M77 Gallery presenta Gypsoteca, una serie di nuovi lavori di Agostino Iacurci (Foggia, 1986).
Pittore, illustratore, incisore, muralista e scenografo, Agostino Iacurci ha creato un progetto espositivo site specific per gli spazi di M77 Gallery, proponendolo come punto di arrivo di una ricerca durata quasi due anni intorno al tema del colore così come veniva concepito e utilizzato nella pratica della statuaria antica.
Punto di partenza della ricerca di Iacurci è la scultura greco-romana vista nella pratica che originariamente fondeva i materiali specifici della scultura – il marmo, il bronzo, il legno o la terracotta – con il colore, creando così un tutt’uno che il tempo e un artificioso gusto antiquario ha in qualche modo alterato se non proprio cancellato, dando corso così a un’idea di classicità fatta di asettici biancori marmorei o di patine monocromatiche. Iacurci è affascinato dalle ricostruzioni degli originali delle opere greche e romane nelle loro tinte vivide e nei pattern violenti, quasi psichedelici. Con Gypsoteca l’artista ha voluto quindi creare un contemporaneo catalogo personale dell’antico, distante dal neoclassicismo e dalla monocromia esaltati e codificati nel XVIII secolo dal visionario Joahnn Joachim Winckelmann.
Gypsoteca, titolo che richiama esplicitamente il luogo dove vengono conservati i modelli in gesso di statue busti, teste, rilievi e fregi antichi, è dunque un viaggio in un universo parallelo, ricco di immagini e invenzioni visive animate dal colore.
La serie di opere in mostra cattura l’eco di linguaggi artistici remoti ma universali in cui il colore si pone come simbolo arcaico e, al tempo stesso, connota una realtà contemporanea popolata di fantasmi virtuali con cui convivere. I Lari domestici, gli Eroi antichi e le Divinità dell’Olimpo – squillanti nei loro colori – hanno ritrovato nelle tele di Iacurci i luoghi sacri a loro dedicati. E l’artista a loro offre doni e chiede protezione.
La mostra rimarrà aperta al pubblico da martedì 22 maggio al 8 settembre 2018 e sarà accompagnata da un volume con un testo di Michele Bonuomo.