loro energia, tra l’essere umano e il cosmo, come a dire che quando nelle parole stesse e nelle immagini agisce una forza allora non è più necessario comprendere, perché certe cose si sanno così, come si sanno le cose dei sogni.
Questo vale per certe figure femminili antropomorfe la cui pelle plasmata dal pennello di Octavia Monaco ci appare così liquida, fluente e pura da sembrare composta di acqua lunare. Oppure ci sono certi incendi di rossi così vivi, così fiammeggianti che l’osservatore, con un solo colpo d’occhio, può arrivare a percepire tutta la densità del fuoco o del sangue, insomma della materia che arde da quando mondo è mondo. Così è per il cuore che si apre a scomparsa, come uno scrigno o un tabernacolo, e che custodisce al suo interno quanto vi è di più lieve eppure di più essenziale per significare la sostanza umana: una piuma bianca.
Forza e Bellezza presenti, anche, in certi occhi dipinti che appaiono, inaspettatamente, mimetizzati alle mani o sulla fronte di alcune delle figure ritratte come a voler rovesciare l’universo, perché, forse, soltanto in questo modo, come scrive Costanza Savini, “soltanto scompaginando come un puzzle la realtà, dopo aver mescolato di nuovo i suoi pezzi è possibile vedere meglio le cose. Perché se è vero che stiamo andando verso un punto cruciale della storia dell’uomo, così è altrettanto vero che c’è chi, con la propria opera e il proprio pensiero, ha già immesso un software diverso ed è questa, forse, la sola via per la “rivoluzione umana”: perché l’uomo torni di nuovo a dimorare poeticamente in sé e nel mondo.