Il counseling è utile a chiunque si trovi professionalmente in condizione di condurre colloqui che coinvolgono temi personali, privati ed emotivamente significativi per l’interlocutore, si riferisce, quindi, a tutte quelle professioni che fanno della relazione lo strumento principe del loro operare come, appunto, quella del professionista.
Intraprendere un percorso di counseling significa andare alla scoperta dei tesori racchiusi nella nostra intelligenza, nella nostra personalità, nella nostra stessa anima. Ci apriamo a quella ricchezza interiore che conduce a un nuovo modo di percepire se stessi e il mondo intorno a noi, che ci fa sentire più a nostro agio nelle situazioni che si presentano. E’ come mettersi un paio di occhiali grazie ai quali si acquisiscono dei nuovi punti di vista che ci fanno affrontare al meglio le sfide lavorative e non. In sintesi, si può dire, che il counseling aggiunge al nostro lavoro qualità per noi stessi e per gli altri.
Il modello M.E.C.©, Modalità Espressiva Circolare, è un percorso esperienziale di counseling, da me ideato, basato sui seguenti riferimenti teorici:
- L‘Analisi Transazionale (Eric Berne)
- Il Focusing (Eugene T. Gendlin)
- La Comunicazione non violenta (Marshall B. Rosenberg )
- La Psicologia dei sè (Hal e Sidra Stone)
- Il paradigma olistico (Cheli, Montecucco)
- La Psicosintesi (Roberto Assagioli)
E' concepito per apprendere le tecniche di comunicazione, di ascolto, di gestione del tempo e di sviluppo delle potenzialità creative che permettono al professionista di abbinare la propria competenza specifica a competenze trasversali di natura umanistica. Seguendo il modello, il nostro pilota automatico in genere reattivo si trasforma in proattivo, tramite la:
- Pianificazione
- Chiarezza riguardo obiettivi e scelte
- Determinazione
- Visione a lungo termine
- Fiducia nel risultato.
Il processo di consapevolezza della propria modalità espressiva si avvia e si alimenta tramite l’autosservazione e la sperimentazione di nuovi comportamenti proattivi (imparare a dire di no, porre dei limiti, gestire il tempo in modo efficace, elaborare soluzioni creative, utilizzare il focusing, ecc.). La consapevolezza della propria modalità espressiva primaria consente l’avvio del processo verso una competenza comunicativa più ampia e quindi efficace.
Comunicare in modo circolare è l’arte di condividere le emozioni oltre che le informazioni pratiche, richiede di sospendere i giudizi iniziando a porre attenzione alla nostra comunicazione non verbale. Ascoltare con questa predisposizione, che in genere si impara con un po’ di esercizio, in quanto non arriva spontaneamente a causa delle nostre abitudini; consente di diminuire il numero e il tempo degli incontri con le parti e di fare in modo che questi siano più fruttuosi dal punto di vista delle informazioni scambiate. (Il cliente sentendosi a suo agio ci fornisce maggiori dettagli e non li elimina come, invece, spesso succede). Il clima che si crea è una confidenza equilibrata e non invasiva, confidenziale nel giusto rispetto dei ruoli e del rispetto per la singola posizione: professionista e cliente. Astenersi dall’interpretare, analizzare, giudicare, schernire o consigliare produce miracoli prima verso noi stessi e poi nella interazione con l’altro. I clienti sono più sinceri, meno ansiosi, si lamentano di meno e sono disposti ad accettare le regole della mediazione. Nell’esempio che segue dimostro come un dialogo tipico può avere diversi tipi di evoluzione:
Dialogo tipico:
Cliente: "Sono nervoso per l’incontro di domani, speriamo che il giudice capisca…"
La segretaria dello studio dà una risposta comune: "Andrà tutto bene, il dottore è un eccellente oratore…"
ecco invece una risposta da ascolto attivo: "Capisco il nervosismo, ma qual è la cosa che la innervosisce tanto?"
Le parole possono essere usate per nascondere sentimenti e significati, l’ascolto attivo aiuta a svelare questi significati.
“L'esperienza è di una ricchezza enorme. Noi pensiamo più di quanto possiamo dire. Sentiamo più di quanto possiamo pensare. Viviamo più di quanto possiamo sentire. E c'è ancora molto di più” (E. T. Gendlin).