Si sgranano i piselli, si taglia una cipolla e assieme si mettono in acqua a bollire. Si attende che si cuociano, mentre tenui tepori di primavera arrivano ai nostri nasi. E si aspetta.
La pasta per i napoletani è un rito. E se si ha fretta, non si fa. Poi è il momento del guanciale, che si taglia a cubetti e si aggiunge nell’acqua dei piselli. Il suo grasso speziato contagerà la dolcezza dei piselli e della cipolla. Si aspetta ancora. Ora gli aromi che si percepiscono sono più maschi, il guanciale non mente. Quando i piselli saranno cotti, verrà il momento della pasta. Si spezzano gli spaghetti e si aggiungono al resto versandovi anche un filo d’olio. Si lessano in quell’acqua già aromatizzata, che si dovrà assorbire quasi completamente. Il risultato non è di certo una pasta asciutta, ma cremosa. Appena sarà cotta non sarà però ancora pronta per essere mangiata: si deve lasciare insaporire, un quarto d’ora o venti minuti, in modo che i gusti facciano l’amore, uno con l’altro. E poi finalmente a tavola. Si usa il cucchiaio e, se portando la pasta alla bocca, si perde sgraziatamente qualche spaghetto, non c’è da vergognarsi, con la pasta e pisielli questo è concesso.
Questa pasta e pisielli preparata da una mia cara amica napoletana ha sfidato il ricordo, rassicurante ma non così piacevole, della pasta e piselli che mi faceva mia madre, condita con piselli fatti soffriggere con del prosciutto cotto tritato. Meno male per il tanto olio che legava tutto, perché non c’era unione, né a vedersi, né a mangiarsi. Se sarò mai di nuovo in cucina con un napoletano alle prese con la pasta, d’ora in poi saprò cosa fare: tirarmi indietro.