Le opere, recentemente acquisite dall’istituzione milanese grazie alla donazione dei collezionisti milanesi Giuseppe e Paola Berger, costituiscono un patrimonio particolare e unico che non ha eguali presso nessun altro museo del mondo.
La Pinacoteca Ambrosiana di Milano si arricchisce di un importante e unico patrimonio che non ha eguali presso nessun altro museo del mondo.
Dal 1° marzo 2018, l’istituzione milanese espone 72 placche rituali hindū raffiguranti il divino guerriero Virabhadra, recentemente acquisite grazie alla donazione di Giuseppe Berger, Ambrogino d’oro nel 1969, la cui collezione è da considerarsi come la più grande al mondo di opere su questa divinità indiana.
Questa nuova sezione, curata da Marilia Albanese, su una cultura tanto lontana quanto affascinante, risulta pienamente in linea con gli orizzonti culturali aperti dal Cardinale Federico Borromeo, che fin dalla fondazione della Pinacoteca Ambrosiana aveva da subito guardato ben oltre i confini dell’Europa.
“Quella indiana di Virabhadra, l’incarnazione terrifica di Śiva - afferma Giuseppe Berger - è, fra le mie collezioni, quella più ampiamente rappresentata per numero di pezzi e la più diversificata sia per materiali usati che per le diverse epoche di lavorazione, dal XII al XXI secolo”.
“Questa mia collezione - continua Giuseppe Berger - è nata per caso, una cinquantina di anni fa, quando entrai nella bottega dell’amico antiquario Saitz, allora in Porta Romana; qui acquistai a caro prezzo (120.000 lire!) la mia prima placca, ma soprattutto mi innamorai di questo grande guerriero e delle sue affascinanti storie”.
I manufatti esposti, realizzati tra il XVII e il XIX secolo, testimoniano la fede popolare e colta nei confronti di un personaggio del pantheon hindu che si affermò soprattutto durante il regno di Vijayanagara, ultima splendida roccaforte prima della quasi completa conquista musulmana del Paese.
Esteso su buona parte dell’India meridionale e del Deccan, il regno di Vijayanagara visse fra il 1336 e i 1565 due secoli di fasto e potenza celebrati con meraviglia anche da viaggiatori occidentali, fino al suo annientamento a opera della coalizione dei Sultanati limitrofi nella battaglia di Talikota.
Gli oggetti esposti – statuette e soprattutto placche in diversa lega – testimoniano la diffusione del culto nei diversi strati della popolazione, dall’ambito tribale a quello raffinato della cultura classica, con espressioni iconografiche quanto mai differenti, benché l’aderenza alla tradizione e il rifiuto di qualsiasi innovazione impongano canoni ben precisi.
Esposte negli altarini domestici e usate nel cerimoniale dei templi, le placche raccontano una storia antica e trasversale a molte culture: l’incarnarsi della collera divina nel cavaliere vendicatore che sconfigge l’ingiustizia.