C'è un nuovo cannocchiale pronto ad esplorare l'Universo. Se il 21 agosto 1609 Galileo rivoluzionò l'astronomia con uno strumento che riusciva a vedere ben più lontano dell'occhio umano, pochi mesi fa, nel settembre del 2015, un altro "strumento" ha dato il via a una nuova rivoluzione.
Le onde gravitazionali intercettate da Ligo (Laser Interferometer Gravitational-Wawe Observatory), un grande tunnel vuoto con due bracci perpendicolari di 4 chilometri ciascuno e specchi sospesi a ogni estremità, sono il moderno cannocchiale con cui aprire una nuova porta e scoprire i molti misteri dello spazio. Einstein quelle onde le aveva già "viste" 100 anni fa nella sua Teoria della Relatività Generale, ma fino ad oggi non esisteva alcuna prova sperimentale della loro esistenza, solo evidenze indirette emerse negli anni Settanta, che però non avevano fornito né certezze, né dati.
Ora che le abbiamo riconosciute e siamo in grado di studiarle si aprono nuovi campi fino ad oggi inaccessibili. "Se la scoperta del Bosone di Higgs ha rappresentato la chiusura di un puzzle abbastanza stabile sulle particelle che compongono il nostro Universo, le onde gravitazionali aprono invece una nuova porta, ci permettono di guardare l'Universo con un occhio in più. Diciamo che sono un nuovo tipo di telescopio per gli addetti ai lavori", spiega Ettore Vicari, docente di fisica teorica all'Università di Pisa. In 400 anni di ricerca, da Galileo in poi, i progressi nella scoperta della macchina del cosmo sono stati enormi, ma ancora conosciamo solo il 4 per cento della materia che ci circonda e, se anche siamo in grado di spingerci molto vicino al Big Bang, la primordiale "zuppa di particelle" resta ancora in ombra, anzi al buio completo. Grazie a loro, alle "g-waves" o onde gravitazionali, possiamo invece ricevere messaggi da zone ancora sconosciute, come quei 350mila anni dopo la grande esplosione, quando materia, antimateria e particelle erano un grande groviglio.
Ma quel groviglio per noi è un enigma, una porzione di spazio e tempo rimasto sempre avvolto nella nebbia. Perché lì, in quei 350mila anni, non c'è stata luce e finora solo le onde elettromagnetiche della luce ci hanno permesso di esplorare l'Universo. Le g-waves, invece, penetrano ovunque e, una volta affinati gli strumenti per interrogarle, potranno raccontarci molte cose di quello che c' era dentro quella nebbia, diventando così ambasciatrici di mondi ignoti. Non solo. "Oltre al periodo dell'inflazione, cioè quello subito dopo il Big Bang, le onde gravitazionali danno accesso anche a fenomeni come il collasso o la fusione dei buchi neri e stelle di neutroni che non hanno una controparte elettromagnetica", sottolinea Andrea Ferrara, docente di cosmologia alla Scuola Normale Superiore. Un evento, dunque, nel mondo della fisica, che chiude un puzzle e ne comincia un altro.
Ma cosa sono le onde gravitazionali? Soltanto delle increspature nel "tessuto" dell'Universo che superano tutto e arrivano dappertutto senza essere né viste dall'occhio umano, né sentite. Sono innocue le g-waves e vengono prodotte quando due grandi masse, come due stelle o due buchi neri, si attraggono e finiscono l'uno contro l'altro. I fisici spiegano che noi siamo immersi in un tessuto spazio-tempo quadrimensionale (altezza, larghezza, lunghezza e tempo) deformato da grandi masse. L'esempio classico è quello del tappeto elastico che varia la sua forma quando vi viene gettata una palla pesante. L'effetto di questa deformazione nel "tappeto" dell'Universo è la forza di gravità che, nel nostro caso, ci tiene ben attaccati alla Terra. Quando due grandi masse si scontrano, appunto, la compressione deforma il tessuto dello spazio-tempo creando delle increspature, proprio come le onde provocate dal lancio di un sasso nello stagno. Queste onde gravitazionali hanno un'energia, che diminuisce man mano che ci si allontana dal baricentro, fino a diventare così piccola da essere quasi impercettibile. Per questo ci sono voluti 13 anni e costosissimi strumenti come gli interferometri per riuscire a scovare le g-waves in quella frazione di secondo in cui passavano.
