Il senso della forma giunge attraverso i suggerimenti che la natura ci offre.
Quel senso che anche la postura dell’uomo, nel quotidiano, può assumere se speculare alla libera osservazione del naturale.
L’osservazione della grazia che appartiene ad ogni posa della vita vegetale, che stia alla luce o alla tenebra, ha sentore e sentimento verso lo stato in sé delle cose .
La forma del floreale e più in generale del vegetale è articolazione di un lessico che ha tutte le note umide e fluide della vita.
La grazia del movimento delle piante ed il suo impeto espressivo è sempre frutto di una composizione liquida e solida che si legge nell’atmosfera attraverso la pigmentazione che per tutta la storia dell’arte l’uomo ha emulato.
Il movimento che nella naturale esperienza la vegetazione regala è un’espressione grafica e sonora della ritmica dei volumi e delle superfici, ma anche forza drammaturgica senza giudizio.
Questo è un assunto che diviene premessa per portare all’attenzione lo stato di grazia che ancora oggi permane negli atti creativi dell’uomo, ma che sempre più di rado si manifesta: nei saloni dell’Hotel Salomon de Rothschild , a Parigi, in occasione delle ultime presentazioni dell’Haute Couture parigina, per la primavera-estate 2018, Pier Paolo Piccioli, per Valentino, ha reciso e accolto la forma di steli e corolle di fiori per l’onore di viverle accanto a pensieri e idee che oggi sembrano ineffabili.
L’esercizio di stile che ha regalato a questo tempo lo ha posto in traiettoria con la luce e le sue proprietà rivelatrici per un possibile modo di essere e questo contatto luministico lo ha stimolato con una tavolozza cromatica netta e brillante, colma e avvolgente. Attraverso l’eredità della storia e attingendo dalle pigmentazioni minerarie quanto celestiali di Jacopo Pontormo ha tradotto la natura di creature che rivaleggiano con l’occhio vegetale di Azuma Makoto e con la sua scultorea arte educata all’armonia: dalla terra agli astri.
Le creature di Piccioli sono germogli e infiorescenze che seguono la sintassi che sta tra Yves e Cristóbal e tra Balenciaga e Saint Laurent: l’idea piena e la sua esecuzione, il lampo luministico e la sua sostanza strutturale e materica. La sinfonica rappresentazione della lezione che la nobiltà formale del creato pone a esempio per le pagine della moda è tracciabile dalle radici al seme con tutto ciò che di tale processo è ammirabile. I copricapi piumati, dell’irlandese Philip Treacy, espongono all’occhio la cadenza del moto sottomarino (meduse) e le esplosioni solari di carnali e opulenti crisantemi, affioranti dai giardini imperiali del sol levante, a occultare ed esaltare la mistica dei volti.
Nulla costringe e tutto si posa attorno alla linfa fluente del femminile concetto d’eleganza di Piccioli. Come petali su pistilli, a schiudersi nei monocromi giustapposti sui grandi volumi che esprimono la planimetrica distanza tra bellezza e mediocrità, i grafismi floreali sono isole spontanee ed abitabili all’occhio nei loro potenti mezzi seduttivi.
Dalla terra, attraverso l’acqua per il cielo, l’esperienza radicata e radicale della couture di Piccioli, per Valentino, ha posto all’occhio le radici come fattore di bellezza assoluta ed identitaria dell’alta moda al punto che ogni abito porta il nome della sarta che lo ha realizzato e a pieno titolo ci racconta di un domani dove lo spazio è sublimato dalla bellezza e dalle sue origini. Allo stesso modo le radicazioni scultoree di Azuma Makoto, divengono punto di armonia ed osservazione dell’universo vegetale e ci raccontano di astrali visioni e delle loro germinazioni come processo totale di bellezza.
Piccioli ci conduce nella sostanziale rilevanza della storia per comprendere l’originalità di ogni processo creativo e della bellezza come atto totale d’amore e d’istinto lirico verso la vita nell’etereo spazio del futuro che è oggi: radicale e radicato dove l’alto è base d’opera e sua radice.