Entro in casa … di fronte a me, alla mia altezza, nella cullina posta sul tavolo vedo un fagottino avvolto in una tutina verde acqua, in posizione semi-sdraiata, che piange a più non posso. In quel momento vedo di lei la bocchina spalancata, il viso rosso e stizzito, le manine tese e i pugnetti chiusi e sento la sua bella voce squillante… Intanto K. (la madre) continua a guardare Sofia, le toglie il pannolino, le lava il sederino e Sofia continuamente piange e sgambetta e muove le manine; poi la mamma la solleva e la gira delicatamente a pancia in giù: improvvisamente Sofia smette di piangere, sorride e sembra giocare con la saliva mentre emette dei versetti. La trovo deliziosa, sembra che esprima la sua preferenza per questa posizione. “Ecco fatto, adesso … pappa!” K. posiziona abilmente Sofia nella cullina … e dice “un attimo, mi lavo e arrivo”. Sofia inizia a piangere disperatamente … dopo tre o quattro minuti K. risponde “oooh dai, su …”, poco dopo arriva. Vedo una cosa incredibile, appena la mamma si siede di fronte a lei, Sofia si calma, improvvisamente smette di piangere: “Ah, sì, hai già capito tutto della vita tu…” e la prende in braccio. Poco dopo non parlo: sono in estasi a guardare la piccolina che succhia, con gli occhi chiusi e la manina intorno al capezzolo ….
(Sequenza di un’osservazione di un neonato alle prime settimane di vita all’interno del suo ambiente familiare, effettuata da una giovane psicoterapeuta in formazione)
Negli ultimi anni ha preso piede la tendenza ad osservare il bambino in situazioni naturali, poiché si è evidenziata sempre di più l’esigenza di prendere in considerazione assieme al bambino “teorico”, anche quello in carne ed ossa. La tecnica che ha meglio codificato e strutturato le modalità di osservazione del bambino fin dai primi giorni di vita è l’infant observation, denominazione usata in gergo come abbreviazione per definire l’osservazione della coppia madre-bambino dalla nascita fino al compimento del secondo anno.
Con questo metodo si apre una prospettiva nuova, una possibilità di fare esperienza immediata dei vissuti infantili, di seguirne da vicino le manifestazioni, gli sviluppi e il procedere della crescita con tutte le relative capacità ed acquisizioni che il neonato via via apprende e mette in atto. L’osservazione madre-neonato offre l’opportunità di seguire in diretta, non solo il tipo di rapporto che il neonato instaurerà con se stesso e con gli altri, di cui la relazione con la madre costituisce il prototipo, ma anche il dipanarsi dello sviluppo mentale e psicomotorio agli albori del loro strutturarsi.
La ricerca osservativa sottolinea l’importanza del rapporto che il bebè instaura con la sua mamma, evidenziandone gli aspetti di reciprocità, tanto che mette l’accento sul fatto che il neonato non è più considerato un organismo inerme e passivo, ma un individuo con specifiche competenze percettive, senso-motorie e con la capacità di relazionarsi col mondo esterno ed interno. Si parla di interazione diadica a doppio senso, per cui, se è vero che la madre dispone di ampie possibilità di influenza sul neonato e sulla loro relazione, è altresì vero che quest’ultimo è in grado, col proprio atteggiamento, di evocare e consolidare determinate risposte materne.
Si può, dunque, affermare che esiste una vita psichica precoce, dotata di una certa intenzionalità e capace di entrare in relazione col mondo, in grado di modificare l’ambiente tramite messaggi corporei inviati specialmente alla madre. La vita del neonato risulta essere animata, non solo dal bisogno di soddisfare gli impulsi istintuali che garantiscono la sopravvivenza, ma anche e soprattutto dal bisogno di relazione, che di base è il bisogno primario del bambino di interagire con una madre “sufficientemente buona”, che faccia, cioè, del suo meglio per ascoltare e comprendere i messaggi che lui le invia e che riesca ad accogliere in sé le emozioni forti e spesso spaventose che il neonato vive a causa di questo primo impatto col mondo e a causa della dolorosissima separazione dall’unione originaria con lei.
La scoperta di un mondo precoce di emozioni ha spinto la ricerca degli psicoanalisti ad entrare nel misterioso terreno dei vissuti fantasmatici dei due membri della coppia: questo incontro, in realtà, avviene in una condizione psicologica speciale, è una sorta di simbiosi in cui il neonato vive l’illusione di essere tutt’uno con la madre di cui crede di possedere magicamente tutti i poteri che per lui sono vitali: nutrimento, accudimento, ascolto, contenimento delle ansie, compagnia, tutto sommato il potere di mantenersi in vita. Questa unione tutta particolare è unica per ogni coppia madre-bambino in quanto è fatta dall’incontro di due destini che inventeranno la trama di una storia, la loro storia, il cui “quid” è inafferrabile e da cui può scaturire una fenomenologia molto differenziata di comportamenti e modi di rapportarsi, attraverso un gioco di alchimie ricco ed imprevedibile. È un rapporto impastato di affetto e conoscenza, di corpo e mente, rapporto fondamentale che costituirà l’orma su cui il bambino camminerà per improntare i legami che avrà l’opportunità di intrecciare durante la vita.
Jung ha definito questa esperienza come “partécipation mistique”, in quanto ha luogo in un’area ineffabile, in cui i confini tra soggettivo e oggettivo sono sfumati e che, proprio per la sua particolarità, non è possibile definire con i concetti logico-razionali. E in questa situazione relazionale-affettiva così intensa e carica di significato il bambino vivrà emozioni, pensieri, identificazioni e potrà riconoscerli tramite la mente della madre; questa esperienza fondamentale porrà le tracce per le sue future relazioni, anche quelle che hanno a che fare con l’apprendere. E nello stesso periodo in cui il bambino è assorto nel godimento di questo intenso scambio emotivo, è già in atto un processo di separazione, essendo stimolato da nuovi prepotenti bisogni propulsivi di esplorazione e di conoscenza del mondo e dalle loro modalità di appagamento.
Con l’Infant Observation si assiste e si partecipa all’evidenza che ogni bambino possiede una sua vita psichica, naturalmente diversa da quella dell’adulto, e assolutamente personale e soggettiva anche rispetto a qualsiasi altro bambino, proprio perché ognuno viene dalla sua storia e vivrà l’unicità della sua storia, rapportandosi alla vita con la sua dotazione innata e col bagaglio esperienziale intessuto della qualità della relazione primaria che l’ha formato.