È successo pochi mesi fa nei due osservatori statunitensi, uno in Louisiana e l'altro nello stato di Washington, quando due buchi neri del diametro di 150 chilometri si sono fusi creando un unico buco nero con una massa 62 volte maggiore rispetto a quella del sole. Uno scontro, questo che ha trasformato in onde gravitazionali una quantità enorme di energia. Da ottobre ad oggi un'altra g-wave, più piccola, è stata "catturata" dagli stessi osservatori. La conferma ufficiale è arrivata a metà giugno dal gruppo di Ligo, e ormai, potenziando sempre di più gli strumenti, ci si aspetta di vederne almeno una all'anno. "È come quando teniamo un pezzo di carta sopra le onde", spiegano i fisici. "Se lo teniamo troppo alto gli schizzi non arriveranno e quindi non resterà alcun segno sulla carta. Se invece piano piano lo abbassiamo per metterlo sempre più vicino alla superficie del mare, sarà sempre di più colpito dagli schizzi".
Entro il 2016 anche l'Interferometro italiano, Virgo, in provincia di Pisa, verrà messo nuovamente in funzione con una sensiblità pari a quella di Ligoa, mentre altri due antenne identiche sono progettate in India e in Giappone. L'Agenzia Spaziale Europea intanto sta programmando di organizzare un detector di onde gravitazionali nello spazio, dove la lunghezza dei bracci potrebbe essere ben maggiore dei 4 kilometri terrestri. Finanziamenti e tecnica permettendo, dovrebbe essere tutto pronto per il 2034.
Dunque, ora che anche le g-waves hanno dimostrato che la teoria della Relatività Generale funziona sappiamo che abbiamo finalmente la chiave per aprire tutte le porte dell'Universo ancora chiuse? "Mai fare questo errore! Nella scienza non esistono teorie vere, bensì tutte sono buone solo per un certo tempo e in certi regimi", reagisce il professor Ferrara. "Ad esempio non sappiamo se la Relatività Generale è valida su scale molto grandi o molto piccole, oppure dove il campo gravitazionale è molto intenso. Molti inoltre pensano che la natura della 'dark energy' che causa l' espansione accelerata dell'Universo, possa essere un effetto legato a una imperfezione della stessa Relatività Generale, che, dunque, richiederebbe una modifica".
Allora dobbiamo accontentarci di aver spostato in avanti un altro paletto, aumentando le nostre possibilità di conoscenza, possibilità che però troveranno altri confini da dover oltrepassare. I nostri limiti sono dati anche dall'esiguità delle risorse a disposizione, forse superabili in futuro usando energie che non sono sul nostro pianeta, come quelle delle stelle e dei buchi neri. Ma la nostra mente riesce a correre anche più velocemente della luce e già prefigura scenari affascinanti. In fondo, se è vero che la relatività esiste, come le onde gravitazionali hanno dimostrato, allora nelle deformazioni dello spazio-tempo si possono generare dei "portali", una sorta di scorciatoie per fare viaggi sia nel tempo che nello spazio. Un po' come hanno sempre fatto Topolino e Pippo usando la macchina inventata da Archimede Pitagorico. Basta girare una manovella e, oplà, siamo nel medioevo; un altro mezzo giro e ci ritroviamo in mezzo ai romani. Oppure in poche frazioni di secondo possiamo essere all'altro capo del mondo. Li chiamano "wormhole", come i buchetti che i vermi fanno nelle mele.
"Conseguenze estreme di questo tipo di teorie non possono essere testate al momento. E un'ipotesi che non può essere sottoposta a prove sperimentali semplicemente non è scienza", taglia corto Andrea Ferrara. Aggiunge Ettore Vicari: "In fisica se c'è un effetto ci deve essere una causa e la causa deve precedere l'effetto. Viaggi nel tempo come quelli ipotizzati violano la legge della causalità. Siamo di fronte al famoso paradosso del nipote che viene da un'altra epoca per uccidere il nonno che farà del male a suo padre. Ma se il nonno muore prima, come farà a nascere il padre? E comunque, se l'ipotesi fosse realistica, dovremmo già essere stati visitati da persone che vengono dal futuro. Cosa che invece non è mai successa".
Pollice verso ai viaggi nel tempo, dunque, ma sul teletrasporto nello spazio alla stessa velocità della luce qualche apertura c'è. È vero che la tecnologia di oggi non ci permette di ampliare e stabilizzare i condotti spazio temporali, anche se questi potessero essere trovati. Ma c'è chi, comunque, continua a esplorarne la possibilità, nella speranza di trovare i mezzi e le condizioni giuste per utilizzare i wormhole in futuro, così da far diventare più vicino ciò che è molto lontano, sulla Terra come nello spazio.
Qualche piccolo esperimento è già stato fatto con particelle elementari e su piccolissime distanze e ha funzionato. Ma davvero il teletrasporto sarebbe sicuro per gli uomini? Meglio non provarci. Per ora...