Inaugura l’11 giugno 2018 presso la Gallerja di Roma la mostra fotografica Sottopelle dell’artista Paolo Sollazzo. Dopo collaborazioni con RAI, RCS e Mondadori per la realizzazione di reportage fotografici a New York, Miami, Managua, Nicaragua, Costarica e Honduras Paolo Sollazzo approda alla fotografia d’arte; conservando la dedizione allo spazio e l’attenzione al soggetto documentaristica opta tuttavia per riscrivere l’utilizzo del mezzo. Fondamentale nel 2007 l’incontro con il fotografo David Alan Harvey, dell’Agenzia Magnum, che di lui scrive: «Paolo Sollazzo è un poeta (...) Non smette mai di fotografare, ma proprio mai. Ho capito che la sua personalità alla “Peter Pan” e il suo istinto nell’uso delle luci, del momento e della composizione non entrano in confusione tra loro. Lui è libero, è totalmente se stesso. Lui è già dove altri arriveranno».
Nel 2015 con il libro fotografico Dissolvenze Edizione Graffiti vince il primo premio Gold del Concorso TIFA 2016 (Tokyo International Foto Awards), il secondo premio del MIFA 2016 (Moscow International Foto Awards), e l’Honorable Mention dell’IPA 2016 (International Photo Awards). La mostra fotografica relativa al libro è esposta presso la Galleria SMAC di Roma e a Gerusalemme nel Centro Culturale Dar Issaf Nashashibi For Culture, Arts & Literature. Con Mongolia – Taccuino di silenzi nel 2016 aggiunge al novero dei premi il Primo premio Gold del PX3 2017 (Prix de la Photographie Paris), una selezione di foto tratte dal libro viene esposta presso la Galleria SMAC e nel Salone delle Scienze del Museo delle Civiltà – Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma. Con il suo ultimo libro fotografico, sempre Edizione Graffiti, con cui collabora dal 2014, si aggiudica il premio Silver del MIFA 2018 Moscow International Foto Awards, Categoria Documentary e il premio Bronze del MIFA 2018 Moscow International Foto Awards Categoria Fine Art come miglior libro fotografico.
Gli ultimi lavori in mostra esprimono e promuovono un'arte che non è fotografia soltanto, non dipinto, ma sogno, immaginazione. Racconto di incontri fuggevoli, prove pratiche di conoscenza al di là di quel che, letteralmente, appare, per arrivare all’anima: del fotografato, di una persona, di un gruppo di persone, di un paesaggio. Con Sottopelle lo sfumato a volte anche estremo si conferma cifra del racconto fotografico di Sollazzo, che mette in discussione con la nitidezza anche il principio di riconoscibilità che per diverso tempo è stato considerato il tratto distintivo della fotografia, l’inesorabile realismo che la eleggerebbe ad arte del futuro. Eppure proprio Man Ray sosteneva che il vero destino della fotografia non è quello di diventare l’arte dell’avvenire, ma di essere solo un altro tipo di arte. Questa semplice affermazione apre alla fotografia tutto un ventaglio di possibilità espressive che esulano dalla mera utilità, perfezione, infallibilità del mezzo.
Il fotografo russo Alexei Vassiliev, che ha fatto dello sfocato il caposaldo della sua ritrattistica, scrive a proposito della scelta antinaturalistica: «Quello che mi affascina di un luogo è quando viene immerso in una luce implacabile, che interferendo con lo spazio ed i colori, rende impossibile decifrare la nozione del tempo». Il fotografo con il suo approccio estetico rivela una bellezza del mondo insolita. Nei luoghi anonimi, nei momenti inaspettati sorge il fascino dell’indefinito e dell’indefinibile.
I due concetti base che l’occhio nuovo mette in discussione nell’interrogare la realtà sono il tempo e la luce, elementi cardine dell’atto fotografico. Studiare l’esposizione, la giusta calibratura delle parti per ottenere il risultato tecnicamente più preciso, diventa ora solo la base per scavalcare ogni esattezza documentaria e arrivare alla riscrittura dei due canoni; un tempo dilatato e una luce che impregna i colori, che quasi sceglie le forme e le tinte da esaltare in un dialogo serrato con lo spazio, e con il fotografo per primo. Contro la supremazia modernista della visione si era espressa all’apice di una teorizzazione contemporanea Rosalind Krauss, che per definire la negazione della visione riprende direttamente da Walter Benjamin il termine inconscio ottico. Il soggetto è effetto dell’inconscio (usando lo schema L di Jacques Lacan) e la risultante dell’atto fotografico è la relazione tra l’io e l’inconscio ottico, oggetto che la pragmaticità del Modernismo sembra invece voler negare. In una sorta di ciclicità della storia si evidenzia oggi la medesima dicotomia, la liquidità della pittura fotografica/fotografia pittorica che Sollazzo sceglie per i suoi scatti elegge ad interlocutore della realtà l’estro, l’inesattezza, l’istinto che rivela una necessità di liberazione dagli argini di un razionalismo didascalico, un distopico modernismo nella società dall’era detta postmediale. Egemonia digitale che tra postproduzione selvaggia e strumentalizzazione pubblicitaria della realtà, fa spesso della veridicità della visione un mezzo per mutare (ritoccare, correggere, modificare) più che esaltare la verità. Parafrasando Susan Sontag, la fotografia ha sublimato il suo ruolo di nesso equivoco tra l’io e il mondo, che aumentando vertiginosamente il valore dell’apparenza fa sì che l’apparenza stessa diventi il modello per la realtà.
Gli scatti che Gallerja espone in un corpo di 14 lavori, testimoniano l’evoluzione alternativa e antifigurativa relativa al mezzo fotografico, che permette di prendere le distanze dalla veridicità spesso forzata e andare verso una non visione che tenda alla verità intima, lontana così dalla originaria foto enciclopedica e dal Modernismo, quanto dall’Iperrealismo che nell’arte ha tanto imperato nell’ultimo decennio freddo e quasi medico anatomico, quando non crudele di sicuro impietoso, il movimento richiama all’occhio una sorta di positivismo emozionale.
La foto è qui intesa come puro gioco di luce e colore, attraverso la quale la realtà compare fuori dai criteri di riconoscibile/irriconoscibile, bensì nella sua essenza più profonda, viva e mobile, denotando un approccio amorevole e ottimistico verso un mondo non da analizzare, ma con il quale interagire, nel movimento.