Dal 25 maggio al 23 giugno 2018, la Galleria 10 A.M. Art di Milano (via Anton Giulio Barrili 31) ospita una mostra dedicata a Bruno Munari (1907-1998) uno degli artisti più significativi del panorama novecentesco italiano.
L’esposizione, curata da Luca Zaffarano, dal titolo Creatore di forme, affronta la complessità della ricerca sperimentale di Munari, in particolare identificando nella costante indagine su come una forma possa trasformarsi in un’altra, uno dei punti centrali della sua opera.
Le installazioni di Munari hanno la capacità di creare spettacoli mobili, forme modificabili, ricche di imprevisti e per questo capaci di trasportare lo spettatore in un mondo spettacolare e fantasioso.
La rassegna presenta una serie di opere storiche, come una Macchina Aritmica del 1951, un esemplare di Concavo-Convesso, mai più esposto a Milano dopo l’antologica di Palazzo Reale del 1986, e una Macchina Inutile del 1956, che portano ad avvicinarsi alla poetica multiforme della “macchina” quale apparato scenico essenziale, leggero e divertente.
In modo del tutto complementare Munari sviluppa la ricerca sul dinamismo delle forme anche in ambito percettivo. L’autore evita accuratamente di mostrare una composizione fissata in un certo istante, crea, invece, pitture dinamiche, instabili e complesse. In mostra si potrà ammirare un prototipo, esemplare unico, di Tetracono del 1965, alcuni Negativi-positivi su tavola dei primi anni ’50, e la pittura cromo-cinetica realizzata con filtro Polaroid rappresentata da un Polariscop degli anni ’60.
Talvolta un cambio di forma è ottenuto sovvertendo la funzione. È il caso delle Sculture da Viaggio, di cui viene proposto un raro esemplare in lamiera verniciata del 1958 accompagnato dalla corrispondente scultura in cartoncino. Queste sculture sono state studiate per essere messe in valigia, ripiegate come un origami; estratte dalla loro custodia e aperte, prendono forma, sviluppando all’istante un oggetto a tre dimensioni. A queste, si aggiungono alcune tra le più riuscite realizzazioni della serie di acrilici Colori nella Curva di Peano del 1974 dove si ha una variazione, teoricamente infinita, di colori dentro la struttura di una curva frattale.
Completa l’esposizione una serie di importanti esemplari di Xerografie Originali realizzate negli anni ’60 sfruttando l’idea di mettere in movimento pattern di vario tipo durante il tempo di scansione della fotocopiatrice, ottenendo, in questo modo, immagini deformate, rese uniche da un atto creativo non ripetibile.
L’attenzione critica verso il lavoro di Bruno Munari è in costante crescita. Lo testimoniano le recenti esposizioni in Italia, dopo l’importante passaggio alla Estorick Collection di Londra del 2012, la mostra itinerante in programma quest’anno in Giappone e le recenti acquisizioni di musei importanti come, ad esempio, il Pompidou di Parigi.
“La sua arte - scrive Luca Zaffarano - non ha segreti, è open-source. Le metodologie di ricerca sono ben spiegate, progetti e processi sono descritti nei dettagli. La sua arte è una sfida creativa ancora valida che ci spinge verso l’apertura e la condivisione di stimoli progettuali e poetici. Per Munari l’artista svolge una importante funzione sociale e l’estetica è condizione necessaria per comprendere meglio il nostro rapporto con il mondo e la natura”.