Durante la Prima guerra mondiale, anche i bambini vennero coinvolti, e furono resi partecipi della necessità di combattere il nemico e sconfiggerlo. Pedagogicamente, si preparavano i piccoli al sacrificio di avere poco cibo, di vedersi sconvolgere la vita da trasferimenti forzati o bombardamenti, così come dalla mancanza del padre o dei fratelli. Catalizzare anche l’attenzione dei bambini verso la guerra era determinante per poter contare sull’appoggio unanime alla politica decisa a palazzo. Così il mitico Corriere dei Piccoli pubblicava immagini di bambini che, nel sonno, sognavano di partecipare ad azioni belliche.
Sin dai tempi antichi, contare sull’azione eroica, purificatrice, maschia e giusta della guerra, era base per avere consenso a partire per le imprese militari, come pure delle donne di lasciare andare mariti e figli a combattere. Le donne italiane, ad esempio, a questo proposito, erano già abituate dalle precedenti guerre risorgimentali a insegnare ai propri figli maschi la necessità di combattere per il bene comune. Se si cominciava negli anni della Prima guerra mondiale la proficua produzione di giocattoli, quali fucili e cannoni, si distribuivano anche cartoline e opuscoli che insegnavano ad adoperare buone prassi: non saltare la corda per non consumare la suola delle scarpe, ad esempio, oppure non mangiare lo zucchero che scarseggiava o non mangiare nulla fuori pasto, sempre per le ristrettezze alimentari. Tuttavia, non mancava un certo clima di normalità, analizzato dal tipo di inserzioni pubblicitarie che comparivano sui giornali.
La Società Nazionale del Grammofono, per esempio, scriveva che il vero, originale grammofono “è lo strumento musicale più meraviglioso, più interessante, più utile, più facile a suonarsi; interessa e diverte tutti, in tutti i giorni dell’anno. Canta suona parla ride”. Era una novità assoluta. Riproduceva “la migliore musica vocale e strumentale eseguita dai più celebri artisti: Tamagno, Caruso, Patti, Battistini, Titta Ruffo, Martinelli, De Muro, Paderewsky”, ma anche suonava le marce dei soldati, gli inni nazionali, le danze di moda e le canzoni risorgimentali “della nostra redenzione”. Un grammofono con tromba oscillante interna (“nuovo meraviglioso brevetto”) costava, nel 1917, 675 lire. Era montato su mobile di mogano scuro a lucidatura francese e aveva anche un vano per custodirci gli album. Veniva venduto in tutto il Regno e nelle colonie presso i rivenditori accreditati.
Venivano vendute anche biciclette “The Eagle” che, nel tipo da uomo, costavano 440 lire, pagabili in 20 mesi a 22 lire al mese. Il tipo per signora costava 500 lire e poteva essere pagato in 20 mesi a 25 lire al mese, ma ai militari erano riservate condizioni anche più vantaggiose. Le pistole automatiche di marche mondiali, calibro 6.35 o 7.65, potevano sempre essere comperate in 16 rate mensili di 5 lire, le prime, oppure 6,50 lire al mese, per sempre 16 mesi, le seconde. Interessante l’inserzione che recitava “L’elettricità è la via per giungere alla salute”. Per provarlo veniva inviato a casa gratis un libro, scritto in forma semplice e facilmente comprensibile da tutti, “senza dissertazioni scientifiche e senza termini tecnici”, per spiegare “nozioni così importanti riguardo alle cause ed alla cura dei disturbi” indicando i pericoli e guidando “sicuramente ad un avvenire di vitalità e di forza”. Il libro, illustrato, spiegava come infondere vigore nella ghiandole indebolite e rilassate e “restaurare le forze”. Il volume dimostrava come “debolezza virile e generale, nevrastenia, disturbi nervosi, insonnia, paralisi, nevralgie, isterismo, atassia locomotrice, epilessia” potevano guarire. Tutto grazie alla batteria Ajax “che permette di generare una corrente forte e continua senza carica alcuna”. Usata durante il sonno, permetteva di alzarsi freschi e riposati. La batteria Ajax era inglese, ma “Lo stato di guerra, non impedisce buone e cordiali relazioni fra l’Inghilterra e l’estero”, quindi nessun problema per nessun paese volesse ricevere lo strepitoso ritrovato dell’Accademia di Elettricità della Gran Bretagna.
La cura della persona era anche estetica, quindi ecco “Rex depilatorio infallibile”. “Non contiene arsenico né calce, non infiamma, non irrita, effetto immediato dopo pochi minuti dall’applicazione. Ogni pelo di qualsiasi consistenza è tolto e l’epidermide rimane morbida e vellutata”. Ma un altro istituto vendeva anche la “Ricciolina” per l’ondulazione naturale dei capelli, in flacone per sei mesi a sole 4,5 lire. Ecco poi “I celebri prodotti da toeletta della Profumeria Italiana Margherita”, brevettati, che consistevano in una polvere magica (PIM) per fare brillare le unghie; nella “Vellutina Margherita”, cipria da toeletta. Oppure in “Pioggia d’oro”, lozione per la cura della capigliatura, oltre ad una serie di profumi dal nome inequivocabile: “Regina d’Italia”, “Vittoria”, accanto alla più comune “Violetta di Parma”.
