La Galleria 10 A.M. Art di Milano (via Anton Giulio Barrili 31) rende omaggio, a 110 anni dalla sua nascita, a Franco Grignani (1908-1999), artista tra i più profondi innovatori del Novecento.
Nell’ambito del costante lavoro di riscoperta e di presentazione del lavoro di Franco Grignani, figura poliedrica che si è mossa sul sottile confine che lega arte, design e grafica e che è stata celebrata la scorsa estate con una importante antologica alla Estorick Collection di Londra, la Galleria 10 A.M. Art si concentra ora sull’uso della fotografia che il grande artista e grafico lombardo ha praticato costantemente nel corso di tutta la sua attività, con particolare fervore negli anni cinquanta.
La mostra, curata da Marco Meneguzzo, in collaborazione con l’Archivio Manuela Grignani Sirtoli, presenta 20 opere tra sperimentali ottici su tela emulsionata e tavola e fotografie ai sali di bromuro d’argento.
La generazione artistica di Grignani è proprio quella che “scopre” le possibilità linguistiche della fotografia, spingendosi nel territorio, apparentemente estraneo a quella disciplina, che è l’astrazione. Come altri suoi coetanei, pionieri di questa “esplorazione” – primo fra tutti Luigi Veronesi -, Grignani vede schiudersi un mondo davanti a sé e lo approfondisce, non come se fosse avulso da altre pratiche artistiche, ma come connaturato a esse, quasi che la sperimentazione fotografica potesse essere propedeutica al lavoro di grafica “optical” che ha caratterizzato tutta la sua carriera. Di fatto, fotografia, grafica e pittura si intersecano indissolubilmente nel lavoro di Grignani, che alla fotografia chiede di poter sperimentare le infinite varianti di pattern e textures simili, sia che intenda riportarle in pittura, sia che preferisca utilizzarle nella loro veste iniziale di carta emulsionata.
In questo senso, la “Subpercezione”, è una delle categorie entro cui l’artista fa ricadere la visione delle sue opere. Come scrive Marco Meneguzzo, la “Subpercezione” è “una visione subliminale che sfrutta capacità “laterali” della mente nella visione dell’opera. La fotografia, utilizzata secondo empirismi segreti e gelosamente custoditi, e sempre per la produzione di superfici astratte regolari o distorte, anamorfiche o ripetitive, diventa così l’equivalente del bozzetto, dello schizzo iniziale dell’opera, ma al contempo ne costituisce anche l’essenza. Per questo, in mostra saranno esposte superfici pittoriche derivate da sperimentazioni fotografiche, tele emulsionate di estrema rarità e grandezza, oltre a un numero davvero cospicuo di carte fotografiche, firmate dall’artista, che testimoniano della puntigliosa ricerca della “variante” più interessante in un mondo in bianco e nero”.
Accompagna la mostra un corposo volume bilingue (italiano-inglese), edizioni 10 A.M. Art, curato da Marco Meneguzzo, il cui saggio si accentra sulla pratica fotografica di Grignani. Il volume aggiunge un ulteriore tassello nell’analisi della sua figura d’artista, dopo le pubblicazioni “generaliste” di due anni fa (personale alla 10 A.M. Art) e dell’anno scorso (mostra all’Estorick Collection di Londra).
Franco Grignani è nato nel 1908 a Pieve Porto Morone, in provincia di Pavia.
Sin dalla prima giovinezza partecipa alle manifestazioni del Secondo Futurismo. Nel 1933 Grignani è, con l’opera “Introspezione”, tra i 200 espositori nella “Grande Mostra Nazionale Futurista” di Roma, con artisti cooptati da Marinetti.
Nel 1934 partecipa, alla Galleria “Le Tre Arti” di Foro Bonaparte a Milano, alla mostra “Scelta Futuristi Venticinquenni” sottotitolata “Omaggio dei Futuristi Venticinquenni al Venticinquennio del Futurismo”. Di questo periodo della sua attività quasi tutti i dipinti sono andati perduti e dal 1935 abbandona ogni riferimento figurativo per dedicarsi , anche attraverso l’uso della macchina fotografica, alle sperimentazioni che essa gli consentiva: tutte ricerche che lo portano ad avvicinarsi alle tesi delle avanguardie astrattiste e costruttiviste.
Abbandonata la Facoltà di Matematica, scelta inizialmente, nel 1929 si trasferisce a Torino per iscriversi ad Architettura e, al termine degli studi, si trasferisce a Milano dedicandosi, come “laboratorio sperimentale”, alla progettazione di aree espositive e al graphic design, senza però trascurare la ricerca artistica, e scoprendo, in tutte queste attività, problematiche comuni alla comunicazione visiva.
Alla conclusione della seconda guerra mondiale, riprende la sua attività lavorativa nel graphic design, dedicando però tempo ed attenzione allo sperimentalismo artistico, indagando su aspetti tissurali, di subpercezione e flou, distorsione, moiré e induzione (1949 primi anni ’50).
Le due personalità di Grignani corrono, però, parallele: sin dagli anni ’50 realizza la comunicazione per Alfieri & Lacroix, ed è art-director selezionatore e artefice degli annuari “Pubblicità in Italia” dagli inizi degli anni ’50 al 1985, crea copertine per Penguin Books. Ltd, ed è Art Director della comunicazione Dompè farmaceutici.
Sin dai primi anni ’50 è membro dell’AGI, Alliance Graphique Internationale, e dell’International Center of Typographic Art di New York, ICTA. Nel 1957 cura la sezione grafica della Triennale di Milano. Nel 1964, disegna il Marchio Pura Lana Vergine destinato a essere valutato, da sondaggi Internazionali, il marchio più significativo mai prodotto.
Franco Grignani, nonostante la sua ricerca appartata, è stato una delle personalità che più hanno influenzato le indagini e gli studi sulla percezione visiva e le correnti “Op” della grafica internazionale.
Nel 1975 il Comune di Milano organizza una sua antologica alla Rotonda della Besana con più di 150 opere e da quel momento in poi si dedica quasi esclusivamente all’attività artistica: il suo campo di sperimentazione spazia dalle permutazioni alle dissociazioni, alle periodiche, le psicoplastiche, le diagonali nascoste, le strutture simbiotiche e iperboliche. Si dedica ad impegnativi progetti espositivi nel 1977 in Venezuela; nel 1979 e per tutti gli anni ‘80 in Italia.
Nel 1980, la Nuova Accademia di Belle Arti, NABA, gli chiede di entrare a far parte dello staff docente. È l’inizio di una lunga esperienza di insegnamento, che si coniuga con una incessante attività di ricerca e con la realizzazione di opere dall’impianto matematico sempre più complesso.
Alla fine del 1998 una malattia lo obbliga all’immobilità e il 20 febbraio 1999 si spegne a Milano, sua città elettiva. Tutt’ora, al NABA, un dipartimento è intitolato alla sua memoria.