Se si amavano i bambini, poi, bisognava avere cura dei loro denti con “Dentol”, mentre dalla Svizzera si poteva fare arrivare direttamente a casa la seta a 2.85 lire al metro. “Solo la fabbrica brianzola può vendere sandali cuciti a 2.10 lire” al paio di 10-11 centimetri, quindi per bambini, ma gli altri numeri non erano molto più cari. Il Sandalificio Brianzolo era a Milano, in Corso Romana 98. Tuttavia, aggiungeva l’annuncio, “Causa la grande scarsità di mano d’opera pregasi pazientare, in caso di ritardata spedizione”. Intanto, a Salsomaggiore si trovava “con tutte le comodità interne l’Albergo Brescia” e veniva venduta la novità fotografica per sole 27,50 lire: il più piccolo apparecchio fotografico tascabile, elegante, perfetto, anche pieghevole. Lo spumante Gancia di Canelli, promuoveva una bottiglia dal nome “Vittorie italiane”, e se si era “deboli, pallidi, magri, convalescenti” anche per malattie dell’apparato respiratorio, soprattutto la tubercolosi, c’era la cura per ingrassare. Si chiamava “Vigor al Tropon” e “Palladion”. Un cucchiaio da minestra di quella polvere equivaleva a una bella bistecca o a cinque uova. Invece, per i bambini, la cura del Proton, dalla sua invenzione nel 1907, aveva fortificato migliaia di bambini. Era aumentata la loro vitalità, lo sviluppo corporale, il rassodamento delle carni, il colorito roseo, l’appetito vivace. Mai più dunque bambini gracili, pallidi, stanchi, con catarro bronchiale, ghiandole ingrossate, malattie d’occhi o carie dentaria.
Interessante poi il concorso “Cartoline del Pubblico”, indetto da La Domenica del Corriere che premiava cartoline originali con 200 lire per il primo premio, 150 per il secondo e altri premi minori. Cinque lire per ogni cartolina pubblicata. I lavori dovevano essere brevi e firmati. Visto che a casa rimanevano soprattutto le donne, le pubblicità dedicavano a loro il Cinzano Vermouth oppure “La migliore delle Caffettiere express”. E poi, non si poteva pensare che i soldati che tornavano dal fronte, anche solo per una licenza, non dovessero svagarsi. Allora ecco che la Società macchine parlanti di Milano proponeva “Criterium Pathé” per ascoltare le arie dei paesi natii, le canzoni della “piccola patria” dopo avere servito la “grande”. Per ricevere l’apparecchio e i dischi bastava riempire un modulo e spedirlo unitamente alla prima rata di dieci lire. Era proposto anche per gli ospedali militari, invece, il “Pathefono” della Società Pathé Frères Pathefono, con rivenditori a Milano. L’apparecchio costava solo 75 lire per ripetere le arie native, ma era adatto anche a chi andava al mare o in campagna per le ferie estive.
Diffusissimi e svariati i rimedi per aumentare il seno, mentre iniziava la diffusione della “Italaspirina” della fabbrica Lombarda Prodotti Chimici, e della famosissima “Idrolitina, acqua da tavola”, le famose bustine da aggiungere all’acqua per renderla un po’ frizzante. Dieci dosi solo una lira per avere un’acqua diuretica e “veramente litiosa”. Un po’ impressionante l’inserzione che vedeva campeggiare la parola “Disgraziata!... ”. ma subito si aggiungeva “Disgraziata la signora il cui viso si copre di foruncoli! di bottoni! di punti neri! L’infelice si dispera davanti allo specchio e non sa trovare un rimedio alla sua infermità. Solo nello splendido manuale Segreti di Bellezza che veniva spedito a tutti gratis “sono descritti i rimedi facili e sicuri per liberarsi da tali guai e ridonare alla pelle lo splendore della salute e della gioventù”. Allo stesso modo si poteva fare brillare, subito e senza fatica, tutti i metalli grazie a “Miror” del Lion Noir di Milano. Interessante poi la pubblicità della penna Waterman’s che si proponeva di inviare ai propri soldati al fronte. “Chi più spende meno spende” recitava l’inserzione, perché l’indiscussa superiorità della penna Ideal Waterman Fountain Pen poteva accontentare ogni esigenza di chi ne faceva uso. Leggasi, in qualsiasi condizione il soldato al fronte si dovesse trovare a scrivere.
Quindi, mentre “si andava avanti a vivere”, come recitavano nella commedia di Elliott, non si dimenticava la guerra e il sacrificio dei soldati, anche se la normalità era indispensabile per mantenere il commercio, la speranza, la costruzione di ciò che doveva rimanere per il dopoguerra. Soldi venivano raccolti grazie al Prestito Nazionale, che serviva a finanziare il conflitto, mentre ai muri venivano affissi manifesti che sostenevano il morale dei civili come quello dei soldati, per affrontare con il giusto spirito una guerra che giorno dopo giorno si capiva non fosse affatto una guerra lampo.
Il cinema ebbe un importantissimo ruolo per sostenere gli animi, durante gli anni di guerra. E sempre sui muri delle case venivano affissi i manifesti pubblicitari delle nuove pellicole. L’industria cinematografica trovò nella guerra un argomento adatto per produrre film e fare soldi, così che anche questa industria, grazie alla guerra, ebbe un momento fiorente. La prima pellicola italiana sulla guerra si intitolava: Sempre nel cor la patria, del 1915. Protagonista una donna italiana sposata a un austriaco che, allo scoppio del conflitto, scelse l’Italia tanto da morire per sventare un’azione di sabotaggio messa in atto proprio dal marito ai danni dell’Italia. La donna si sacrificò per la sua amata patria, dando un evidente insegnamento morale. Per la fine del 1916 le pellicole sulla guerra italiana erano già 130, con titoli inequivocabili come Patria, Vittoria; tuttavia il film Maciste l’Alpino segnò una sorta di battuta d’arresto. Vedere un uomo preso a calci nel sedere per fare il soldato era diventato insopportabile, visto che il morale nazionale era a terra e aleggiava sul Paese un notevole pessimismo sul futuro e le sorti non solo del conflitto, ma anche della libertà dallo straniero.